Cronache dal Seghino - 6
(di Piera Favro - pubblicato su Luna Nuova)

 

(continua da...)

Finalmente liberi!

Sono passate da poco le diciassette; un rumore di camion sulla strada sterrata mi fa uscire di casa. E’ proprio vero? Sì, è lei, la “signora trivella” che sta scendendo, a pezzi, su un grande camion; è scortata, come sempre; pare una strana processione, con la polizia che apre e chiude il corteo; in mezzo altri camion più piccoli con le varie attrezzature, le auto degli operai, auto civili, fuoristrada, probabilmente, con i tecnici. Sta scendendo senza clamori, senza attendere il buio; i bambini, dai balconi, urlano la loro gioia, mentre i carabinieri li guardano un po’ “di storto”. A vederla lì, su un camion, a pezzi, sembra una regina detronizzata: piccola, insignificante, persino ridicola, eppure, per 51 giorni, a causa sua, abbiamo perso una parte importante della nostra libertà. A causa sua il Comune di Mompantero è stato militarizzato, alla gente è stato impedito di circolare liberamente per le strade, i sentieri; a causa sua, per 51 giorni siamo stati costretti a vivere con degli strani ospiti che ci invadevano le strade ad ogni ora del giorno e della notte, impedivano ai nostri amici di venirci a trovare o li costringevano ad estenuanti trattative, o trattenevano loro i documenti, o li seguivano a distanza. A causa sua un notevole contingente di forze dell’ordine sono state distolte da altri incarichi per presidiare i posti di blocco, i sentieri, il sito, accompagnare gli operai, i tecnici… Leggo sui giornali che non hanno trovato niente: non c’è amianto, non c’è uranio: bella scoperta! Lo sapevamo anche noi: bastava chiedere a qualche anziano di Mompantero e ti avrebbe detto che lì, in quel luogo, c’era solo roccia…. roccia buona per farci i buchi… Allora ti chiedi se tutto questo abbia un senso, se possa giustificare uno spreco così ingente di denaro pubblico, di risorse umane di esistenze condizionate e limitate nella loro vita quotidiana. Se tutto ciò ha un senso vuol dire che gli interessi che gravitano intorno all’alta velocità sono tali e tanti che il Seghino è veramente solo un piccolissimo punto sulla carta geografica che si può tranquillamente cancellare. Con la trivella è anche scomparso il posto di blocco al ponte; lo si era già intuito il giorno prima quando i potenti fari erano stati sostituiti con fari più piccoli, poi erano stati portati via i gabinetti chimici, quindi la casetta con le luci di Natale. Da stasera non c’è più nessuno, il ponte è libero; un cane rovista in un bidoncino dell’immondizia che hanno dimenticato lì. E’ strano quanto grande sembra adesso il nostro ponte; è strana questa sensazione di libertà: quel peso che ti opprimeva non c’è più, ti sembra di respirare meglio, anche se, quel focolare in pietra, ormai spento, è ancora lì, all’imbocco del ponte, forse a ricordarti che torneranno, che non devi farti troppe illusioni… Oggi però voglio godermi il ritorno alla vita”normale”: i bambini potranno tornare a giocare sulle strade, gli amanti delle passeggiate riconquisteranno i sentieri, si tornerà a parlare del Natale, del tempo… forse qualcuno verrà a trovarmi… se avrà voglia.

 Voglio sperare che quel “vento della democrazia” che domenica soffiava su quel prato del Seghino, diventi sempre più forte e costringa chi siede nelle stanze del potere a cercare nuove vie per uno sviluppo più compatibile, più solidale, più etico. E’ il primo giorno d’inverno, ma spero sia l’inizio di una nuova “primavera”!