VAL
DI SUSA / SQUILLI DI RIVOLTA
Dal
percorso ai rischi ambientali, il governo Berlusconi non ha mantenuto gli
impegni sulla Tav in Piemonte.
E
sembra pensare soltanto alle gallerie. Per questo sindaci e comitati scendono di
nuovo sul piede di guerra.
Erano
stati garantiti interventi per migliorare la linea passeggeri esistente che
invece cade a pezzi.
Il
coordinamento con le comunità locali non si è visto. E a Roma domina la torta
miliardaria.
di Riccardo Bocca
da L’Espresso del 9/10/09 – pagg. 78-82
Basta guardarsi attorno, per capire che aria tira. Basta alzare gli occhi a destra, appena infilata la Val di Susa, Piemonte vecchio stampo, quadrato, testardo e genuino, in cui primo secondo e caffè costano ancora 10 euro, e leggere la scritta che campeggia sul monte Musiné: «No Tav, no mafia». Uno slogan ripetuto più volte, lungo i 90 chilometri che da Avigliana portano al confine francese. Ecco il comune di Sant'Ambrogio, poche case in fila sulla strada, con le bandiere No Tav che sventolano dai lampioni. Ecco Venaus, due passi più a nord, con la sua rabbia compressa in frasi come "Resistere per esistere", "L'Alta velocità non si fa, punto e basta", "Val di Susa libera". Fino agli insulti, alle parole in spray nero sulla statale che recitano: "Virano viscido ruffiano". Dove Virano di nome fa Mario, ed è l'architetto al vertice dell'Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione, tavolo di concertazione tra governo, regione ed enti locali voluto nel 2005 dal terzo governo Berlusconi. Una struttura sotto schiaffo, con i No Tav che ne invocano la chiusura e spezzoni di centro-sinistra tentati di dargli ragione.
C'è un brutto
pensiero, che circola in queste ore per la Val di Susa. È il ricordo di quanto
accaduto quattro anni fa, quando migliaia di cittadini si opposero fisicamente
alla polizia e furono coperti di botte e manganellate. «Allora
contestavano i sondaggi del terreno», commenta Andrea Debernardi,
ingegnere trasportista che rappresenta nell'Osservatorio la Comunità montana
della bassa valle. «Adesso il problema è diverso: siamo alla vigilia di quest'opera
colossale, ma il governo insiste a muoversi su un doppio registro. Da un lato
firma impegni ufficiali per tutelare la valle, garantendo il dialogo a livello
locale, dall'altro pare interessato soprattutto a scavare gallerie».
Il peggio, per i
valsusini. Nessuno di loro ha dimenticato l’incomprensibile serenità con cui,
lo scorso 30 luglio, il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha avviato
la fase operativa dei lavori (vedi box). «In autunno», ha avvertito i
sindaci, «partiranno i carotaggi esplorativi». E sta mantenendo la
parola. A metà novembre, un esercito di tecnici inizierà a trapanare la Val di
Susa in 37 punti. «Dopodiché, quelli che oseranno criticare la Torino-Lione,
verranno spacciati per nemici della modernità, contrari al famoso Corridoio 5
che dovrebbe collegare Lisbona a Kiev», prevede Angelo Tartaglia, docente
di Fisica al Politecnico di Torino e membro dell'Osservatorio. «La verità è
un'altra: molti amministratori, studiosi e cittadini della Val di Susa sono
scettici, profondamente scettici sulla Tav, perché sanno di cosa si tratta. I
politici nazionali, no: dicono "evviva, avanti tutta, lanciamoci verso la
grande Europa". Ma in totale ignoranza, pensando solo ai finanziamenti
che si potranno ottenere».
Parole dure, amare. In
linea con una vicenda sempre in bilico tra sospetti e polemiche. Fin dai
primi anni Novanta, quando le Ferrovie italiane hanno ipotizzato di collegare
Torino e Lione con una linea super-veloce. «Progetto suggestivo ma presto
abortito», dice Antonio Ferrentino, sindaco di Sant'Antonino di Susa oltre
che presidente in uscita della Comunità montana della bassa valle. «La
ragione è semplice: le previsioni, in quel momento, mostravano che il traffico
passeggeri non sarebbe cresciuto a sufficienza per un'impresa tanto imponente».
