Fin dall'inizio degli anni '90 si sono viste sui giornali numerose idee di possibile percorso del Tav Torino-Lione, avanzate da diversi proponenti (in genere imprenditori o soggetti istituzionali): semplici tratti di pennarello sulle cartine senza le necessarie analisi delle problematiche di natura tecnica, geologica, ambientale, economica. Una di queste ipotesi, un po' più documentata delle altre, fu avanzata nel 2000 dalla Provincia di Torino: è la "soluzione Val Sangone" (merita citarla anche perché verrà poi in parte riesumata negli anni 2007-2008).
Bisogna aspettare il biennio 2002-2003 per vedere i primi progetti preliminari un po' più degni di questo nome: siamo a valle dell'accordo inter-governativo 2001 fra Italia e Francia per la nuova ferrovia ed è stato fissato il tracciato del tunnel di base transfrontaliero sotto il massiccio alpino dell'Ambin. Nell'ambito della "soluzione in sinistra Dora" in Italia vengono dunque progettati i tre canonici segmenti funzionali della linea: la nostra tratta nazionale, la porzione italiana della tratta internazionale, ed il cosiddetto "cunicolo esplorativo" di Venaus, in realtà già in quel caso destinato ad essere poi galleria di servizio e di soccorso per il tunnel di base.
L'iter dei progetti è inquadrato nell'ambito della Legge Obiettivo e di conseguenza il coinvolgimento degli Enti Locali è minimo (nessuna VIA per il "cunicolo" di Venaus, ad esempio); i sindaci e la Comunità montana chiedono con forza e costanza che i progetti escano dal perimetro di questa legge e che si ascolti il territorio.
La “soluzione sinistra Dora” illustrata da RFI ad Aprile 2002 non entra nel nodo ferroviario della città di Torino: è praticamente una linea Milano-Lione.
Quel progetto preliminare, che dunque non collega la nuova ferrovia né alle stazioni passeggeri torinesi né al vicino scalo merci di Orbassano, viene osteggiato, espressamente su questo aspetto, da una lobby costituita dalle locali associazioni imprenditoriali, da Comune di Torino, Provincia e Regione; quest’ultima lavora in tutte le sedi possibili affinché RFI ritiri il progetto, cosa che effettivamente poi avviene nel Settembre 2003.
Nelle varianti che successivamente la Regione Piemonte avanza per la stesura del nuovo preliminare (poi pubblicato a Dicembre 2003) viene introdotta la proposta di realizzare un’appendice della linea TAV che, sottoattraversando la periferia ovest di Torino lungo la direttrice di corso Marche, si connetta al sistema ferroviario metropolitano, merci e passeggeri, attraverso il “Bivio Pronda”. Non sarebbe parte integrante della nuova linea, ma almeno consentirebbe di portare alle stazioni cittadine ed allo scalo di Orbassano alcuni treni TAV-TAC con esplicita origine o destinazione in loco.
Il tentativo di aprire con la militarizzazione della valle di Susa e la violenza poliziesca il primo cantiere, quello di Venaus, incontra la determinata opposizione della popolazione; il periodo di drammatiche tensioni tra il 31 Ottobre e l'8 Dicembre 2005 porterà, in ultima analisi, al ritiro dei progetti con la promessa che qui, in futuro, non si sarebbero più utilizzate le procedure impositive della Legge Obiettivo.
Il successivo periodo è quello del cosiddetto "dialogo istituzionale" che ruota intorno all'Osservatorio tecnico istituito dal Governo per concertare con le amministrazioni locali un'analisi sull'inserbilità dell'opera nel territorio. L'Osservatorio non è affatto un tavolo di confronto neutrale: il suo presidente, Mario Virano, riveste anche la carica di Commissario straordinario per la nuova Torino-Lione; dopo un primo breve periodo, nel 2007, in cui il lavoro tecnico dimostra che sul piano trasportistico il TAV-TAC non è necessario, al tavolo viene imposto l'argomento della condivisione di un nuovo progetto (attraverso manovre come la cooptazione di amministrazioni in realtà non coinvolte, però favorevoli all'opera). I Comuni della Valle di Susa abbandonano progressivamente questo tavolo che non ha praticamente mai avuto funzione di dialogo, ma solo di imposizione meno violenta della nuova ferrovia.
Nel frattempo, quando nel 2007 stanno per scadere i termini di presentazione alla UE delle domande per il finanziamento delle infrastrutture inquadrate nella rete TEN-T, il governo italiano deve frettolosamente allestire un dossier ufficiale di proposte sulla nuova linea TAV Torino-Lione: con scelte dalla valenza più politica che tecnica il ministro Di Pietro ripesca vecchie ipotesi di tracciato, tra cui la “soluzione destra Dora” che prevede di raggiungere lo scalo di Orbassano attraverso il passaggio nella bassa Val Sangone.
