La reazione di sindaci e comitati: settembre di lotta, il clou a Chiomonte
di Marco Giavelli da
Luna Nuova del 27/8/10 – pag. 3
Il progetto preliminare della Torino-Lione, solo quello della tratta internazionale, è arrivato sul tavolo dei sindaci. Ltf lo ha consegnato ai comuni interessati dal tracciato il 10 agosto scorso, «guarda caso nel pieno delle ferie, quando tutto si ferma - denunciano diversi amministratori con grande amarezza - noi abbiamo 60 giorni dì tempo per presentare le osservazioni e così una quindicina ce li siamo già persi per strada, non certo per colpa nostra».
Dunque tutto ciò che già si sapeva sul tracciato è ora tradotto su carta. Anzi, su file: ciascun comune ha ricevuto ben 18 giga di materiale informatico tra mappe, relazioni e documenti caricati su un hard disk portatile, per un totale di pagine che supera di gran lunga il migliaio. Il tracciato è quello che ormai conoscono anche i sassi. In bassa valle Vaie, Chiusa e S.Ambrogio sono i comuni destinati a subire l'impatto maggiore: i tre sindaci sono già decisi ad organizzare a breve un'assemblea pubblica congiunta per far vedere alla popolazione quale futuro riserva questo preliminare. Domani si incontreranno per definire tempi e modalità.
«Ma oltre ad
informare i cittadini e a presentare le nostre osservazioni al progetto -
osserva il vicesindaco di Vaie, Enzo Merini - adesso serve davvero un'azione
politica forte, possibilmente a livello di valle». Il presidente della
Comunità montana, Sandro Plano, annuncia non a caso che la prossima settimana
convocherà un'assemblea dei sindaci per fare il punto e provare a concordare
una strategia politica unitaria. Ieri pomeriggio, invece, i tecnici della
commissione Tav della Comunità montana hanno iniziato ad esaminare la
documentazione in vista delle osservazioni.
Ma se per quanto
riguarda il tracciato non ci sono sorprese, dal preliminare emergono numeri
"da capogiro" che preoccupano non poco i sindaci e il movimento No
Tav. «La zona tra la montagna dì Vaie e Chiusa sarà un esproprio permanente
di terreni - fa notare Merini, che snocciola alcuni dati significativi - quasi
50mila metri quadri a Vaie e quasi 300mila a Chiusa, in una zona dove la linea
correrà a 15-18 metri di profondità dal piano campagna. Le due talpe che
lavoreranno tra Vaie e Chiusa, oltretutto su terreni alluvionali a rischio
sprofondamento, consumeranno qualcosa come 13mila kilowattora e necessiteranno
di 2 milioni di litri d'acqua industriale al giorno. Dalla parte bassa del
tunnel dell'Orsiera si prevedono venute d'acqua che variano da 170 a 350 litri
al secondo. Inoltre la sorgente del Penturetto, lo dicono loro, è a rischio
essicazione. Senza dimenticare che tutta la zona della Pradera è sotto una
frana attiva. Inquietante anche il capitolo case ed edifici: 350 tra Chiusa e
Vaie, in particolare nella parte vecchia di via Torino, sono a rischio
vibrazioni sia in fase di scavo che in fase d'esercizio, anche se secondo i
progettisti si tratta di "vibrazioni nella norma"».
Impressionanti anche i
numeri relativi ai flussi dei mezzi pesanti nella sola città di Susa, visto che
il materiale di scavo estratto dalla galleria della Maddalena, dal tunnel di
base e dal tunnel dell'Orsiera andrà a finire in parte alla Carrière du
Paradis, in parte a Cantalupo (Meana) utilizzando come siti di deposito
temporaneo Prato Giò (Giaglione), da dove partirà la teleferica per la Carrière
du Paradis, e l'autoporto di Susa. «Nel primo anno si parla di 183 camion al
giorno per un totale di 683.147 tonnellate di materiale - dice Alberto Perino,
uno dei leader del movimento No Tav, citando alcuni dati presi dal progetto – i
camion saranno un centinaio il secondo anno, mentre nel terzo si passerà
addirittura a quasi un migliaio di passaggi da e per i vari siti perché entrerà
in funzione anche Prato Giò, poco sopra il presidio di Venaus».
Perino si chiede anche
che fine farà l'autoporto di Susa: «Quella è un 'area strategica per un
'autostrada, utilizzata come punto di raccolta dei tir ogni volta che al
traforo si verifica qualche problema. Qui verrà depositata una valanga di
smarino, ma nel progetto nessuno dice che fine farà l'autoporto». Intanto
il movimento sta già preparando un "settembre di lotta", che
culminerà nel week-end del 10-12 prossimi in una marcia nella zona tra
Chiomonte e Giaglione: ieri sera il coordinamento dei comitati si è riunito
proprio per stabilire il programma della tre giorni.
Il coordinamento delle
liste civiche sta invece pensando ad una campagna informativa sui contenuti
del progetto. Martedì scorso gli amministratori vicini al movimento No Tav si
sono riuniti a San Didero, mercoledì prossimo si ritroveranno a
Villarfocchiardo: «Questo è l'ennesimo progetto imposto dall'alto, ancora
più di quello precedente - attacca Luigi Casel, coordinatore delle liste
civiche di valle - citano più volte quello che chiamano "accordo di Pra
Catinat" anche se nessun consiglio comunale ha mai condiviso quel
documento. Anzi, molti lo hanno rigettato. E un progetto devastante che non ha
la condivisione del territorio e su questo punteremo la nostra campagna
d'autunno, lanciando una serie di serate per informare la popolazione e
stimolare la mobilitazione».
«Più che un
progetto, mi pare la solita provocazione d'agosto - commenta il sindaco di
Vaie Lionello Gioberto - un'operazione di marketing in cui fanno di tutto
per non far emergere che si tratta di un 'opera molto impattante, ma non
pensino di convincerci. Se col vecchio progetto si devastava la piana di
Bruzolo, adesso tocca alla piana tra Vaie, Chiusa e Sant'Ambrogio». Poi chiede
una parola chiara ai colleghi sindaci che a gennaio avevano deciso di rimanere
nell'Osservatorio: «Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano di questo
progetto: se lo condividono lo dicano senza remore, altrimenti prendano le
distanze pubblicamente».
Tra questi c'è anche Antonio Ferrentino, sindaco di Sant'Antonino, l'unico tra i sindaci della maggioranza di Comunità montana ad aver nominato un proprio tecnico. Nei mesi scorsi anche lui non aveva nascosto le sue perplessità, ma per ora l'ex presidente della bassa valle preferisce sospendere il giudizio: «Restano grosse criticità su Rivalta e nella zona delle Chiuse, ma con la nuova formulazione dell'Osservatorio i nostri tecnici non avevano mandato per interloquire a nome di territori diversi da quello di Sant'Antonino. Questo è stato anche il grosso limite dell'Osservatorio negli ultimi mesi. Ma quello che mi preoccupa di più è che manca una visione d'insieme della questione, così come manca l'interlocuzione politica sia con il governo che con la Regione, da cui non siamo mai più stati convocati: non si muove nulla e ogni comune deve arrangiarsi per sé».