Italia/Europa
Il futuro dei trasporti
Fare dell’Italia una grande piattaforma logistica a servizio dell’Europa sarebbe progresso?

Due visioni a confronto...

La crescita infinita dei trasporti come strategia economica per il futuro

L’attuale classe dirigente italiana (politici, imprenditori, finanzieri) non è capace di delineare un’organica strategia per il futuro sviluppo del Paese che sia adeguata a fronteggiare la gravità della crisi da deindustrializzazione di questo inizio di secolo; appetiti di affari e speculazioni a breve termine finiscono regolarmente per prevalere sui ragionamenti a medio-lungo termine.

Una delle pochissime idee in campo con qualche parvenza di progettualità riguarda un ipotetico ruolo dell’Italia quale porta europea di ingresso/uscita dei flussi di trasporto turistici e mercantili scambiati con l’Africa e soprattutto l’Asia; intenderebbe sfruttare la nostra collocazione mediterranea ed un potenziato sistema portuale nazionale per attrarre questi flussi su di un’enorme piattaforma logistica distribuita, da realizzare nel Paese e da connettere massicciamente per via aerea, ferroviaria e stradale al resto del continente europeo.

E’ un’ipotesi che vuole assecondare la nuova divisione internazionale del lavoro e la conseguente forte dinamica economica dei Paesi dell’estremo oriente, che confida su di una crescita perpetua del sistema produttivo e dei consumi globalizzati, che non teme di mettere a repentaglio la tenuta delle finanze pubbliche statali. Disegna uno scenario che fornisce una giustificazione “di sistema” a tutti i promotori di infinite nuove infrastrutture, alla cementificazione delle coste e delle pianure, alla perforazione delle montagne. Trova già riscontri nei programmi di governo nazionale e regionale.

Nella pagina: Sviluppo = crescita dei trasporti (?) presentiamo una serie di documenti che sostengono questa tesi

Una migliore qualità della vita: razionalità, sobrietà, armonia con l’ambiente

L’ipotesi di trasformare l’Italia in una piattaforma logistica che incroci le direttrici nord-sud ed est-ovest dei traffici europei richiama alla mente una immagine francamente squallida del nostro futuro: un paesaggio segnato da infrastrutture di ferro, cemento ed asfalto costantemente percorse da milioni di mezzi di trasporto; un ambiente reso più povero ed insalubre; una cultura dominante del lavoro a bassa professionalità, assai lontana dalla società della conoscenza, della ricerca e dell’innovazione tecnologica.

Un simile sistema logistico sarebbe in grado di fare davvero da asse portante dell’economia di una nazione? Quanti soldi pubblici richiederebbe la realizzazione delle innumerevoli nuove infrastrutture, degli snodi e degli interporti necessari? Quanta e quale occupazione assicurerebbe a regime? Sarebbe sostenibile sul piano ambientale e sociale? Come potrebbe sopravvivere ad una possibile crisi energetica?

Semplici cittadini, ma anche esperti di trasporti e di energia si domandano ormai se mantenere l’obiettivo di produrre e consumare sempre di più, in questo nord del mondo, non comporti prezzi troppo alti per la pace, l’ambiente, la qualità della vita di questa e delle prossime generazioni. Qualcuno già risponde che è ormai tempo di razionalizzare e ridurre i flussi di merci per ineludibili ragioni ecologiche, energetiche e di giustizia sociale: sono coloro che non accettano acriticamente la teoria della crescita infinita e dell’illimitatezza delle risorse planetarie, che non credono alla valenza strategica del cemento e del tondino per il futuro del Paese.

Nella pagina: Anche nei trasporti: crescita infinita? No, grazie (Un altro mondo è possibile) presentiamo una serie di documenti che sostengono questa tesi