di Maria Matteo
Mercoledì 3 agosto,
Avigliana. Intorno alle 9 del mattino una settantina di No Tav si ritrovano all'hotel Ninfa, uno degli alberghi che
hanno accettato di ospitare le truppe
di occupazione asserragliate alla
Maddalena di Chiomonte nel fortino costruito dai collaborazionisti dell'Italcoge. Un appalto che non ha portato
fortuna alla ditta di Lazzaro, che
proprio il giorno precedente era stata dichiarata fallita. I No Tav sono armati di tutto punto: pentole,
coperchi, fischietti, vuvuzuelas,
megafonino e striscione con la scritta "via le truppe di occupazione!". Si piazzano davanti all'ingresso e
cominciano a fischiare e battere. Un
classico cacerolazo.
Dalle finestre si affacciano alcuni poliziotti e cominciano a scattare foto. I No Tav fanno un giro intorno all'albergo, continuando a battere e a scandire slogan "giù le mani dalla Val Susa!". Il concerto continua per circa un ora - con una breve interruzione per far passare una famiglia con una ragazza gravemente disabile. Poi si va. Mentre i No Tav si allontano i poliziotti dell'albergo, veri cuori di leone, si precipitano giù brandendo macchine fotografiche, alcuni si gettano addirittura sulla statale provocando scompiglio tra le auto di passaggio. Nel frattempo arrivano i rinforzi. Anche loro armati di tutto punto: manganello, pistola, manette e libretto delle contravvenzioni. 16 No Tav, gli ultimi a salire in auto, vengono intercettati e fermati dalle forze del disordine statale. Un'operazione in grande stile. Per oltre due ore si consuma il primo atto della vendetta: una pioggia di contravvenzioni si abbatte sugli autisti: dalle cinture non ancora allacciate di chi era appena salito sulla propria vettura al fanalino rotto.
Poi scatta la seconda fase. Tutti
sono caricati sui cellulari e portati in
corso Tirreno a Torino per l'identificazione. Sui giornali on line compare la versione addomesticata della
Questura, subito fatta propria dai
giornalisti di turno a Stampa e Repubblica: si
parla di irruzione nella hall dell'albergo, di dipendenti intimoriti
e minacciati. Pura fantascienza:
peccato che non compaia su una
pubblicazione specializzata ma su quotidiani di informazione. I 16 pericolosi battipentole vengono
trattenuti dalla polizia per l'intera
giornata. Un presidio solidale si raduna in corso Tirreno dove
viene esposto uno striscione "No
Tav - Liberi tutti!".
A gruppi i No Tav vengono
trasferiti nella sede centrale della questura
torinese, in via Grattoni. Lì li perquisiscono, schedano con foto segnaletiche e rilevazione delle impronte.
Tutto l'apparato della questura
torinese contro chi ha osato disturbare i sonni dei poliziotti. Nel tardo pomeriggio scatta la terza fase.
Perquisizioni domiciliari per cercare
armi nelle case di tre dei fermati, due attivisti di Collegno e una No Tav di Pinerolo. Al nostro compagno
Aldo hanno anche perquisito l'auto.
In tutte e tre le case sono state trovate le armi usate in mattinata
dai No Tav: pare che tutti avessero un
robusto arsenale di pentole, mestoli e
coperchi.
In serata il presidio solidale si
sposta in via Grattoni. Uno ad uno i No
Tav vengono rilasciati. Per tutti è
scattata la fase quattro della vendetta: escono brandendo i fogli con una denuncia per violenza aggravata
in concorso. Ciliegina sulla torta una
pioggia di fogli di via. Per tre francesi
l'espulsione dall'Italia, per gli altri, tranne uno, il divieto ad
andare nei comuni di Avigliana, Susa,
Gravere, Chiomonte, Giaglione, Exilles.
Siccome le denunce non bastano a tenere lontani dalla lotta i No Tav,
la questura torinese ricorre ai vecchi
strumenti della polizia fascista, che
quella "democratica" si è ben guardata dal cancellare. È
sufficiente che un poliziotto dica che
sei pericoloso e metta una firma. In via
extragiudiziale sei condannato: ti viene impedito di manifestare il
tuo pensiero e di opporti al
supertreno. Nel pomeriggio anche a tre
No Tav fermati nella zona della baita Clarea
vengono appioppati alcuni fogli di via.
Una No Tav torinese, uscendo dalla
questura ci comunica la sua
indignazione per le umiliazioni subite. La abbracciamo forte forte.
Nel pomeriggio avrebbe dovuto occuparsi
del nipotino, ma non ha potuto. Ci
piace pensare che da grande il bambino sarà orgoglioso di sua
nonna. Se il domani sarà meno oscuro
dell'oggi che siamo forzati a vivere, sarà
grazie alla lotta di tanti uomini e donne, giovani, meno giovani ed anziani che sanno che la libertà non si
mendica ma si prende. E sono disposti a
pagare il prezzo.
La lotta non si ferma. Oggi tre No
Tav, per protestare contro la
militarizzazione e la repressione si sono incatenati al cancello
che chiude la strada dell'Avanà a
Chiomonte, nei pressi del presidio
"Gravela". Uno di loro digiuna da 12 giorni e - da oggi - ha
smesso anche di bere. L'invito è di andare a Chiomonte per
sostenerli.
In serata, sempre al presidio
"Gravela" di Chiomonte si terrà la prima della serate sulla militarizzazione. La conferenza "Da Kabul a Chiomonte. La guerra dell'Italia
in Afganistan" sarà tenuta da
Marco Rossi, autore di "Afganistan senza pace". Appuntamento alle 21.