Palazzo Chigi secondo Loredana

 

di Marco Giavelli da Luna Nuova del 19/2/08 – pag. 3

 

Villardora.

Gli applausi, venerdì sera, erano tutti per lei: Loredana Bellone, sindaca di San Didero, unica portavoce a Palazzo Chigi della posizione dissidente rispetto al proseguimento dei la­vori dell'Osservatorio. L'unica tra i sindaci che sedevano al tavolo politico che il movimento No Tav, almeno nella sua componente più radicale, considera ancora come proprio portavoce.

 

La Bellone, venerdì a Villardora, è stata accolta come una star. Con tanto di presentazione al pubblico («Ed ecco a voi... Loredana... Bel­lone», l'ha introdotta al microfono Alberto Perino) e coretto spontaneo («Una di noi. Bellone una di noi») improvvisato da uno degli oltre 400 attivisti che hanno affollato il centro sociale di Villardora durante l'assemblea convocata dal gruppo degli 87 amministratori anti-Osser-vatorio. Gruppo che ormai, almeno in questa fase, gioca anche il ruolo di parte istituzionale che, forte della sua saldatura con i comitati, si fa carico di informare e di parlare con la gente. La sindaca di San Didero ha esordito con i ringraziamenti: «Vi ho sentiti attraverso mali, sms e telefonate: siete stati la mia forza, vi ringrazio di cuore. A Roma è stata abbastanza pesante: ero tesa, ma sono andata giù serena perché sapevo che era la cosa giusta da fare per la mia valle. Non ho fatto nulla di particolare, ho solo affrontato quello che avevamo deciso insieme, per poi relazionare a voi. E non è vero, come ha ripor­tato la stampa, che volevo tenere il telefonino acceso: ho registrato tutto con le mie orecchie».

 

Il suo racconto romanzato dell'av­ventura romana inizia dalla mattina del 13 febbraio, quando giunta a Fiumicino la Bellone telefona al ni­pote che vive a Roma per chiedergli se avesse potuto ospitarla la notte nel caso in cui non fosse riuscita a prendere l'aereo del ritorno. Lui le risponde che la va a prendere subito in aeroporto e la invita a pranzo: «Meno male, mi sono detta, così la tensione si allenta un pò '. Ho mangiato con lui, da buona zia ho lavato anche i piatti, prima di pas­sare all'attacco dall'altraparte». E qui inizia il racconto vero e proprio della riunione con Prodi, Letta e Di Pietro, ricostruito minuto per minuto dalla Bellone leggendo e commen­tando gli appunti dei suoi quaderni: «Dopo aver messo in luce "gli ottimi risultati " raggiunti in questi due anni da Tavolo e Osservatorio, Letta ci ha detto che questo governo vuole consegnare al dopo un'agenda di lavoro a lunghissimo termine: "Non dobbiamo far digerire un 'opera al popolo, bensì reinventarla"».

 

Poi, nella sua ricostruzione, la parola è passata a Mario Virano, presidente dell'Osservatorio: «II suo intervento è stato lunghissimo e pesante, era davvero faticoso stargli dietro: avrà letto una relazione di almeno 20-25 pagine che poi gli ho chiesto di inviarmi. Tra le tante cose che ha detto, oltre ad attaccare noi amministratori dissidenti, ha anche spiegato che "i treni danno il meglio di sé in pianura " e che quindi "in montagna bisogna fare le gallerie"». E giù le risate divertite del pubblico. Poi continua: «Virano ha annunciato che sono previsti un quarto e un quinto quaderno dell'Osservatorio. Il quarto perché i rappresentanti della valle hanno chiesto un focus per l'analisi su costi e benefici, il quinto per esa­minare l'esperienza francese per non avere rapporti conflittuali con le popolazioni locali». Altre risate ironiche dalla platea.

 

«A un certo punto, con uno stru­mento laser, ha illustrato l'ipotesi dì tracciato del dossier su un mega-schermo tutto nero. Non un vero progetto, ma una ricostruzione tridimensionale che ti prendeva lo stomaco, con la collina morenica che si alzava e si abbassava, la Sacra di San Michele che scendeva e saliva: una cosa impressionante. In sostanza ci dicevano dove dovrà passare la nuova linea, facendoci capire cosa succederà a casa di ognuno. E al termine Chiamparino ha detto che "questa valle vista nella sua totalità è molto ampia, c'è più spazio lì che a Torino”». Un boccone toppo ghiotto perché la platea non lo accogliesse con un fragoroso boato.

 

E dopo Ferrentino, «che ha chie­sto spiegazioni a Virano per la sua forzatura sugli 87 amministratori dissidenti», la Bresso, Saitta e Ca­rena, «che sostiene che "c'è bisogno di capire e che è il governo a dover decidere, non le Comunità montane o i Comuni"», arriva il fatidico momento di Loredana Bellone: «Ho detto che, pur condividendo in parte il documento della Comunità montana, alcuni di noi non volevano restare nell'Osservatorio. Mentre leggevo il nostro documento, c'era­no vari bisbigli e sussurri, con Di Pietro che complottava col vicino. Allora io mi fermavo, aspettavo che ci fosse silenzio e poi riprendevo. Quando ho letto la parte riferita ai tracciati elaborati mentre erano in corso i lavori dell'Osservatorio, ho alzato il tono di voce e ho continuato a leggere sempre guardando il mi­nistro negli occhi: se non altro ho avuto questa soddisfazione, anche se è una magra consolazione. Poi Di Pietro ne chiede una copia e dice: "Questi non sono d'accordo, questi non lo vogliono. Allora decidete, se non lo volete andiamo a Bruxelles a dire che non siamo nella volontà politica di fare l'opera". Poi chiede scusa perché ammette che il dossier non è stato fatto in collaborazione con gli enti locali, dice che c’è stato un fraintendimento. E poi aggiunge che "per fare male un 'opera, è me­glio non farla"».

 

Sono le 20 passate e siamo ormai alle battute finali del tavolo. «Letta presenta la proposta di consenso sull’'atto finale del tavolo politico nei quattro punti che ormai conoscia­mo. Ci alziamo tutti e Nilo Durbiano dice: "Ci hanno fregato". Avevate qualche dubbio?», chiosa la Bello­ne. «Poi iniziano le disquisizioni e i battibecchi sul significato delle parole "scenari"e "tracciati", ma per me a quel punto il discorso era già chiuso, quello che temevo era già successo. Siamo usciti fuori tra la titubanza e lo sbigottimento dei miei colleghi, tutti abbacchiati, che poi hanno chiesto se era possibile tenere occupata ancora un pò ' la sala dove avevamo fatto le consultazioni: sono andati di là ma non mi hanno chiamata, per me il compito era finito».

 

La Bellone rilascia un'intervista veloce al Tg3, fugge verso l'aero­porto e riesce a prendere il volo del ritorno. Giun­ta a Caselle, il siparietto finale: «Quando sono scesa c'erano Saitta, Virano, Campia, ecce­tera. A un certo punto chiamano Carena e li vedo ridacchiare, poi la Digos li porta via proprio mentre in distanza sento la tromba fare "pa-ra-pa-pa-ra ". Pensavano che i comitati fossero venuti lì per loro, invece erano lì per accogliere me».