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Il giorno dopo dei No Dal Molin

 «La piazza non è il sale della democrazia», aveva affermato il presidente della Repubblica all’indomani della manifestazione contro il Dal Molin del 17 febbraio scorso a Vicenza, aggiungendo che «è nel riconoscimento della rappresentatività delle istituzioni elettive che ogni forma di partecipazione deve trovare la sua misura». Dopo quasi un anno da quella partecipata manifestazione, ancora tanti [80 mila secondo gli organizzatori, 30 mila per la questura] sono tornati a Vicenza sabato scorso. In tanti hanno manifestato per chiedere il rispetto dei principi democratici, dimenticati proprio dalle istituzioni che dovrebbero invece applicarli. Forse, come dice Napolitano, non sarà la piazza il sale della democrazia, ma di certo un pizzico di sale manca anche nella zucca di chi si ostina ad ignorare un movimento che non rinuncia a voler essere ascoltato, anche di fronte alla sordità delle istituzioni. Se un anno fa la strategia adottata per mettere a tacere il movimento contro la nuova base Usa a Vicenza era stata quella del terrore, che aveva blindato la città, questa volta la tattica adottata è stata quella del silenzio. Il silenzio mediatico, accompagnato dalle ultime dichiarazioni del ministro D’Alema e del presidente Napolitano sulla questione vicentina, questione «chiusa» secondo le parole del ministro degli esteri. Al silenzio calato sulla città berica, il movimento contro la base ha risposto con i canti delle donne No Dal Molin, con le parole dei cittadini scesi in piazza sabato pomeriggio e con quelle di Don Gallo e Dario Fo, giunti a Vicenza per manifestare con i no base. Ai «governanti ciechi e sordi»–come li ha definiti il premio Nobel–si è rivolta ancora una volta la comunità vicentina. Se le forze politiche scese in piazza erano poche e poco visibili, i protagonisti della manifestazione sono stati invece i movimenti, giunti da tutta Italia e dall’Europa. A Vicenza c’erano diverse realtà locali, vicine alla lotta dei No Dal Molin: dai «No Tav» ai «No Mose», dal comitato che lotta contro l’ampliamento dell’aeroporto senese di Impugnano ai «No F35» di Novara. Ai politici presenti in piazza–tra cui il capogruppo del Prc al senato, Russo Spena, che ha affermato che «sulla base deve essere stabilita una moratoria» e che la questione vicentina «è uno degli argomenti della verifica di gennaio»–la risposta del Presidio Permanente è chiara. «Alla politica, ora, la responsabilità di passare dalle parole ai fatti. I parlamentari e i partiti che continuano a dirsi contrari e che erano in piazza devono trasformare in azioni istituzionali concrete ed efficaci le promesse fatte in questi mesi».

C’è soddisfazione a Vicenza, il giorno dopo la manifestazione. La partecipazione ha superato anche le aspettative degli organizzatori. In molti si sono fermati a Vicenza anche domenica, per partecipare ai seminari gestiti dai movimenti pacifisti europei giunti in città. E proprio ieri, mentre nel Presidio di Ponte Marchese c’era chi discuteva, in diverse lingue, di partecipazione e democrazia, alla «caserma No War»–occupata venerdì scorso–c’era chi iniziava le pulizie per sgomberare il luogo che ha ospitato in questi giorni più di 500 persone da tutta Europa. Altri ancora, «armati» di spugne e sapone, pulivano il muro del nuovo teatro di Vicenza, sporcato durante la manifestazione di sabato, a nemmeno una settimana dall’inaugurazione. «Mentre il sindaco e la giunta cercano gli ultimi appigli per attaccare i cittadini vicentini, noi abbiamo ripulito il muro del teatro comunale», dicono dal Presidio Permanente. Le scritte si cancellano, ma la partecipazione di migliaia di cittadini decisi ad impedire la costruzione di una nuova base di guerra in città è un fatto che non si può cancellare, né ignorare.


Presidio permanente NO Dal Molin - Vicenza

Ultimo aggiornamento: Martedì, 18-dic-07