In ciò che rimane dell'Osservatorio, dal 2009 si assiste di nuovo ad un rimescolamento di ipotesi di tracciati più o meno rabberciate, alla vana ricerca di un percorso di "minima opposizione del territorio". Sulla base di questo genere di spunti, ed in presenza di alcuni vincoli ormai spesi con la UE e la Francia, si delinea una "soluzione in destra Dora", con grottesche trovate quali la stazione internazionale della neve a Susa o l'ubicazione del "cunicolo esplorativo" a Chiomonte (ben lontano dal tunnel di base), concessioni volte solo ad avere l'assenso interessato di almeno un paio di sindaci.
Dall'unione di questi rattoppi nascono i progetti preliminari del 2010-2011. Sono entrambi nuovamente inseriti nell'iter della Legge Obiettivo.
I Comuni coinvolti, e praticamente tutti quelli della bassa Val di Susa, tornano a deliberare l'opposizione ad una nuova ferrovia Torino-Lione, ed ai nuovi progetti in particolare; su questi presentano centinaia di pagine di obiezioni di natura tecnica ed ambientale.
Nonostante fortissime resistenze dei No Tav, l'anno 2011 vede l'insediamento "manu militari" del cantiere per il tunnel geognostico in val Clarea, a Chiomonte; ne consegue la realizzazione di una vera e propria base militare con la dichiarazione dello status di "area di interesse strategico nazionale". La costruzione ed il rafforzamento delle opere di difesa per il cantiere-fortino proseguono per vari anni, fra le continue manifestazioni del Movimento di opposizione. Ordinanze prefettizie ripetutamente rinnovate negli anni seguenti (contro il dettato costituzionale) vietano progressivamente l'accesso ed il transito in aree sempre più estese intorno al cantiere, comprendendo strade, sentieri, boschi, vigne, prati... Sfruttando l'orografia del luogo, l'obiettivo che perseguono le istituzioni civili e militari impegnate è quello della "inespugnabilità"
Intanto diventa sempre più evidente la mancanza di fondi adeguati alla realizzazione dell'opera: non ci sono investitori privati ed il debito pubblico è già a livelli stratosferici. La crisi economica iniziata nel 2008, la sua particolare gravità nei Paesi dell'euro, i conseguenti vincoli europei ai bilanci statali impongono tagli alle spese ma anche agli investimenti.
I promotori del Tav Torino-Lione sono allora costretti a proporre una realizzazione della linea per fasi successive, privilegiando la costruzione del solo mega-tunnel di base: il progetto definitivo per la parte italiana della tratta internazionale, presentato ad Aprile 2013, accorcia del 50% il tracciato del progetto preliminare (rimane solo la tratta dal confine a Bussoleno, comprendendo la stazione di Susa) e si affida all'utilizzo della ferrovia storica per la restante parte.
Anche la Francia attraversa analoghe difficoltà finanziarie, e la Corte dei Conti invita il Governo a valutare l'elevato costo dell'infrastruttura in rapporto alla sua effettiva utilità e priorità; alla fine del giugno 2013 la commissione governativa "Mobilité 21" (incaricata di stabilire le priorità di realizzazione tra le innumerevoli linee ferroviarie in programma) dispone che l'eventuale realizzazione tratta nazionale francese (saint Jean de Maurienne-Lione) sia rinviata a dopo il 2030.
In questo quadro pure la tratta nazionale italiana (ora da Bussoleno a Torino-Settimo) rimane in alto mare, dove, d'altronde, era un po' sempre stata: il progetto preliminare appariva infatti, già dalla sua presentazione nel 2011, gravemente carente dal punto di vista tecnico, privo dei requisiti richiesti dal Codice appalti; tanto che lo stesso Ministero Ambiente ne chiese corpose integrazioni su ben 36 capitoli. Le due maggiori opere abbozzate per questa tratta sono il tunnel sotto la Collina morenica, che da Avigliana devierebbe la linea fino a raggiungere lo scalo merci di Orbassano, e la galleria profonda di circonvallazione della città di Torino (la c.d. "Gronda" ferroviaria a meno 60-70 metri, attraverso le falde acquifere della zona) fino al ricongiungimento a Settimo con la ferrovia AV verso Milano. Entrambi gli scavi si preannunciano forieri di grandi criticità, per le difficoltà di realizzazione e l'elevato rischio di gravi danni ambientali.
Il preliminare 2011 non sarà mai approvato dal Cipe e nel corso degli anni si assisterà, di tanto in tanto, ad anticipazioni di soluzioni inerenti questo o quel segmento della tratta partorite dall'Osservatorio tecnico, ma nulla ha i requisiti formali di progetto ai sensi di legge.
