Paroni del mondo
gavì tocà el fondo
“Sosteniamo la Cultura, lo Sport, il Sociale
per una migliore qualità della vita”: è il biglietto
da visita con cui la zincheria Valbrenta si presenta a chi arriva
davanti ai suoi cancelli. Sembra uno scherzo.
Rosà è un piccolo comune a ridosso di Bassano del
Grappa lungo la provinciale che porta a Padova, la frazione San Pietro è al
confine con il comune di Tezze. Da una parte le ricche vetrine di
Bassano, con il passeggio e le immancabili soste alle antiche osterie,
dall’altra i veleni delle fabbriche della morte: vernici, solventi,
lavorazioni di cromo e zinco, discariche di sostanze tossiche.
Da una parte turisti che corrono ad ammirare il famoso ponte sul
Brenta, quello degli alpini e delle promesse alle morose “…ci
darem la mano ed un bacin d’amor”, dall’altra la
più grande zincheria d’Italia, la Valbrenta, e la morte
che sparge tutt’intorno nei terreni, nell’aria, nelle
falde acquifere. E poco più in là c'è
Tezze, con la Pm Galvanica (ex Tricom) dove lavoravano i 14 operai
morti per colpa del cromo esavalente.
“Sosteniamo la Cultura, lo Sport, il Sociale
per una migliore qualità della vita”: un cartello di
oltre tre metri con tanto di logo e indirizzo web. Non è uno
scherzo, è una beffa. Al di là dei cancelli una settantina
di operai (tutti rigorosamente extracomunitari) praticano quotidianamente
uno sport ben diverso da quello che il biglietto da visita vuole
suggerire; in quanto alla cultura gli abitanti delle numerose case
che si trovano a poche decine di metri dalla zincheria mostrano l’unico
cartello giallo rimasto in piedi, proprio di fronte all’ingresso
della Valbrenta: “Zona archeologica - vietati gli scavi”.
Del sito archeologico (la vecchia Bassano) non resta che questo cartello
e gli unici scavi permessi sono quelli che hanno cancellato l’intera
area archeologica creando un grande parcheggio e hanno consentito
di sotterrare tonnellate di rifiuti tossici sotto il grande capannone
della zincheria. Tutto documentato, ma di questo il biglietto da
visita non parla. Il grande business delle ecomafie qui a San Pietro è una
presenza inquietante.
Della “migliore qualità della vita” possono ben
raccontare gli abitanti di San Pietro: andate a trovarli al loro
presidio di fronte alla zincheria e parlate con loro, fermatevi ad
ascoltare e capirete al volo la distanza abissale che separa il chiacchiericcio
dei salotti della politica e le storie vere raccontate da chi vive
sulla propria pelle una realtà quotidiana di diritti negati,
di intimidazioni e aggressioni mafiose; storie di inganni e di democrazia
cancellata da amministrazioni locali colluse e da amministratori
arroganti, storie di continui ricatti che sfiancano la resistenza
e di forze dell’ordine che si voltano dall’altra parte
per non vedere; storie di denunce e di procure della Repubblica che
pensano ad altro, di parroci a cui manca il coraggio di raccontare
la verità nelle omelie domenicali; e semplici storie di case
e terreni i cui prezzi sono crollati insieme alle speranze di chi
si illudeva di offrire un aiuto ai figli in cerca di un lavoro precario.
Sabato 24 marzo il presidio di San Pietro ha invaso
le strade di Bassano per rendere più visibile la lotta iniziata
nei primi anni ’90 e segnare una svolta: “Xe ora” dicevano,
non erano soli e al loro fianco c’erano molte realtà del
nord Italia accorse a portare una solidarietà vera. Lo spirito
del Patto di Mutuo Soccorso in fondo è questo: dare più voce
a ogni realtà locale che lotta contro le devastazioni ambientali
e sociali, rendere visibili le sue ragioni, non farla sentire sola.
Tante voci, che parlano di fabbriche di morte e di ecomafia, di basi
militari e di TAV, di corsi d'acqua avvelenati e di sorgenti prosciugate.
Voci e ragioni sempre più spesso inascoltate da chi promette
di rappresentarle nelle istituzioni, promesse tradite. Anche per
questo chi non si rassegna e lotta nel proprio territorio per scongiurare
un nuovo scempio o per sanare i guasti di uno già compiuto
non cerca nuovi leader, non chiede di essere guidato né da
partiti né da reti o coordinamenti nazionali: sa che il suo
destino è solo nelle sue mani, vuole essere ascoltato, chiede
rispetto della sua storia, rivendica la sua autonomia, rifiuta la
delega e intende la politica solo come partecipazione diretta, vuole
essere protagonista e non suddito.
Nascono presidi che diventano anche luoghi di aggregazione, e le
persone riscoprono il piacere di stare insieme...
Andiamo tutti a visitare il presidio di San Pietro,
e poi quelli della Val di Susa, di Vicenza, di Serre e gli altri
presidi sparsi per il paese, fermiamoci un momento ad ascoltare le
storie che ci raccontano: ci sembrerà di ascoltare la nostra
storia.
"Paroni del mondo gavì tocà el fondo"
stava scritto nello striscione appeso all'esterno della zincheria:
che sia proprio vero che xe ora?
(per saperne di più su San Pietro di Rosà: www.presidiosanpietro.org)
|