Documento del gruppo donne del Presidio No DalMolin
“L’azione su se stessi, l’azione
sugli altri, consiste nel trasformare i significati”
Simone Weil, Quaderni, IV
Da un anno camminiamo insieme e in questo percorso
comune siamo cambiate.
Si è modificata la scansione del tempo quotidiano,
siamo uscite dalle case e dai luoghi di lavoro e abbiamo
cominciato a mobilitarci per difendere il nostro territorio,
minacciato dal progetto di costruzione di un’altra
base di guerra.
La nuova base militare americana devasterebbe un ambiente
ora verde, sconvolgerebbe la fisionomia del paesaggio
e il nostro stesso futuro.
Le nostre storie sono diverse, così come le
nostre età: siamo lavoratrici e casalinghe,
studentesse e insegnanti, precarie e pensionate. Ci
muoviamo in contesti molto diversi: fra noi ci sono
attrici, impiegate, animatrici, artiste, operaie, donne
che vengono da lunga militanza politica e donne
nuove a questo tipo di esperienza.
Al nostro interno si incrociano le generazioni, perché ci
sono madri, figlie, nonne; ci sono italiane e donne
straniere, e vicentine e donne che provengono da regioni
diverse, portatrici di differenti modelli culturali.
Tutte queste differenze costituiscono la nostra ricchezza.
Infatti all’interno delle differenze, durante
il nostro percorso abbiamo scoperto una specificità:
la nostra determinazione a resistere si alimenta di
una forza che alcune di noi conoscono bene, che
appartiene al genere femminile e si consoliderà perché è caratterizzata
da un desiderio tenace di perseverare e di espandersi.
La scelta della lotta implica per noi, insieme alla
determinazione nel promuovere le azioni insieme a tutto
il movimento, anche una disponibilità a
prenderci cura dello spazio il nostro e quello
delle altre e degli altri, il luogo fisico in cui sorge
il presidio, la tenda e la terra circostante, per
noi luogo emblematico, luogo in cui si è generato,
si sviluppa e si confronta il pensiero.
La disponibilità a prendersi cura dello spazio
comune non è per noi un aspetto riduttivo, un’attività marginale,
perché questo lavoro di cura permette
poi a tutti e a tutte di sentirsi accolti in
uno spazio all’interno del quale si costruiscono
i progetti e le azioni di tutto il movimento che qui
converge.
Lavorare insieme per un obiettivo comune ci ha rese
consapevoli di una forza che avevamo potenzialmente,
che si esprime con voce più forte e che cresce
nel camminare insieme.
La caratteristica che ci accomuna è il desiderio
di riflettere e di lavorare anche su di noi e
sulla nostra emotività: di non avere paura,
a volte, di dire che si ha paura, perché le
nostre paure sono accolte e contenute dalle altre;
di parlare anche delle nostra fragilità; di
valorizzare le emozioni, dare voce all’entusiasmo,
ma anche al dubbio, dare legittimità all’indignazione,
alla rabbia… perché tutto questo
fa parte della passione che alimenta la ribellione
e dà forza alla lotta per il futuro.
Come donne, in quanto generatrici del vivere, guardiamo
il mondo con la testa ma anche e soprattutto con il
cuore. Con questo atteggiamento siamo riuscite a costruire
un agire solidale e a disegnare una prospettiva comune
nel segnare/tracciare la strada della pace.
Lo stare insieme ci ha aiutate ad allargare lo sguardo
su tutti gli aspetti della realtà, ci
ha rese consapevoli della guerra globale, ci ha rese
più capaci nell’analisi delle strategie
che stanno dentro al progetto di militarizzazione mondiale.
Attraverso il confronto siamo passate dall’intuizione
a una migliore comprensione del gioco di potere che
si svolge sopra le nostre teste per il controllo delle
risorse, alla consapevolezza della lotta feroce che è in
atto, mascherata dalla cosiddetta “politica del
sorriso”, per l’egemonia degli USA sulla
scena mondiale.
Noi non vogliamo essere complici di chi utilizza la
guerra come strumento per affermare la propria visione
del mondo, per accaparrarsi le risorse del pianeta,
di chi porta distruzione e morte nei Paesi più diversi
in nome di un modello, per molti astratto, di democrazia.
Con le nostre pentole, le nostre bandiere, con un
vaso di terra in mano, abbiamo contribuito a far emergere
le contraddizioni dell’amministrazione cittadina
e della politica nazionale.
La nostra mobilitazione ha coinvolto altre realtà femminili
che difendono i valori che stanno alla base di una
diversa qualità della vita, abbiamo messo in
primo piano i valori della pace e della salvaguardia
del territorio e dell’ambiente, anche altrove.
Noi non vogliamo rimanere fra le persone che dicono
che questa vicenda non le riguarda: noi ci sentiamo
personalmente coinvolte, ci assumiamo la responsabilità delle
nostre scelte, continueremo la lotta per la difesa e
l’affermazione dei nostri valori, per impedire
che il nostro mondo venga stravolto, e per mettere
al mondo, invece, un progetto che si costruisce nel
percorso comune.
“Non ha alcuna importanza che li si chiami
incontri di testimonianza o di scambio spirituale
come è stato nel movimento per i diritti civili;
gruppi di autocoscienza come è stato all’esordio
del femminismo contemporaneo; circoli di donne o
nidi d’ape, come è stato nella storia
del movimento delle donne; o infine cellule rivoluzionarie,
consigli delle anziane o “gruppi di amarezza” come è stato
per movimenti e culture diversi dai nostri.
La cosa che veramente
conta è che
siano liberi, non più grandi di una famiglia
allargata, personali/politici ed estesi ovunque”
Gloria Steinem, Autostima
Il Gruppo Donne del Presidio
Antonella Cunico,
Daniela Capraro,
Nicoletta Dal Martello,
Anna Faggi,
Ersilia Filippi,
Eufrosine Messina,
Paola Morellato,
Roberta Munaro,
Agnese Priante,
Annetta Marie Reams,
Paola Rigoni,
Nora Rodriguez,
Petra Wilmer,
Paola Ziche
Presidio
permanente NO Dal Molin - Vicenza |