Disobbedienza civile, la lezione della Valle di Susa
di Nanni Salio
da Carta del 7/12/05
Non è col senno di poi, né con la saccenza del grillo parlante, ma con molta umiltà e tanta partecipazione che propongo queste riflessioni sulla vicenda della lotta che, da quindici anni, vede impegnata la popolazione della Valle di Susa nel contrastare il progetto Tav/Tac, più volte rimaneggiato, tanto che si potrebbe dire che nessuno sa esattamente in cosa consiste..
E' stata una lotta che per molti anni è passata quasi inosservata, se non nei momenti più drammatici, come il suicidio di Sole e Baleno, ed è stata guidata saggiamente da leader che hanno saputo rendere egemonica, sinora, la linea della resistenza civile nonviolenta assunta con grande spontaneità dall'intera popolazione: uomini e donne, grandi e piccini.
Il primo
accostamento che viene in mente è quello tra questa lotta e quella delle
popolazioni che, in India, si sono opposte ai megaprogetti idroelettrici nella
valle del fiume Narmada, che hanno coinvolto milioni di persone. Stessa
arroganza da parte delle istituzioni, dei centri di potere economici, locali e
internazionali, stessa retorica sul progresso e lo sviluppo, stessa violenza
gratuita sulle popolazioni. Ma la riflessione che voglio proporre riguarda anche
il modo con cui continuare la lotta, entrata in questi giorni nel vivo dello
scontro e tutt'altro che conclusa.
Si può vedere l'irruzione della polizia come uno dei tanti esempi della violenza di stato, istituzionale, esercitata nel corso di lotte nonviolente (da Gandhi a Martin Luther King a Nelson Mandela) che possono innescare il fenomeno del ju-jitsu politico, del boomerang nei confronti di coloro che usano questa violenza. Il primo effetto di queste cariche poliziesche è stato l'allargamento della solidarietà a un gran numero di comitati cittadini, gruppi di base, associazioni e a qualche forza politica, da Torino a Milano, dalle Alpi alla Sicilia. E' un buon segno, ma occorre far crescere ancora questa solidarietà perché si trasformi in forza politica. Al momento il conflitto è fortemente squilibrato, sebbene l'irruzione di parti esterne a sostegno dei valsusini lo stia riequilibrando. Bisogna però ricordare che la lotta nonviolenta non è una semplice passeggiata, una marcia buona per tutte le occasioni, un happening: comporta un prezzo da pagare, in termini di sofferenza e talvolta anche di vite umane. Questo prezzo, per il momento, è prevalentemente, quasi esclusivamente, a carico delle popolazioni che stanno opponendo una disobbedienza civile nonviolenta, una resistenza allo strapotere di istituzioni guidate da uomini e donne che nei centri di potere in cui si sono insediati credono di poter imporre la loro volontà senza tener minimamente conto delle ragioni degli altri, con una notevole protervia e arroganza, comune purtroppo a molte altre lotte del passato.
La
resistenza deve continuare in modo coerentemente nonviolento e creativo,
allargando man mano la capacità di comunicazione con tutti gli attori coinvolti.
Non è facile, ma è possibile, lo è stato in passato, in situazioni ben più
difficili, lo è anche in questa occasione. La scelta della violenza è desiderata
da chi sta al potere e verrà probabilmente provocata ad arte, come è avvenuto a
Genova nel 2001 e tante altre volte, con effetti disastrosi. La nostra rabbia,
il vostro dolore, la vostra sofferenza, vanno canalizzati in una forza positiva
che susciti empatia sia in chi è ancora indifferente, sia in coloro che vi hanno
duramente picchiati.
Qualcuno
potrà pensare che è facile dare consigli e/o lezioni, standosene lontano dal
teatro di lotta. Non è questa l'intenzione. Cari valsusini state lottando non
solo per voi, non solo per i vostri figli e nipoti, ma per noi tutti. Se anche
molti di noi non possono partecipare attivamente al vostro fianco, sappiate che
vi sosteniamo da lontano con un'azione che può contribuire al successo, proprio
perché mira all'allargamento della base di sostegno delle parti esterne,
fondamentali per la riuscita della lotta.
Forse non
vi rendete conto di quanto siano toccanti le immagini che ci hanno raggiunto,
delle violenze che avete ingiustamente subito, della dignitosa resistenza e
protesta di cittadini e cittadine di ogni ceto e di ogni età. Sappiate anche che
la vostra resistenza nonviolenta, che vi invitiamo calorosamente e proseguire,
come avete saputo fare finora, con creatività, ironia e determinazione è un
insegnamento per noi tutti e tutte, nel presente e nel prossimo futuro, che
purtroppo è destinato a vedere molte altre situazioni analoghe fino a che questo
insensato e insostenibile modello di crescita illimitata che ci sta portando al
fallimento e alla distruzione non venga modificato in profondità. Il vostro è un
esempio specifico di cosa intendiamo per difesa popolare nonviolenta e non ci
deve stupire che metta in luce difficoltà e contraddizioni, frutto anche di
colpevoli ritardi.
Non sarà
facile dialogare con chi la pensa diversamente, ma è indispensabile farlo e noi
stiamo cercando di attivare ogni canale di comunicazione. Nei prossimi giorni e
nelle prossime settimane ci saranno importanti iniziative e appuntamenti anche a
Torino, che consentiranno di rendere più visibile la vostra lotta. Così come si
è fatto con le bandiere della pace, per contrastare la guerra in Iraq, faremo
altrettanto con le bandiere NO TAV che mi auguro comincino a comparire più
numerose dai balconi a Torino, in Piemonte e ovunque si sviluppi la solidarietà
nei vostri confronti.
Sappiamo
anche che la vostra non è solo una lotta "contro", né tanto meno localista.
Avete sviluppato e proposto valide alternative, quelle che Gandhi chiamava
"programma costruttivo". Non tutti ne sono al corrente. Dobbiamo raccogliere
altri contributi e rendere questo progetto ancora più preciso, coinvolgente e
partecipato, sino a convincere persino coloro che oggi sono indifferenti, sordi
o addirittura ostili. E' quanto chiediamo alle controparti politiche, locali e
nazionali: fate un passo indietro, accettate di dialogare serenamente,
costruttivamente e con autentica competenza. Sarà di beneficio per tutti quanti,
perché esistono alternative! Se qualche volta siete presi da sconforto e
disperazione, se non vedete via d'uscita da questo tunnel, al tempo stesso
metaforico e reale, ricordatevi di coloro che prima di voi e di noi hanno saputo
lottare con metodi nonviolenti: il loro successo è giunto nei momenti più
insperati. Continueremo a lottare,
perché questa è la cosa giusta; grideremo la verità al potere, perché in realtà
il re è nudo; non vi lasceremo soli, perché come ci hanno insegnato don Milani e
Aldo Capitini questa lotta ci
riguarda.