n° 10: NOTIZIE NO-TAV TORINO (30 Giugno 2005)
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IL BASTONE
O LA CAROTA?
Mentre
il Governo sceglie di assumere un atteggiamento autoritario e pensa di poter
imporre i sondaggi ai Valsusini, la Provincia e la Regione, sicuramente
desiderose di un tranquillo svolgimento delle prossime olimpiadi invernali
nella valle di Susa, ora si mostrano formalmente più disponibili al dialogo coi
sindaci; in questo quadro nuovi intraprendenti personaggi riciclano però
vecchie proposte di concertazione a cui molti amministratori locali, per via di
passate esperienze, non credono più.
LA
NUOVA POSIZIONE DELLA REGIONE PIEMONTE
Martedì
21 Giugno, all’indomani del riuscitissimo presidio
anti-sondaggi a Borgone di Susa, la presidente regionale Bresso si
impegnava a richiedere al Governo ed alla CIG italo-francese una moratoria di
tre mesi nell’effettuazione dei rilievi preliminari alla costruzione
dell’opera, una pausa da utilizzare per un confronto tecnico-politico tra
Regione ed Enti Locali sulle maggiori criticità denunciate dal territorio.
Metteva però in chiaro che poi non ci sarebbero stati ulteriori rinvii.
Ovviamente l’opposizione di centro-destra ne faceva un’occasione per criticare
la giunta, accusata di uno “scaricabarile” che avrebbe fatto saltare i
finanzamenti europei legati al rispetto dei tempi; allora anche all’interno
delle maggioranze di centro-sinistra molti, con in testa il sindaco di Torino
Chiamparino, il presidente della Provincia Saitta ed infine la stessa Bresso si
affrettavano ad interpretare la moratoria in negativo, ossia come modo per
fissare dopo tre mesi l’avvio certo dei lavori.
CALA
IL BASTONE DEL MINISTRO
Lunardi?
Un vero duro: l’uomo ideale per fasi di gioco come queste. Per oltre una
settimana non si è pronunciato sulla richiesta di moratoria trasmessa dalla
Bresso, anche se attraverso un funzionario ministeriale ha fatto sapere
all’assessore ai trasporti, Borioli, di essere fermamente contrario.
Con
una presidente di regione del centro-sinistra lui non ci parla: piuttosto
ufficializzerà il suo NO in un’intervista ad un giornale.
Tutto
prevedibile: pensate forse che sia interessato personalmente ai finanziamenti
europei? Per il fatto che una sua azienda “di famiglia” lavora al progetto sul
versante francese? Perché vi torna in mente quell’interrogazione parlamentare?
O solo perché ricordate un articolo
del Manifesto di due anni fa?
Forse
vi aveva impressionati l’inchiesta della DIA.
Comunque
sia, dopo la telefonata del funzionario il nostro assessore Borioli ha preso
coraggio e nella successiva intervista a Luna Nuova ha dichiarato cose
tipo: “Anche se non è stata concessa la sospensione credo che si
dovrà continuare a discutere. Accettiamo di ascoltare anche le perplessità
sulla effettiva necessità dell’opera che da sempre vengono sollevate dalla
valle di Susa. Ma noi arriveremo al tavolo con la posizione di chi l’opera la
vuole. Del resto, si può discutere di tutto, ma non può essere una Comunità
Montana a dire all’Europa come va governato il sistema globale dei trasporti.
Su questo tema noi accettiamo la discussione, ma per dimostrare ai sindaci che
l’opera è necessaria, per spiegare meglio le ragioni che giustificano la nostra
scelta a favore della Torino-Lione”.
E
ancora: “Semmai si valuta se ci sono ragioni sanitarie o ambientali che ci
possono indurre a cambiare idea sul tracciato”
Dal
canto suo la Commissione Inter-Governativa italo-francese concorda sull’urgenza
di effettuare i sondaggi per poter rispettare i tempi programmati in comune tra
i due Stati: termine del progetto definitivo nei primi mesi del 2006. L’attuale
presidente, il torinese Rainer Masera (ex ministro delle Finanze, ex presidente
del S. Paolo-Imi), sostiene che questo è un momento estremamente delicato per
l’opera e che se l’Italia non dimostra determinazione lascia spazio a quelle
spinte francesi al rinvio, dovute a difficoltà di tipo finanziario (già, perché
noi non ne abbiamo …), che potrebbero pregiudicare lo stanziamento dei
contributi UE. La CIG emette un comunicato ufficiale di apertura al dialogo,
purché non ci sia la pregiudiziale di tre mesi di moratoria, lasciando
intravedere la disponibilità ad una pausa più breve. Nella settimana tra il 4 e
l’11 Luglio prossimi è prevista una riunione della rappresentanza italiana
della Commissione: potrebbe essere quella la sede per ufficializzare la
risposta del Governo, ma soprattutto per far scaturire una proposta di
mediazione.
Il
presidente della Comunità Montana Ferrentino, che anche in questa fase coordina
i sindaci, fa sapere attraverso i giornali che senza moratoria non ci può
essere alcun tavolo di confronto. Ed allora proseguono i presìdi di
amministratori locali e centinaia di cittadini che impediscono l’avvio dei
lavori anche a Bruzolo, il 27/6 ed a Venaus, il 29/6.
SPUNTA
LA CAROTA (OGM) DEI DEMOCRATICI DI SINISTRA
Perseverando
in un ruolo che evidentemente hanno scelto di svolgere, i DS della Provincia di
Torino avanzano a questo punto una proposta che dichiara l’intenzione di
risolvere la situazione di stallo che si va determinando: iniziare subito i
sondaggi esplorativi, anzi aumentarne numero e tipologie finalizzandoli sia
alla costruzione della linea, sia all’accertamento dei rischi per la
popolazione; costituire un comitato di controllo in cui anche gli enti locali
di valle abbiano un potere effettivo sia nella fase di analisi dei risultati,
sia in quelle successive della progettazione definitiva e della realizzazione
dell’opera (!).