Così si è cambiata idea, passando dal pianeta dei viaggiatori a quello
dell'Alta capacità, dedicata soprattutto al traffico merci. «Nel 2001»,
racconta l'ingegner Debernardi, «Italia e Francia hanno sottoscritto un
trattato per progettare la nuova linea, con tanto di tunnel transalpino lungo
50 chilometri». Doveva essere il primo passo per un futuro di tecnologia e
integrazione, e invece quattro anni dopo 60 mila valsusini sono scesi in strada
a manifestare contro la Tav. «Per varie e non banali questioni»,
ricorda Stefano Lenzi, responsabile del settore legislativo Wwf: «partendo
dal rischio amianto, passando per i dubbi sull'utilità dell'opera - tuttora
irrisolti -, fino alla tutela ambientale di un fondovalle largo nel suo punto
massimo un chilometro e mezzo, e già attraversato da una linea ferroviaria,
due statali (24 e 25), una provinciale e l'autostrada del Frejus».
Un dato è certo, a
prescindere dagli schieramenti pro o contro Tav. Se in questa fine 2009 la
Torino-Lione è ancora materia incandescente, in Val di Susa, capace di
spaccare in due alla vigilia delle elezioni locali (7 novembre) il Partito
democratico, con gli amministratori valligiani ostili all'opera e i vertici
romani che li scomunicano sui giornali, è perché qualcuno non ha mantenuto le
promesse. «E quel qualcuno si chiama governo», ammettono gli stessi
tecnici dell'Osservatorio. Niente a che vedere con la miopia retro di qualche
estremista, o con l'egoistica sindrome Nimb («Not in my backyard, Non nel mio
giardino»). Piuttosto, riconosce il trasportista Debernardi, «si è
disatteso, quasi completamente, il documento chiave dell'Osservatorio, intitolato
"Punti di accordo per la progettazione della nuova linea e le nuove
politiche di trasporto"». Sei pagine dove, nel giugno del 2008, il
presidente Virano ha indicato le conclusioni del suo gruppo di lavoro.
Sottolineando, nero su bianco, «l'indispensabilità di un coordinamento rigoroso
di tutti gli interventi trasportistici concordati, degli impegni assunti con le
comunità locali, e delle logiche progettuali relative agli aspetti tecnici e
paesaggistici, territoriali e ambientali».
«In pratica»,
sintetizza il professor Tartaglia, «un'assicurazione a 360 gradi che gli
enti locali e il governo avrebbero lavorato assieme: sia in Val di Susa, sia
nella tratta che attraverso l'hinterland raggiunge Torino». Premesse a cui
l'Osservatorio ha fatto seguire un elenco delle priorità da rispettare. Ad
esempio, la ratifica del Protocollo trasporti della Convenzione alpina (alla
quale aderiscono anche Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Germania,
Principato di Monaco e Liechtenstein). «Lo scopo era fornire una cornice
giuridica al trasferimento del traffico dalla strada alla rotaia»,
spiegano gli esperti, «rinunciando nel frattempo alla costruzione di nuove
autostrade transalpine». Ma le parole sono rimaste parole: «Lo scorso
aprile», dice Debernardi, «il protocollo è stato approvato dal Parlamento
europeo, mentre la ratifica italiana sta tardando ad arrivare».
Stesso problema, per
altri punti essenziali del documento di Pra Catinat. Ad esempio, riguardo
all'impegno preso per «il progressivo aumento, a partire dal 2009, della
quantità e qualità del servizio ferroviario passeggeri della linea storica»,
con «l'intervento straordinario sulle stazioni» e il miglioramento
di«efficienza e comfort». Promesse apprezzate dai politici locali, ma che
suonano grottesche arrivando nella stazione di Susa. Qui, dei tre binari
esistenti due sono interrotti, recisi materialmente, e nessuno si è messo
all'opera per riattivarli. Di più: nella costante penuria di treni, le rotaie
sono occupate da cassette di polistirolo, preservativi, lattine. Per non dire
della sala d'aspetto o della facciata, in condizioni imbarazzanti.
