Torino, 12/7/2005

 

 

 

 

Egregio Sig. Direttore,

                                   notiamo che, sia pur timidamente, sembra avviarsi sui quotidiani, e segnatamente su quello da Lei diretto, un dibattito di merito sul problema del TAV attraverso la Valle di Susa. L’occasione di tutto ciò è ovviamente stata la straordinaria e corale mobilitazione degli abitanti della valle, ma se anche noi, con qualche ragionamento, abbiamo potuto contribuire ne siamo lieti. Le pagine torinesi del Suo giornale hanno ospitato recentemente una presa di posizione di un gruppo di intellettuali e, oggi (12 luglio), un autorevole intervento dell’assessore regionale ai trasporti, che, almeno in parte, rispondono a nostre considerazioni, non note ai Suoi lettori. Vogliamo sperare che ci venga consentito di controargomentare e che non si torni a dare l’impressione che vi sia una posizione “ovviamente” giusta ed una “ovviamente” sbagliata, tanto da non meritare di essere esposta.

Un limite che ci pare persista nelle citate prese di posizione sta nel proporre affermazioni molto nette senza portare dati a riprova.

Una di queste affermazioni ricorrente riguarda l’isolamento di Torino e del Piemonte. Esistono dati che mostrino che le difficoltà economiche passate e recenti della nostra regione siano dovute alla, o aggravate dalla, difficoltà a far affluire e defluire persone e merci? Noi non ne conosciamo, ma se qualcuno volesse fornirli ci piacerebbe analizzarli con quello spirito critico che è il sale della ricerca.

Un secondo punto delicato è quello del vantaggio ambientale che il TAV porterebbe grazie alla riduzione del traffico merci su strada attraverso le Alpi. In realtà vi è uno studio specifico effettuato da SETEC economie, nell’ambito dei lavori della Commissione Intergovernativa, che conclude che l’apertura del tunnel TAV porterebbe di per sé ad un trasferimento di merci strada-rotaia nell’ordine del quattro per mille del volume di traffico (insomma 16 dei 4000 camion giornalieri attuali). Lo studio prosegue analizzando i provvedimenti necessari per ottenere un trasferimento più sostanzioso e rileva che sono tutti di natura coercitiva e comportano costi aggiuntivi.  Come correttamente ricorda l’assessore Borioli l’operazione si può fare solo se imposta. Ha la Regione le competenze e l’intenzione di vietare il transito dei TIR attraverso i valichi? A carico di chi si porrebbero i costi aggiuntivi?

Per spostare le merci su ferrovia occorre che ciò avvenga all’origine del viaggio e per ottenerlo l’Europa (e ovviamente i singoli paesi) deve intervenire penalizzando economicamente il trasporto merci di lunga percorrenza su strada. C’è traccia di una simile politica europea?

Una terza affermazione ricorrente pro-TAV ricorda che le grandi opere pubbliche non si possono valutare con gli ordinari criteri di economicità. Vero: in effetti bisogna considerare anche gli effetti collaterali (esternalità) e indotti. Non per questo è legittimo rifuggire da ogni stima e quantificazione, specialmente in un paese con un debito pubblico che veleggia verso il 108% del PIL. Insomma non si può sostenere un’opera come il TAV semplicemente affermando che è indispensabile e che in definitiva a qualcosa servirà. C’è in tutto ciò un pregiudizio ideologico a favore di grandi opere, infrastrutturali o meno, pensate essenzialmente per il concreto interesse di chi le realizza: ciò mentre il picco di massima estrazione petrolifera, atteso entro pochi anni, renderà del tutto anacronistico e inefficiente questo gigantismo infrastrutturale

 

Distinti saluti

    

      Roberto Burlando  Dipartimento di Economia, Università  di Torino

      Enrico Camanni     Direttore de “L’Alpe”

      Claudio Cancelli    Dipartimento di Ingegneria Aeronautica e Spaziale, Politecnico di Torino

      Luca Mercalli         Presidente Società Meteorologica Italiana                                                

      Marco Revelli        Dipartimento POLIS, Università del Piemonte Orientale                                  

      Giuseppe Sergi     Dipartimento di Storia, Università  di Torino                                      

      Angelo Tartaglia    Dipartimento di Fisica, Politecnico di Torino