I fantasmi di Riace
Le cariche di Chiaiano sono piombate sabato scorso
a Riace mentre l’incontro del Patto di Mutuo
Soccorso stava per iniziare: smarrimento, indignazione,
rabbia e subito a chiedersi qual’era la migliore
risposta a caldo. La scelta è stata quella di
sostenere le popolazioni di Chiaiano preparando le
risposte da dare nei giorni successivi ovunque nel
paese. Napoli è oggi il banco di prova ed è diffusa
la certezza che Chiaiano siamo tutti noi.
Il 24 e il 25 Maggio scorso a Riace dovevano incontrarsi
le realtà della Puglia, della Basilicata, della
Calabria e della Sicilia che in questi due anni avevano
raccolto e fatto propria una scommessa: piccole-grandi
realtà radicate nel proprio territorio per le
quali la difesa dei beni comuni è una necessità vitale
e non il titolo di un programma politico scritto a
tavolino. Sarebbero arrivate per raccontare la propria
esperienza e per ascoltare storie simili da cui imparare,
per cercare conferme che i fili di ogni lotta si intrecciano
gli uni con gli altri: acqua, rifiuti, energia, infrastrutture,
privatizzazioni… Sarebbero arrivate per precisare
obiettivi, per collegare le lotte, per dotarsi di strumenti
comuni. Magari soltanto per iniziare a farlo definendo
un percorso, fissando nuovi appuntamenti, nuovi momenti
di confronto. E’ andata così? A caldo
si può dire di sì, aggiungendo subito
un però…
A Riace magari non c’erano tutte le realtà territoriali
che in questi ultimi anni hanno costruito nuove resistenze,
ma insomma guardiamo in positivo e andiamo avanti.
La domanda del giorno dopo è dunque: la due
giorni ha risposto alle aspettative? La risposta spetta
a chi è venuto a Riace riconoscendosi nel percorso
fino ad ora seguito dal Patto avendolo praticato in
questi mesi: ognuno dica dunque la sua, racconti le
speranze con cui è arrivato e le sensazioni
con cui è ripartito e le reazioni raccolte al
proprio presidio. Nel frattempo una riflessione a caldo,
partendo un po’ da lontano.
Il cartun d’le Ribelliun (il carretto delle
ribellioni) che accompagnava la marcia a bassa velocità Venaus-Roma
nell’estate del 2006 portava una scritta bene
in vista: “Non ci ruberete il futuro”.
Nasceva il Patto di Mutuo Soccorso e la frase esprimeva
con efficacia la volontà delle tante resistenze
che si univano ai NOTAV di essere protagonisti nella
difesa del proprio territorio contro le devastazioni
delle grandi opere inutili e dannose. Come dire: “non
vi permetteremo di decidere sulla nostra pelle” ed
era chiaro a chi fosse rivolta la frase. E quel “Non
ci ruberete il futuro” era anche una promessa
che ognuno faceva a sé stesso, un impegno da
mantenere.
Oggi “Il cartun d’le Ribelliun” è diventato
anche il titolo di un film-documentario che racconta
quella marcia a passo d’uomo, e nel frattempo
quella promessa è diventata la parola d’ordine
dei tanti presidi nati un po’ ovunque. Nuove
speranze, nuove prospettive, nuovi strumenti di un
fare politica diverso da come eravamo abituati. Linguaggi
semplici e immediati, in cui il dialetto quasi sempre
prende il sopravvento in modo spontaneo. E soprattutto
concreti e comprensibili da chiunque, pane al pane
e vino al vino. Per chi non ne poteva più di
dover leggere tra le righe per decifrare i messaggi
occulti del linguaggio della politica era una liberazione,
per chi si era sempre tenuto alla larga da quei linguaggi
era la scoperta che un’altra politica è possibile.
Intanto un governo si era presentato come amico ma
nessuno gli credeva, in due anni si sarebbe sfiduciato
da solo e una sinistra già liquefatta sarebbe
evaporata rapidamente al sole di aprile.
Un’assemblea del Patto di Mutuo Soccorso è un
luogo aperto, ci mancherebbe. C’è un’esigenza
di incontrarsi, c’è una proposta, si
fa una verifica, si sceglie il luogo e la data e partono
gli inviti. Si sa che poi, tra i tanti, arriva anche
chi si autoinvita. E finisce che arrivano anche i fantasmi.
A
Riace di fantasmi ce n’erano almeno due. Il
primo era la fretta, un fantasma animato da buone intenzioni
certo, ma pur sempre un fantasma: la fretta di trovare
soluzioni, strategie, piattaforme e programmi sullo
sfondo di un 14 Aprile che ha ufficialmente ratificato
che qualcosa a sinistra non funziona per davvero.
E molti a guardarsi intorno per trovare un appiglio
cui aggrapparsi, a cercare con affanno un’occasione,
un luogo da cui ripartire. E voilà, ecco l’occasione.
A iniziare correndo si rischia poi di avere presto
il fiato corto e magari sbagliare strada. L’elaborazione
del lutto richiede tempo, una nuova sinistra può nascere
solo con un parto naturale e vale la pena di far crescere
e diffondere sane pratiche di partecipazione evitando
forzature che rischiano di procurare un nuovo aborto.
Chiedere oggi al Patto di Mutuo Soccorso di essere
ciò che non può essere non lo aiuta
a crescere e può solo fargli del male.
Il secondo fantasma era più immediatamente
riconoscibile, e il disagio per la sua presenza era
tangibile. Un fantasma che nasce dall’illusione
di potersi inserire in un’esperienza che tenta
una strada nuova riproponendo meccanismi vecchi e logori,
usando linguaggi cifrati, allusioni, invettive, suggerendo
l’agenda dei lavori e proponendo ricette. E’ la
vecchia politica che non si rassegna, incapace di mettersi
in discussione, autoreferenziale fino alla nausea,
che pensa di potersi facilmente riconvertire senza
concedersi un momento di pausa e riflessione e magari
qualche corso di formazione sul campo. E’ la
politica che allontana e divide. Al Patto di Mutuo
soccorso non interessa.
Cari professionisti della politica, cari vecchi compagni
che fate politica da una vita e non vi accorgete quando è il
vostro mestiere a guidare la vostra passione e non
viceversa, cari giovani compagni che magari senza accorgervene
siete già avviati sulla stessa strada: per favore
toglietevi la giacca, lasciate ogni tanto a case le
vostre bandiere e fate un passo indietro; non mettevi
anche voi di traverso, non popolate di fantasmi le
nostre notti e i nostri presidi, non trasformate i
nostri sogni in incubi.
Non rubateci il futuro.
27 Maggio 2008
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