Estate
2008. Che l’architetto Mario Virano sia ormai arrivato molto avanti sulla sua
strada è una constatazione oggettiva, all’indomani delle ultime vicende legate
alla proposta “FARE” (Ferrovie Alpine Ragionevoli ed Efficienti) ed
all’accordo di Pra Catinat, subito tradotto dal Tavolo Politico di
Luglio nell’apertura della fase di progettazione di una nuova ferrovia.
Un
paio di obiettivi, della missione del Commissario straordinario alla
Torino-Lione, che implica divisione ed indebolimento del fronte di opposizione,
si possono dire ormai conseguiti quasi al cento per cento.
Uno:
sottrarre la trattazione del tema TAV ai Valsusini, in particolare alla
democrazia rappresentativa dei Consigli comunali (troppe le continue delibere
di opposizione in 17 anni!).
Due:
darne la gestione in esclusiva a sempre nuovi organismi extra-istituzionali (Conferenza
dei Sindaci, Tavolo Politico, Osservatorio, Cabine di
regia, Comitati di pilotaggio, Centri di governance unitaria…
e via inventando) dove le regole di partecipazione e di funzionamento, non
scritte, abbiano sì una qualche parvenza democratica, ma in realtà siano a
geometria variabile e possano essere quotidianamente adattate al bisogno del
momento (per diluire, ad esempio, la presenza di amministratori ribelli in
delegazioni sempre più ampie e variegate).
A molti di noi duole sinceramente dirlo, ma su
questi terreni i successi del Commissario sono stati possibili grazie
all’azione svolta, sul fronte della rappresentanza del territorio, da Antonio
Ferrentino che con Virano interpreta quel ruolo di “capitani del dialogo
istituzionale” per loro più che vitale: un meccanismo reciproco di continua
legittimazione della controparte che hanno costruito insieme e da cui ormai
dipende il futuro personale e politico di entrambi.
Dimostrazioni evidenti di un’azione combinata per la
sottrazione del tema TAV alle sedi democratiche si trovano ripercorrendo
brevemente, col senno di poi, alcuni passaggi chiave di quel “dialogo”
continuamente osannato da tutti i centro-destra e centro-sinistra e da ultimo
beatificato anche da Napolitano.
2006: si imposta il percorso di confronto
In realtà il “la” iniziale lo dà un terzo
protagonista eclettico, Antonio Di Pietro, che col nuovo Governo Prodi si
insedia al ministero delle infrastrutture: contribuisce subito a sparigliare le
carte ripescando vecchie ipotesi di tracciato della Torino-Lione che ne
prevedono il parziale passaggio in Val Sangone e nella cintura sud di Torino; è
il preludio al tentativo di utilizzare sbrigativamente una più che prematura ed
allargata Conferenza dei Servizi per accelerare i tempi di imposizione
dell’opera. Il tentativo alla fine non riuscirà, ma evidenzia immediatamente
come da lì in poi la rappresentanza dei territori sarà molto più eterogenea e
vedrà sedere accanto ai Valsusini altri sindaci, pregiudizialmente compiacenti
verso una nuova infrastruttura che porti compensazioni ai Comuni, soprattutto
se solo marginalmente coinvolti.
Col tempo, poi, aumentano le opzioni di tracciato
messe sul tappeto ed ogni volta il Tavolo Politico e quello dell’Osservatorio
vengono aperti alle rappresentanze delle nuove zone ipoteticamente interessate:
questa progressione è forse la chiave di volta principale del processo di
espropriazione del TAV alla valle di Susa e, parallelamente, di involuzione
democratica delle sedi decisionali. Non basta infatti più l’organismo della
Comunità Montana a coordinare la delegazione del territorio ed a Ferrentino si
presenta l’opportunità di diventare, almeno formalmente, il leader di un fronte
di amministratori ben più ampio; ci vuole però un organismo a geometria
variabile, da presiedere, che possa contenere aree dai confini istituzionali
eterogenei. Lo strumento viene trovato nella Conferenza dei Sindaci, che
in altri tempi ed altri luoghi è stata sperimentata come sede di armonizzazione
della politica sanitaria in ASL sovra-comunali.
Altro passaggio chiave nell’impostazione del
“percorso Virano” è il momento in cui Ferrentino individua i tecnici che
rappresenteranno la Comunità montana Bassa Valle Susa nell’Osservatorio:
NON li sceglie tra quei docenti ed esperti valsusini che per 15 anni hanno
supportato gratuitamente le istituzioni locali nel contraddittorio sui vari
progetti e sono tuttora la colonna portante di quel sapere diffuso che
costituisce uno dei caratteri distintivi vincenti del movimento NO-TAV, come sa
bene il Commissario.