«Scrivetelo, per
favore! Spiegatelo che non siamo folli rivoluzionari, ma soltanto cittadini in
allarme...», chiede il No Tav Claudio Giorno sotto al patio del presidio di
Borgone, nella bassa valle. «La cosa che pochi sanno, fuori dalla Val di
Susa, è che a gennaio 2009 il governo ha siglato un accordo con la Regione
Piemonte per favorire il trasferimento modale (da strada a rotaia) e
finanziare il sistema ferroviario torinese». Ma nonostante questo, aggiunge,
«nessuno ha visto i 200 milioni che avrebbe dovuto stanziare il ministero
delle Infrastrutture: soltanto 500 mila euro, sono previsti dallo Stato.
Briciole, in confronto al necessario, una presa in giro che ci offende e
demoralizza...».
«È vero»,
ammette il presidente e commissario straordinario dell'Osservatorio Virano, «il
governo non ha ancora rispettato tutti gli impegni presi. Ma ciò non significa
che non lo farà. E comunque, l'Osservatorio continua a lavorare per una
gestione condivisa dell'opera». Un impegno apprezzabile, anche se rischia
di perdersi tra mille contraddizioni. Per dire: «Nel documento di Pra
Catinat», nota il Wwf, «si invita alla graduale limitazione dei mezzi
pesanti sulle strade alpine, essenziale in Val di Susa perché il trasporto si
sposti dai camion ai vagoni». Eppure il governo «ha fatto finta di
niente», denunciano gli ambientalisti: «Anzi: continua a spingere nella
direzione opposta, incentivando gli autotrasportatori con la legge 133 del
2008, che garantisce contributi pubblici contro gli aumenti del gasolio».
Dopodiché non è
difficile, per i paladini dell'anti-Tav, raccogliere applausi e voti in valle e
nel torinese. Basta che elenchino le promesse fatte dal governo, o i buoni propositi
dell'Osservatorio, e li confrontino con la realtà. «Sia chiaro, non vogliamo
bocciare a priori la Torino-Lione», precisa Nicola Pollari, sindaco Pd di
Venaria, 35 mila abitanti alla periferia nord ovest di Torino, «ma nemmeno
permettere che siano umiliati i territori». A Venaria, dice il sindaco, lo
spauracchio è che l'Alta capacità strangoli ulteriormente la cittadina, già
assediata da infrastrutture ingombranti come una tangenziale, l'autostrada,
più tre linee ad alta tensione. E poco cambia, spostandosi nella vicina
Rivalta. «Il punto di domanda», sostiene il sindaco Amalia Neirotti,
presidente piemontese dell'Anci(Associazione nazionale comuni italiani), «è
se la Tav possa davvero incentivare l'economia locale, oppure è soltanto un
treno che corre veloce». Poco distante dal suo ufficio, indica una delle
tante incognite Fiat: «un'area in semi disarmo, pari a un milione 750 mila
metri quadrati, che potrebbe in teoria beneficiare della Tav, se qualcuno si degnasse
di ragionare a un tavolo». Qualche chilometro a fianco, invece, si accede
liberamente all'interporto di Orbassano, indicato dall'Osservatorio come
punto focale per il carico e lo scarico delle merci. «Uno spettacolo
desolante», dice il No Tav Alberto Poggio. Poi cammina tra i pochi treni
presenti e i tanti binari morti, arrugginiti, in parte smantellati.
