I torrenti fanno già pena così, senza Tav

Per la Torino-Lione si cercano le trote, ma i fiumi sono senz’acqua

 

di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 5/3/10 – pag. 3

 

L'appuntamento era per ieri mattina alle 8. Ma lungo la Dora e lungo il Cenischia per tutta la mattinata non si è visto nessuno. Sui siti No Tav la notizia di un campionamento della fauna ittica a Susa per lo studio preliminare ambientale del Tav ha destato indignazione e qualche ilarità. Soprattutto ha colto di sorpresa il Consiglio di valle dei pescatori della valle di Susa che questa volta non erano al corrente.

 

Un campionamento di questo tipo, infatti, c'era già stato in occasione del primo Studio di impatto ambientale, quello sul tracciato sinistra Dora. Allora il monitoraggio dei pesci lo aveva svolto la società Graia di Varano Borghi (Va) che ha lavorato anche per la carta ittica del Piemonte. Questa volta lo studio è affidato alla ditta Bioprogramm, società specializzata in monitoraggi e studi faunistici con sedi a Padova e Treviso.

 

E' una delle società che collabora allo studio d'impatto ambien­tale iniziato la scorsa primavera con il censimento delle captazioni idriche. Lo studio dovrà coinvol­gere diverse "matrici", tra cui, ap­punto, la fauna dei nostri torrenti. In questo modo si delinea quello che i tecnici chiamano il "bianco ambientale", cioè la situazione ambientale nel territorio prima dei cantieri. Serve per indiriz­zare la Valutazione d'impatto ambientale e la progettazione, per indicare le opere di mitigazione ambientale.

 

Un campionamento ittico viene normalmente svolto con un elettrostorditore, un generatore di corrente che viene portato a spalle come uno zaino che trasmette una scossa elettrica nell'acqua. L'apparecchio è tarato per non uccidere i pesci. La scossa conti­nua raggiunge il pesce che viene paralizzato. In questo modo può essere osservato, misurato o an­che prelevato per stoccarlo in un incubatoio provinciale. Dopo cinque minuti il pesce rinviene e torna vitale. E' l'operazione che ogni anno, nel periodo della riproduzione svolgono i volontari pescatori della valle per i programmi di produzione di uova di trota nell'incubatoio pubblico di Mattie.

 

Per utilizzare l’elettrostorditore si deve essere autorizzati dalla Provincia. Il dirigente del Servizio tutela fauna ha autorizzato con "determina" la Bioprogramm per tutto il 2010 a svolgere interventi nella Dora a Susa, nel Cenischia a Venaus e ancora nella Dora a Villarfocchiardo. Ogni volta che gli operatori saranno nel torrente dovrà essere presente anche un guardiapesca provinciale. L'ap­puntamento di ieri avrebbe sosti­tuito quello previsto il 18 febbraio saltato per meteo avverso.

 

Come si sa le grandi opere (manna per ingegneri e geologi), con i loro studi di impatto e le proposte di mitigazione ambien­tale, si portano dietro una torta non trascurabile di lavoro per forestali, agronomi, naturalisti, biologi, tecnici faunistici e, come in questo caso, anche ittiologi. Il pensiero corre subito al Mugello, la zona più ricca di torrenti della Toscana, 24 km dei quali prosciu­gati completamente dalle gallerie del Tav. Anche là c'erano trote e si pescava. Oggi al posto di pozze e cascatelle ci sono solo corridoi di sassi.

 

Ma in valle di Susa, proprio dove Ltf ha scelto di studiare l'ambiente dei nostri torrenti, la situazione è già tragica così, anche senza i cantieri del Tav. La carta ittica della Regione, che ha previsto diverse campionature in Dora e negli affluenti sia nel 2003 (per il Piano tutela acque) che nel 2009 per il Piano ittico re­gionale, fotografa una situazione desolante.

 

Se possibile, dopo gli anni dei cantieri dell'autostrada, dopo le sottrazioni delle falde della galle­ria di Pont Ventoux, i nostri corsi d'acqua stanno ancora peggio di una decina di anni fa. La ricca popolazione di trote fario che si pescava nel Cenischia e nella Dora da Susa in giù non esiste più. Gli ittiologi confermano quello che i tanti pescatori della valle già sanno: pochissime trote e scomparse tutte le "specie di ac­compagnamento" cioè i pesciolini (in particolare i collidi) di cui le troie si nutrono.

 

Salendo da Avigliana si scopre che la diga della Sitaf di Sant'Ambrogio ha ancora una volta la scala di risalita dell'ittiofauna asciutta e ostruita da legname. Nonostante tutte le segnalazioni della vigilanza provinciale. E poi, il canale è stato "pulito" dalla sabbia scaricando lutto in alveo. Nella zona di Sant'Antonino, Borgone e Villarfocchiardo le dighe lasciano una quindicina di centimetri di acqua in un largo alveo di ghiaia, più volle ricali­brato (spianato dalle ruspe). In queste condizioni un pesce non ha nemmeno l'acqua sufficiente per coprirlo e nessun animaletto del fondo (il cibo per il resto della catena alimentare) può attecchire. Qui ci sono anche i cantieri per i sovrappassi ferroviari.