2007: chiude i battenti il laboratorio di
democrazia
Tra il 2005 ed il 2006 in Valsusa
si era affermata una sede di dibattito tra Istituzioni locali e Comitati, che
certo con difetto di fantasia veniva chiamata Comitato di coordinamento
o Comitato Istituzionale, ma che in qualche modo rappresentava un
esperimento vicino a nuove forme di democrazia partecipata. E’ pur vero che era
Ferrentino a decidere se e quando riunirlo, e che da lui veniva saldamente
gestito, ma erano i tempi in cui l’immagine pubblica indiscussa di leader duro
dell’opposizione territoriale gli valeva la fiducia generalizzata dei
Valsusini.
Ed allora gli si potevano
perdonare eccessi caratteriali e personalismi.
Nei primi mesi del 2007, mentre si
affermava la regolarità settimanale delle riunioni dell’Osservatorio
Virano, i Comitati iniziavano a denunciare la strumentalità di quel dialogo e
l’uso politico distorto che ne veniva fatto dai media; denuncia che si
trasformava ben presto in una sempre più insistente e generalizzata richiesta
di abbandono del tavolo rivolta ai sindaci.
Da allora Ferrentino, prendendo a
pretesto il tono forse un po’ acceso e passionale di alcuni interventi, smise
di convocare il Comitato Istituzionale; con ciò il dialogo fra
amministratori e comitati fu troncato a tutti i livelli.
Intanto la Conferenza dei Sindaci ben presto
si rivela essere sede decisionale tutt’altro che trasparente: non solo non
produce verbali, ma tiene addirittura le proprie riunioni a porte chiuse.
Comitati e mezzi di informazione locale protestano, ma la situazione non
cambia.
Questo organismo si arroga il ruolo di referente
unico dei territori nei confronti del governo e della UE e solo in rarissimi
casi, quando ritiene opportuno dare maggior forza ad uno dei propri documenti
verso questi interlocutori, chiede ai Consigli comunali un’approvazione. Il
gioco funziona una prima volta (a Luglio 32 Comuni approvano delibere di
dissociazione dal dossier-progetto su cui Di Pietro chiede finanziamenti a
Bruxelles) ma alla lunga un simile utilizzo subalterno delle reali espressioni
della democrazia rappresentativa, per fortuna, non durerà.
E’ il mese di Dicembre quando 67 amministratori
valsusini (sindaci, assessori, consiglieri che rapidamente diventano 87 e poi
97) producono uno strappo nell’immagine, continuamente spinta dai media, di una
valle convertita al TAV, affascinata dal dialogo istituzionale e da Virano: in
un documento chiedono un'assemblea degli eletti della valle in cui discutere e votare
l'ipotesi di abbandonare i lavori dell'Osservatorio. Ferrentino respinge
la richiesta con la seguente motivazione: una tale assemblea non potrebbe avere
alcun valore decisionale.
2008: come e dove trovare quel consenso alla
nuova linea, che in realtà nella valle non c’è?
Lo spettacolo di illusionismo dei sempre più numerosi
tavoli extra-istituzionali regge fino ad un certo punto; i nodi del percorso
non democratico nella concertazione Virano-Ferrentino sono ormai venuti al
pettine.
Proprio su questo nervo scoperto la sensibilità in
valle è massima; uno dei passaggi dell’accordo di Pra Catinat che più ha
generato reazioni è quello intrinsecamente falso in cui il Commissario afferma:
“Tutto questo lavoro tecnico è stato accompagnato
da un grande processo democratico di confronto continuo che ha
coinvolto sindaci, Consigli comunali, cittadini e opinione pubblica” Siamo alla
presa in giro sfacciata.
A Maggio alcuni valsusini hanno
predisposto una nuova petizione all’Unione Europea intitolata: Richiesta di
sospensione del finanziamento di 671,8 milioni di Euro per studi e lavori nella
tratta transfrontaliera della linea Torino-Lione ...” La tesi dimostrata è
quella dell’assenza del consenso dei cittadini della Valle di Susa e dei loro
rappresentanti, alla realizzazione di una nuova ferrovia. Oltre a ricordare le
32.000 firme e le numerose delibere di opposizione già inviate a Bruxelles, il
testo afferma che Di Pietro e Virano hanno assicurato un’inesistente assenso
degli Enti Locali poiché in tutto il periodo di funzionamento dell’Osservatorio
non esistono nei Comuni atti amministrativi di approvazione formale dei
documenti e dei risultati di questo organismo: l’assenza di un qualsiasi
carteggio protocollato testimonia il mancato coinvolgimento; l’assenza di
delibere la mancata condivisione.
