Fortino da demolire: Ecco l’ordinanza.
Notificata
dal Comune di Chiomonte alla No Tav Marisa Meyer.
di Massimiliano
Borgia da Luna Nuova del 16/11/10 – pag. 3
Il Comune di Chiomonte ha ufficialmente notificato l’ordinanza del sindaco che ingiunge la demolizione del presidio No Tav della Maddalena. L’ingiunzione è rivolta alla persona che figura come proprietaria del terreno: Marisa Meyer, l’attivista No Tav che aveva sottoscritto l’atto d’acquisto del pezzo di terra “donato” da un proprietario solidale con il movimento e che ora è la proprietaria risultante a catasto.
L’ordinanza è datata
11 novembre; la notifica è di sabato, 13 novembre. Dalla data dell’ordinanza i
No Tav hanno 90 giorni per demolire il fabbricato a loro spese e ripristinare i
luoghi. La demolizione deve quindi avvenire entro l’11 febbraio. Se non verrà
demolita il Comune potrà acquisire gratuitamente sia il fabbricato sia “l’area
di sedime” di 250 metri quadrati, “calcolata tenendo conto dei parametri
urbanistici ed edilizi necessari per rendere indipendente e funzionante la
struttura”. Poi, potrà procedere esso stesso alla demolizione, mantenendo la
proprietà del terreno.
Secondo gli
accertamenti del comune il fabbricato, lungo 6,90 metri e largo 4,90 metri e
realizzato in località “Clarea”, sorge in “zona agricola”(secondo la
classificazione del Prg). Inoltre è compresa a metà tra un parziale vincolo
geologico e un vincolo idrogeologico.
Ma il fatto che sia
classificata come zona agricola con queste caratteristiche non vuole dire che non
si può costruire davvero nulla. Il piano regolatore prevede, infatti, che nelle
zone soggette a questi vincoli “la realizzazione di nuove costruzioni riguarda
esclusivamente gli edifici per attività agricole e residenze rurali ad esse
connesse e sarà possibile qualora i necessari studi di approfondimento
geologico condotto a scala locale, escludano condizioni di pericolosità
geomorfologica”.
Ma la zona è anche
soggetta a un vincolo ambientale (dove ogni modifica del territorio è soggetta
ad autorizzazione regionale) in quanto è all’interno della fascia di rispetto
paesaggistico del torrente Clarea (che le dighe in questi giorni hanno potuto
impunemente prosciugare) ed è compresa in zona sismica. Le violazioni sarebbero
quindi tre: una violazione delle norme urbanistiche (mancanza di permesso di
costruire); la violazione del vincolo paesaggistico (mancanza di autorizzazione
regionale); la violazione del vincolo idrogeologico (è in zona esondabile).
Oltre alla demolizione
si rischiano anche sanzioni amministrative e una segnalazione alla Procura. È
possibile impugnare l’ordinanza di fronte al TAR (entro 60 giorni, con
possibile strascico al Consiglio di Stato) o in alternativa di fronte al
Presidente della Repubblica come organo garante dei cittadini (entro 120
giorni).
Non sfugge a nessuno
che se l’avvio dei cantieri del tunnel geognostico con l’avvenuta acquisizione
dei terreni dovrà avvenire entro il 31 marzo, basterà allungare di poco i tempi
perché la demolizione arrivi proprio a ridosso di quello che è il periodo
annunciato per l’avvio del cantiere o, come la chiamano i No Tav ei Si Tav
delle istituzioni torinesi e romane, “La madre di tutte le battaglie”.
Il pool di avvocati
valsusini e torinesi che dal 2005 difende gratis i No Tav ha già preso in mano
l’ingiunzione. In questi casi, il ricorso al Tar non è la strategia migliore
per ritardare i tempi perché la giustizia amministrativa non è poi così lenta e
soprattutto non è in grado di bloccare i tempi dell’ordinanza. La strategia
legale punterà anche a ribaltare le accuse: se ci sono vincoli, questi come
sono stati rispettati dal cantiere del tunnel?
Da Chiomonte i No Tav
annunciano comunque che la battaglia contro il tunnel partirà proprio dalla
difesa del presidio abusivo. “se non si troveranno soluzioni di mediazione
con il comune e se i ricorsi non dovessero servire, ci opporremo fisicamente
alla demolizione” – dichiara Marisa Meyer, la titolare del terreno – “Non
si può pensare che la demolizione del nostro presidio potrà avvenire senza la
nostra opposizione anche fisica”.
I No Tav sanno bene di
avere commesso un abuso e che se la legalità vale come argomento contro il Tav
deve valere anche per tutto il resto, comprese le norme ambientali e
idrogeologiche… “Non neghiamo l’abuso edilizio, ma vogliamo che tutti i
Chiomontini sappiano che siamo stati costretti a commetterlo. Non hanno mai
voluto ascoltarci, il comune è andato a patteggiare a favore del cantiere senza
garantire il territorio e la popolazione di Chiomonte, poi ci siamo trovati
nella fretta di finire entro le prime gelate la costruzione (che è già al
tetto, ndr), non potevamo metterci a discutere di permessi”.
Ma dai No Tav arriva
una proposta. “La nostra è una baita di Resistenza e di Lotta per fermare il
tunnel geognostico, ma è anche una struttura collettiva che ha grandi
potenzialità per il paese. Pensiamo di presentare al comune un progetto di
rilancio dell’intera zona che ha tutte le potenzialità turistiche ben note del
museo e sito archeologico, della coltivazione delle vigne, della
ristrutturazione dei vecchi mulini. Un progetto alternativo allo scempio che
stanno per fare con il cantiere del tunnel e in grado di garantire un numero
maggiore di posti di lavoro per i Chiomontini. Vogliamo trasformare la baita in
struttura agricola da utilizzare in un sistema turistico locale insieme alle
attività agricole e agrituristiche che sono già in piedi nella stessa zona. Qui
si possono produrre marmellate, sul Clarea si può ripristinare il mulino che a
Chiomonte produceva la base per il sidro, un mulino per la farina da polenta e
un locale per cardare la lana come si faceva una volta. Questo è il nostro
progetto per il futuro di Chiomonte, un futuro che non vediamo nella
devastazione che produrrà il tunnel.”
Alla Meyer fa eco
Francesco Richetto, tra gli oltre 50 attivisti che in questi giorni hanno
lavorato per terminare la casa. “Con la nostra proposta di un progetto per
rilanciare l’agricoltura e il turismo verde a Chiomonte il sindaco ha
l’occasione per scegliere da che parte stare. Per tutti i presidi No Tav in
questi anni si è sempre dialogato con i sindaci per trovare soluzioni che
permettessero di evitare le ordinanze di demolizione. Al sindaco di Chiomonte
chiediamo che si apra lo stesso canale di dialogo. Anche perché siamo convinti che
ai Chiomontini interessi il futuro di Chiomonte più che il braccio di ferro sul
nostro abuso edilizio”.