Riuscirà tutto questo a diventare in tempi accettabili la fantastica Tav? Riusciremo, ammesso che cresca il traffico verso nord di persone e materiali, e che la grande opera si riveli sensata, a garantire standard internazionali? Dura, molto dura suggeriscono i numeri. Soltanto la tratta comune, quella con il tunnel di oltre 50 chilometri e relativa galleria geognostica (che il governo preme per realizzare, nel comune di Chiomonte, ancor prima che venga fissato definitivamente il tracciato) costerà a Italia e Francia 9 miliardi 820 milioni di euro (vedi scheda). Ma questo scoglio non spaventa i politici. Al contrario: «Tutta la storia della Tav, in Italia, è fatta di soldi che non c'erano e che non sono mai arrivati», sorride l'esperto di Alta velocità Ivan Cicconi. Dunque preferiscono guardare altrove, i palazzi romani: magari ai 671,8 milioni di euro con i quali l'Europa sponsorizza la tratta comune al confine (affidata alla società Ltf, Lyon Turin Ferroviaire), o ai 52 milioni 740mila concessi dalla Ue al segmento italiano. «Cifre importanti, che meriterebbero condivisione e trasparenza», sottolinea Antonio Ferrentino, della Comunità montana della bassa valle: «non il clima da inciucio e prepotenza che stiamo vivendo».
Il riferimento,
esplicito, è alla legge Obiettivo: quella che consente al governo di realizzare
grandi opere senza coinvolgere direttamente gli enti locali nei progetti preliminari
(e, a ruota, nelle valutazioni di impatto ambientale). «Quattro anni fa»,
ricorda Ferrentino, «la presidente del Piemonte Mercedes Bresso ha
applaudito l'uscita da questa procedura, in nome "del dialogo e della concertazione".
Oggi, la stessa Bresso, da il via libera come Virano per riportare la
Torino-Lione in quella legge scivolosa». Un esempio, conclude Ferrentino,
«della coerenza in campo». E una provocazione per la gente della Val di
Susa: «ancora più esplosiva, quando arriveranno sul posto le trivelle
ministeriali».
----------------------
Attualmente non esiste
ancora il tracciato definitivo della Tav in Val di Susa. C'è un'indicazione
provvisoria che riguarda la tratta comune italo-francese, presentata all'Unione
europea dalla società Lyon Turin Ferroviaire (Ltf). Un documento importante,
perché specifica come la linea ad Alta Capacità potrebbe innestarsi tra le
statali, la provinciale e l'autostrada preesistenti. Partendo dall'imbocco
della valle, Ltf pensa di affiancare alla vecchia linea ferroviaria quella
nuova interrando entrambe fino al comune di Villar Focchiardo, dopodiché una
galleria perforerebbe il massiccio dell'Orsiera sbucando nei pressi dell'ex
autoporto di Susa, da dove attraverserebbe in diagonale la valle entrando poi
nel tunnel di oltre 50 chilometri che porterebbe dall'Italia alla Francia. Uno
dei punti che gli ambientalisti No Tav contestano, in tutto questo, è che non
ci sia ancora un'analisi di costi e benefici, (il presidente dell'Osservatorio
Mario Virano, da parte sua, assicura si farà a progetto definito). E
altrettanto indigeribili, di recente, sono risultate le parole del ministro
delle Infrastrutture Altero Matteoli, il quale ha dichiarato che se non si
partirà con il tunnel della Val di Susa, si arriverà alla paralisi del traffico
in una decina d'anni. Per tutta risposta Angelo Tartaglia, docente di Fisica al
Politecnico di Torino e membro dell'Osservatorio, gli ha risposto via lettera:
«Lei ha detto che questo allarmante scenario non era rappresentato alla
leggera, ma derivava da studi effettuati da suoi consulenti (...). La
prego dunque di far cortesemente pervenire all'Osservatorio gli studi e le
analisi di cui dispone». Testi attesissimi, sorride Tartaglia, ma ancora
non pervenuti...
SCHEDA
----------------------
Stima dei costi, in milioni di euro, dei
lavori per la nuova linea Lione-Torino
_______ Importo lavori Finanziamento Ue
Tratto francese 4.300
Tratto comune 9.820 671,8
Tratto italiano 3.700
TOTALE 17.820