Puntuali
come ad ogni Gennaio, pare che i pasdaran del TAV vogliano fare del 2008 "l’anno
decisivo per l’avvio della Torino-Lione".
Puntando sui soliti pretesti infondati.
Aveva iniziato Salvatore Tropea, su Repubblica, in occasione
dello sciopero dei camionisti di Dicembre 2007, affermando che le criticità
di approvvigionamento per supermercati e distributori di benzina, evidenziate
dal blocco, non sussisterebbero se ci fosse già il TAV; gli ha risposto
sullo stesso giornale, egregiamente, Luca Mercalli, ricordando tra l’altro
che i camion saranno sempre indispensabili, posto che nessun binario sarebbe
mai ramificato fino a raggiungere i vari centri commerciali e le aree di servizio.
Ha proseguito il supersindaco Chiamparino, in occasione dell’incontro
pre-natalizio coi giornalisti, ripetendo l’antica solfa: “Il
2008 è anno cruciale per il TAV: devono aprire i cantieri, o perderemo
il finanziamento UE”. Ma ha anche voluto dimostrare di essere aggiornato,
sciorinando una versione soft della nuova “verità mediatica”
(priva di reale fondamento) del fronte pro-TAV governativo: “Sono
fiducioso perche' il lavoro dell'Osservatorio e' stato buono e l'atteggiamento
dei sindaci della Valsusa e' collaborativo''
I veri mandanti del rinnovato pressing, però, quelli per cui i succitati
si affannano, sono i soci di Confindustria.
Nel Sole 24 ore del 2 Gennaio, l’inserto Nord-Ovest contiene un’analisi
sulle prospettive economiche dell’anno nuovo: vi si legge che i maggiori
ostacoli allo sviluppo, nella percezione degli imprenditori di Piemonte, Liguria
e Valle d’Aosta, sono la carenza di infrastrutture (20,7%), la burocrazia
e la pubblica amministrazione (20,3%) e la pressione fiscale (19%). In testa,
dunque, ancora i timori di isolamento: “Torino e il Piemonte corrono
il serio pericolo di essere definitivamente emarginati dalle grandi linee di
traffico e di comunicazione, con l’inevitabile declino che ne consegue”.
Si potrebbe pensare ad un’ansia irrazionale, patologica, di chi non sapendo
trovare in proprio uno sbocco futuro è portato a cercare sia colpe, sia
aiuti, “all’esterno”; ma questa artefatta preoccupazione fatica
a mascherare il consueto fine di mettere in qualche modo le mani sui soldi dei
contribuenti italiani ed europei e farne “valore aggiunto per gli azionisti”:
è in fondo questo che Chiamparino disvela con brutale franchezza.
Chi lo dice, per favore, a questi signori ed ai loro cavalier-serventi
che, se davvero i collegamenti sono attualmente deficitari, sulla ferrovia già
esistente tra Torino e Lione si possono aggiungere almeno 156 treni giornalieri
agli attuali 70?
E’ vero che sta scritto sul quaderno n. 1 dell’Osservatorio Tecnico
che tanto lodano, ma evidentemente non hanno interesse a leggerlo…