 

Da Bussoleno a San Giorio la situazione è la stessa. Anzi, nelle settimane scorse, secondo i pe­scatori locali, la Dora è andata in asciutta totale. Poi si arriva a Susa, la città delle centrali. La Dora segusina è un autentico disastro. A San Giuliano, tra i muraglioni della cittadella Sitaf ci sono pochi centimetri di acqua, tolti dalle dighe tra Traduerivi e San Giuliano.

 

Nel centro cittadino la Dora è sempre un saliscendi. Ieri mattina, al ponte di piazza del Sole il letto aveva una spanna d'acqua. Alle 8 e10 è arrivata un'ondata improvvisa, fangosa. Il livello ha raggiunto il metro abbondante. «Succede sempre così - ci hanno detto i pescatori del consiglio di valle - Questa estate, di notte, la Dora a Susa è andata in asciutta totale più volte, uccidendo tutti i pesci. Poi, al mattino arriva l'ondata di acqua piena di fango degli invasi dei due impianti idroelettrici a monte della città. Qui trote non ce n'è più. Quando abbiamo assistito alle campionature commissionate da Ltf abbiamo censito appena qualche trota».

 

Ma l'obbligo del Deflusso mi­nimo vitale non era entrato in vi­gore, per legge regionale, il primo gennaio dell'anno scorso? «Sì, ma fino all'autunno scorso non è stato mai rispettato. Adesso sia Enel che Iride rilasciano sempre un po' di acqua, ma non sappia­mo se si tratta del vero Deflusso minimo calcolato per ciascuna diga. Semplicemente vediamo un po' di acqua dove prima c'erano solo sassi e alghe. E poi ci sono le altre società titolari di impianti idroelettrici, di centraline. Quelle fanno assolutamente quello che vogliono. La legge, però, la devo­no rispettare tutti. Da quest'anno non vogliamo più vedere la Dora asciutta. Tanto che abbiamo deciso di ricominciare a ripopolare di trote anche il tratto di Susa. Lì vogliamo istituire un divieto di pesca che serva per irradiare il pesce a monte e a valle».

 

Però tutti questi rilasci im­provvisi, in barba ai protocolli di svasamento e pulitura dei bacini di raccolta, sono devastanti. La Dora, da Rochemolles ad Alpignano, ne subisce di continui. Le ondate di piena e le secche improvvise ci sono tutti i giorni. Una piena dura il tempo di pulire dalla fanghiglia il fondo degli invasi. Di questi ce n'è a Pont Ventoux (col collettore fognario che continua a scaricare a valle della diga in pochi centimetri di acqua); a Salbertrand, alla Ramat, nelle Gorge, in val Clarea, sopra la centrale di Susa, e dentro Susa.

 

Quando le paratoie si chiudono a seconda di quando conviene pro­durre di più, lasciano a valle una distesa di sassi annegati nel fango. Dove non può vivere nessun pesce. E per prendere più acqua si vedono anche assi e traversine ferroviarie messe per alzare la soglia di cemento. E non si riesce mai a sapere se questa soluzione sia conforme al progetto. E allora ogni tanto, qualche pescatore, non visto, fa saltare le traversine per dare alla Dora l'acqua per le trote. Poi le assi vengono rimesse e si avanti così con questa pan­tomima.

 

E il Cenischia? Anche qui arrivano le ondate dall'invaso di Venaus. Anche qui il fango sale fino agli argini, poi l'acqua spa­risce. Il deflusso c'è, ma non è "minimo vitale", perché l'acqua è talmente poca che a un certo punto, all'altezza del presidio No Tav di Venaus, sparisce. Poi ritorna a Mompantero, a monte del ponte. Lì c'è una risorgiva che è sempre stata un vero gioiellino ambientale. «Qui, come nella bealera a fianco della strada, ci sono sempre stati i gamberi». I gamberi di fiume, quelli che vivono solo nell'acqua pulita? «Sì, li abbiamo trovati ancora due anni fa. Questi corsi d'acqua erano piccoli ma molto produttivi anche per le trote, che dal Cenischia risalivano per la riproduzione. Infatti abbiamo sempre ripopolato questa zona. Adesso, mettere qui le trote del­l'incubatoio di valle significa vanificare il lavoro dei volontari e buttare via soldi pubblici».

 

Ma da un paio di anni anche queste acque di sorgente non sono più le stesse. Forse il sistema di falda che porta in val Cenischia ha risentito dell'impianto sotterraneo di Pont Ventoux, oppure i continui apporti di ghiaia nell'alveo del Cenischia, le briglie e l'artificializzazione delle sponde, così come i continui "spurghi" degli invasi a monte, hanno compromesso il sistema. Le risorgive hanno meno acqua di sorgente, non sono più tutte in diretto collegamento con il Cenischia (alcune ci arrivano con salti da tubi) e non possono più essere risalite dalle trote, e poi ogni buca è tappata dalla ghiaia. Ghiaia e fango vanno e vengono in continuazione: non è possibile stabilizzare l'habitat che in questo modo non viene colonizzato dalle larve di insetti e quindi dai pesci che le mangiano. «Il Cenischia anche solo 20 anni fa era pieno di trote. La situazione è peggiorata negli anni '90. E per anni è stato completamente asciutto oppure in piena limacciosa. Oggi c'è questo rigagnolo che viene lasciato an­dare sia dal bacino Enel che dalla diga a monte. Ma è solo per figura. Qui non può vivere nulla».

 

Tutto questo accade già oggi. E i cantieri del Tav non ci sono ancora.