Giugno e Luglio di quest’anno sono un passaggio
cruciale. Il salto di qualità sta nella presentazione da parte della Comunità
Montana Bassa Valle della proposta “FARE” (che in buona sostanza apre l’inedita
disponibilità a realizzare, sia pure per fasi, una nuova ferrovia in valle) e
nel successivo accordo di Pra Catinat in cui Virano detta le premesse per la
seconda vita dell’Osservatorio, finalizzata a progettare, senza troppe
fasi, una tale linea.
Anche se la paternità del FARE viene fatta assumere
ai tecnici, non sfugge a nessuno che la Comunità Montana compie un atto
politico rilevantissimo; non possono essere evitate conseguenze sull’Ente:
prima Ferrentino ricorre a congelare le deleghe dell’assessore Vair,
dissenziente, poi i gruppi di Rifondazione e degli Indipendenti di sinistra
escono dalla maggioranza.
E’ uno di quei momenti in cui servirebbe poter
dimostrare di avere l’appoggio dei Comuni della valle ed allora c’è un nuovo
tentativo di chiamare in campo i Consigli, questa volta per far loro discutere
il FARE. La regola del momento, emanata da Ferrentino é: sia discussa la
proposta, ma non la si metta ai voti (si sa bene che il rischio di
bocciatura è tutt’altro che remoto); se ci sono osservazioni queste potranno
essere inserite in appendice al documento che sarà presentato al Tavolo Politico. “Siamo alla democrazia d’appendice”
chiosa il professor Gigi Richetto.
L’uso dei Consigli con l’interruttore, però, non
funziona proprio più. Pur sotto pressioni politiche fortissime dei partiti,
meno della metà dei Comuni di bassa valle si pronuncia con un atto formale
prima della riunione del Tavolo a Palazzo Chigi: molte delibere
bocciano, del tutto o in parti essenziali, l’accordo di Pra Catinat; alcune
bocciano in toto anche il FARE, altre ne approvano l’analisi e la metodologia,
ma prendono le distanze dalla parte propositiva. Certi Consigli non si
pronunciano per non rischiare la crisi di maggioranza.
I guasti provocati dalla gestione del Dialogo
istituzionale sono sotto gli occhi di tutti e se Virano, per i suoi scopi, può
comunque essere contento di aver ottenuto divisioni in seno alle
amministrazioni valsusine, forse Ferrentino dovrebbe esserlo un po’ meno.
Referendum?
Ecco: chissà che un referendum, atto di democrazia
diretta almeno sul piano formale, non riesca a recuperare “capra e cavoli” di
una democrazia rappresentativa mandata in avaria... L’idea di una consultazione
popolare, già cavallo di battaglia dei “pasdaran SI-TAV” (che con un’opportuna
estensione territoriale ed un quesito formulato ad-hoc pensano da tempo di
poter dimostrare che la maggioranza silenziosa vuole l’opera), viene ora
rilanciata con sempre maggior insistenza da alcuni sindaci e da Ferrentino
stesso. Non è ancora chiaro in quali Comuni e su quale quesito si intenda
realizzarlo; se si prova ad immaginarne lo svolgimento, questo appare, in
prospettiva, ogni giorno più difficile da gestire; forse si potrebbe ripiegare
su di un questionario da distribuire qua e là... Insomma, pure qui, andrebbe
predisposto un esempio di democrazia diretta “adattato” ai bisogni del dialogo
ad ogni costo.
Intanto il processo di allestimento di una platea di
potenziali consenzienti sempre più vasta prosegue inesorabile. La Cabina di
pilotaggio della Provincia partorisce un primo menù di compensazioni
incredibilmente ricche e varie, capaci di suscitare appetiti a largo raggio
(150 progetti come solo in un piano strategico d’area vasta si possono
trovare); e, coerentemente, l’offerta non è rivolta solo ai 23 Comuni della
Bassa valle, ma ad un totale di ben 90. Come se la futura linea prevedesse un
percorso a zig-zag per mezzo Piemonte.
AL Tavolo politico di Luglio il
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta (di turno lo zio Gianni, in
quella che è la terza capitaneria del dialogo) ha scelto la delegazione della
controparte con convocazioni nominative: un sindaco qua, un sindaco là, secondo
convenienza; inclusi i primi cittadini di Chivasso e Brandizzo, che sono sulla
tratta TAV Torino-Milano: perché avrà lasciato fuori la Letizia Moratti?
Troppo facile indovinare il commento del professor
Richetto: “Eccoci arrivati alla democrazia ad inviti”
24 Agosto 2008
Paolo Mattone
(del
Comitato NO-TAV Torino)
(*) Pubblicato il 28 Agosto 2008
su Carta-online con il titolo: Cosa vuol dire “normalizzare”
la Valsusa?