Si continua con questa genericità ed evanescenza fino a Luglio 2016 quando, anche qui, il Governo annuncia un ridimensionamento delle mire iniziali: almeno fino al 2030 si pensa sostanzialmente di utilizzare per lo più la linea storica, con opportuni (?) adeguamenti e, realizzando (forse) solo la galleria sotto la Collina Morenica; è invece rinviata a tappe successive (?) la gronda ferroviaria intorno a Torino. Non si ammette la battuta d'arresto, e il vanto ministeriale è: così si spende di meno.
Quel che riesce a progredire concretamente, sia pure tra contrasti e ritardi, è l'iter verso la costruzione del tunnel di base, con i rispettivi raccordi alle ferrovie esistenti sui due lati delle Alpi (è l'anello della catena meno giustificabile, ma il più redditizio per le lobby della costruzione viste le grandi cifre in gioco).
Lo scavo della galleria geognostica in Val Clarea, a Chiomonte, lentamente avanza con periodoci resoconti trionfali di Telt (il nuovo promotore pubblico italo-francese, subentrato a Ltf, con la missione di costruire l'opera); vengono intanto (2015 e 2016) firmati nuovi protocolli tra i due Governi, successivamente ratificati dai rispettivi Parlamenti, per dirimere gli ultimi dettagli procedurali e soprattutto la suddivisione dei costi. L'Italia, con eccesso di zelo, finisce per accollarsi il 57,9% degli oneri, pur avendo solo il 21% di kilometri del tunnel: se la UE davvero contribuirà per il 40% del totale di 8,3 miliardi significa che l'esborso italiano, a preventivo (per quel che vale!), corrisponde a 2,88 miliardi a valori 2012, da stanziarsi in rate annuali fino al 2029. A fine 2016 tutti i presupposti formali per poter avviare la realizzazione di questa porzione della nuova ferrovia risultano espletati.
L'opposizione dei No Tav non è però affatto sopita, nonostante un'inusitata azione di repressione condotta dalla magistratura con decine di processi e centinaia di indagati: ciò rende evidente il permanere della difficoltà di aprire i cantieri in zone facilmente accessibili della valle. Fin dal 2015 Telt ipotizza allora di ritardare il più possibile le opere in campo aperto e prevede di iniziare lo scavo del tunnel di base dall'interno della montagna, partendo dal fondo della galleria geognostica e continuando a mantenere attivo a questo scopo il solo cantiere di Chiomonte, ampliato ma pur sempre difeso da recinti invalicabili e presidiato da esercito e corpi speciali dei Carabinieri a fianco di polizia e guardia di finanza.
A Luglio 2017 Telt presenta un progetto di variante al definitivo della tratta internazionale: è la traduzione in concreto dell'idea di scavare il tunnel dal cantiere inespugnabile di Chiomonte, in val Clarea. Passando dal dire al fare si evidenzia subito che le implicazioni di questa scelta sono tuttaltro che lievi. Nuovi impatti si aggiungono a quelli dei precedenti progetti. L'ampliamento dell'area di lavoro in Clarea l'apertura di un mega-cantiere industriale a Salbertrand sono due operazioni a forte rischio idro-geologico e perfino in deroga alle leggi. Dal punto di vista ingegneristico si tratta di due localizzazioni che peggiori non avrebbero potuto essere. Aumenta il numero di gallerie da scavare e, di conseguenza, la quantità di smarino da gestire: sono previsti 440.000 viaggi di camion nel cuore della valle, per un totale di 22 milioni di kilometri. Tutto ciò, per giunta, ritarda solo di poco (un paio di anni) l'apertura dei cantieri nella piana di Susa, dove comunque avranno sede i mega-lavori di costruzione della linea all’aperto, della galleria di interconnessione verso Bussoleno, dell’area di sicurezza, della stazione internazionale, di tutte le pesanti modifiche alle statali, all’autostrada ed alla ferrovia attuale.
Molto utile per ricostruire i passaggi nelle varie fasi: vedere l'evoluzione dei tracciati e le delibere degli enti locali nonché scorrere la cronologia degli eventi (selezionando opportunamente il periodo)
Riportiamo in questa pagina un indice dei principali documenti inerenti le diverse ipotesi ed i vari progetti che si sono susseguiti nel tempo.
Indice cronologico dei documenti
Prime bozze progettuali per l'intero tracciato da S. Jean de Maurienne a Torino:
PROGETTI 2002 - 2003
Elaborazioni di altre ipotesi progettuali nel periodo 2007-2010:
PROGETTI 2010-2011
PROGETTO 2013
2016: AGGIORNAMENTI (RIDIMENSIONAMENTI) DALL'OSSERVATORIO TECNICO PER LA TORINO-LIONE |
PROGETTO DI VARIANTE 2017 pubblicato il 10/07/2017
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