"Così la gestione dei Romiti ha truccato i conti Impregilo" 

Le carte dell´inchiesta del pm monzese Mapelli, che ha chiesto il rinvio a giudizio dell´ex amministratore delegato e di Savona.

Ignorata una lettera della Farnesina che diceva di non contare sui crediti iracheni 
Il finto riassetto Fisia, che servì a evidenziare una plusvalenza salva-bilancio
 


di Andrea Greco da Repubblica del 14/2/06

 
MILANO - «Ingannavano il pubblico per conseguire un ingiusto profitto, per evitare l´abbattimento del capitale sociale della Impregilo spa». Con queste motivazioni la pubblica accusa di Monza chiede il rinvio a giudizio dei passati vertici: il presidente Paolo Savona, l´amministratore delegato Piergiorgio Romiti, i revisori contabili di Reconta. Per loro si ipotizzano il falso in bilancio e l´aggiotaggio informativo, e il Gup, prima di Pasqua, deciderà se ci sono gli estremi per mandarli a processo. Dalle carte di un anno di indagini escono i traccheggiamenti di una dinastia dal regno breve: impossibilitata a iniettare nuove risorse in un gruppo messo in crisi dalla frenata di costruzioni e grandi opere, con un patrimonio netto saldamente inferiore ai debiti e che, per non dover ricapitalizzare, ne tentò molte per scansare le perdite. Così il pubblico ministero Walter Mapelli ipotizza «valutazioni non corrispondenti al vero» nei bilanci di Impregilo spa nel 2003, e nel 2003 anche della controllata Imprepar. E l´aggiotaggio informativo dei vertici, che firmavano, oltre i bilanci, la comunicazione al mercato.

Ci sarebbero anche gli estremi per l´ostacolo alla vigilanza della Consob, se la Commissione avesse passato al setaccio i numeri forniti il 13 marzo 2003, ottimistici sul credito difficile nei confronti dell´Iraq (e infatti in seguito azzerato). Qua e là, nell´inchiesta del pm Walter Mapelli affiorano anche telefonate significative. Come quella acquisita dagli inquirenti romani per capire la regolarità dell´appalto per il ponte sullo Stretto, vinta da Impregilo. O quelle in cui Cesare Romiti parlava al figlio Piergiorgio delle sue insistenze su Corrado Passera, per chiedere al numero uno di Banca Intesa quei prestiti che la sua struttura tecnica si rifiutava di erogare. L´epilogo è noto: i nuovi soldi li hanno messi, lo scorso anno, nuovi soci - tra cui Autostrade, Gavio, Techint - che sono anche i nuovi padroni di Impregilo.


La ricostruzione degli inquirenti parte dall´autunno 2002. Si sta per chiudere l´annata e i conti di Impregilo non tornano. Il business ristagna, gli oneri sul debito pesano, e si profila una perdita di fine esercizio, ad arrischiare l´esiguo patrimonio. È lì che nasce l´operazione Fisia. Fisia è il gioiello del gruppo, leader mondiale negli impianti di dissalazione. L´operazione si perfeziona due giorni prima di fine 2002, attraverso un accrocchio finanziario che, ex post, ricorda il portage. Fisia viene conferita a Hiatus, che poi riceve mezzi freschi dal fondo di private equity Equinox (paga il 49% di Hiatus a 39 milioni). La capogruppo segna una plusvalenza da 267 milioni, che "salva" dal rosso il bilancio. L´operazione è presentata come un riassetto di gruppo: da un lato le costruzioni, dall´altro l´attività di contractor sulle grandi opere, che avrà in Fisia la subholding. Il nuovo arrivato, sarebbe poi «un socio finanziario in grado di sostenere lo sviluppo ed eventuali futuri investimenti». Lo scrive il comunicato del 30 dicembre 2002, ma per gli inquirenti «la circostanza non è conforme al vero», poiché Equinox aveva opzioni di acquisto e vendita su Hiatus. Tanto più che l´anno scorso ha alzato i tacchi. E già nell´esercizio seguente Hiatus e Fisia sono reincorporate in Impregilo.

La gestione 2003 non procede sotto auspici migliori; la contabilità in questo caso viene "salvata" da una rivalutazione del credito iracheno, contratto per realizzare la diga di Mosul. Fino ad allora la voce era appostata per 66 milioni, in capo alla controllata delle costruzioni Imprepar, finita in liquidazione poco prima. Ma secondo Impregilo il blitz bellico americano del 20 marzo, volto a disarcionare Saddam Hussein, permette di sprigionare le potenzialità di un paese ricco di petrolio, una risorsa tra l´altro in netta crescita di valore. È questa la tesi difensiva, sposata fin dal 13 marzo (prima dell´attacco stesso), quando Savona scrive alla Consob che il credito è per 120 milioni, e «le previsioni del liquidatore portano a considerarlo previsionalmente appetibile».


Un´informazione che gli inquirenti trovano ottimistica, per un´altra ragione: lo stesso ministro degli Esteri, scrivendo a Romiti tre mesi dopo, esporrà al gruppo «l´impossibilità a intervenire affinché l´accordo per ridiscutere il credito venga rispettato», poiché «non è ancora stato costituito un nuovo governo iracheno». Questi e altri elementi permettono a Mapelli di sperare l´avvio e la chiusura in tempi utili del processo alla gestione Romiti di Impregilo. Anche se il depotenziamento del reato di falso in bilancio rende il lavoro degli inquirenti una lotta contro il tempo: in base alla legge Cirielli in cinque anni data il reato si prescrive.