Ad
avanzare ufficialmente questa ipotesi è il capogruppo Stefano Esposito, che per
il suo partito continua a svolgere un’evidente funzione di “testa d’ariete”: è
colui che sei mesi prima aveva già lanciato l’idea della commissione per un “Progetto di sviluppo della Val di Susa
attraversata dal TAV”.
Dietro
ad una tenue facciata di realismo politico questa nuova manovra cerca di
pescare consensi nel bisogno, che anche i sindaci responsabilmente hanno, di
trovare una via d’uscita ad una contrapposizione puntuale sul territorio che
senza dubbio non potrebbe continuare all’infinito; è chiaro che tenta di fare
pressioni, all’interno del partito, sui sindaci DS e che per questa via è in
grado di provocare una probabile divisione dentro il compatto fronte degli
amministratori di valle e con l’insieme di comitati ed associazioni.
Le
potenzialità dirompenti vengono subito percepite con chiarezza nel mondo
NO-TAV, dove oltre tutto si sa bene che sarebbe impossibile per il Comitato di
controllo proposto vedersi riconosciuto, nel concreto dell’attuale quadro
legislativo, un reale potere decisionale e contrattuale dalle Ferrovie e dal
Governo: ecco perché in questo ambito l’idea viene sostanzialmente respinta al
mittente durante il presidio di Bruzolo dove, incurante della tensione
generata, Esposito si era recato a presentarla.
E’
vero che probabilmente servirebbe un intervento della politica per allontanare
il rischio di un braccio di ferro pericoloso e senza sbocchi, ma non di QUESTA
politica.
La
proposta sembra invece incontrare il favore dei promotori dell’infrastruttura,
in particolare nel mondo imprenditoriale: ma è possibile che un partito della
sinistra abbia la vocazione ad inimicarsi sempre più spesso fette consistenti
di popolazione per “soccorrere” pochi potenti imprenditori che, certo, lo
chiameranno ancora più spesso a torgliere loro le castagne dal fuoco?
Esposito
è perfetto in questo copione: il capogruppo DS interpreta bene, in assenza di
scrupoli e in rapidità di carriera il moderno personaggio ibrido tra politica
ed imprenditoria che ha modelli tristemente noti ad alto livello nel nostro
Paese; è stato anche amministratore delegato della TRM, l’azienda creata per
costruire l’inceneritore dell’area torinese (altro bel momento di scontro con i
cittadini sul territorio) e ne è tuttora consigliere di amministrazione.
Insomma: un duro pure lui.
E
IL GIOCO SI FA VERAMENTE DURO
Dopo l’incendio nel tunnel del
Frejus di inizio Giugno che tanto ha giovato al rilancio politico della
Torino-Lione (fu incidente? Vedi esposto
Pro Natura ed anche comunicato
Italia dei Valori), sono venute le minacce
al presidente della Comunità Alta Valle. Tanto per ricordare a tutti che
intorno alla torta gigante da 20 miliardi di Euro sono in attesa della loro
fetta anche i poteri mafiosi con cui, secondo il nostro ministro delle
infrastrutture, bisogna saper convivere.
I media stanno dando ampio spazio
all’argomento TAV, come sicuramente mai era successo prima: ogni giorno, nella
cronaca locale torinese, sia La Stampa sia La Repubblica dedicano al tema mezza
pagina o una pagina. Ai servizi sullo svolgimento dei presìdi si alternano
articoli ed interviste che mettono in rilievo i protagonismi pro-opera dei vari
Lunardi, Bresso, Masera, Saitta, Esposito e Chiamparino.
A questo pubblico coro
opportunista dei politici reagisce una parte degli intellettuali torinesi, con
una lettera a dieci mani che però La Stampa pubblica solo parzialmente (versione integrale).
In compenso vengono mandate avanti
alcune organizzazioni di categoria variamente interessate a sfruttare
tatticamente il momento con pronunciamenti in favore della Torino-Lione. E’ il
caso dell’avviso pubblicato a pagamento dalle associazioni provinciali di
autotrasportatori FAI, FITA e CNA (lettera aperta alle popolazioni della
Valle di Susa e della Valle d’Aosta; ai lavoratori piemontesi, alle loro
famiglie ed alle imprese del Piemonte; alla Giunta regionale del Piemonte e
della Valle d’Aosta) e dell’allarme del Collegio Costruttori torinese per
il calo di investimenti che ci potrebbe essere nel settore qualora dopo le
Olimpiadi non partissero “grandi opere”.
Viene nuovamente agitato il
fantasma dell’isolamento dall’Europa (che l’attuale chiusura del Frejus
rimetterebbe in evidenza) e soprattutto quello della prospettiva di crisi
occupazionale aperta dall’odierna deindustrializzazione: è l’occasione per
riproporre tesi secondo le quali la costruzione del TAV fornirebbe al territorio
una (vaga) futura competitività economica ed intanto offrirebbe posti di lavoro
per 15-20 anni.
Sono i consueti slogan che le
lobby politico-imprenditoriali proponenti utilizzano per fare pressing su di
un’opinione pubblica preoccupata per l’incerto futuro. Sono promesse generiche
che nascondono una realtà già presente di
cantieri insicuri, sfruttamento spinto e subappalti poco trasparenti.
Trascurano, interessatamente, una
verità che la storia decennale dell’alta velocità in Italia insegna: tutti i
posti di lavoro fuori dalla legalità fanno bene solo ai malavitosi, dovunque
siano infiltrati.