NO
AL PONTE – DIFENDIAMO LO STRETTO DI MESSINA
APPELLO PER
LA MANIFESTAZIONE DELLO STRETTO
Messina, P.zza Cairoli - 22 gennaio 2006 – ore 10
La manifestazione per lo
Stretto di Messina, promossa per domenica 22 gennaio 2006 (raduno ore 10,00
a piazza Cairoli, Messina) dalla Rete Noponte, si ispira ad un modello di società
basato su principi ecosostenibili e solidali e intende difendere la ricchezza
paesistica, ambientale e naturalistica del mare e delle terre tra Calabria e
Sicilia, vera grande risorsa turistica, in un luogo unico nella storia e nella
cultura del Mediterraneo che va difeso da interventi il cui impatto sarebbe
irreversibile. La Manifestazione per lo Stretto di Messina vuole riportare le
popolazioni al centro dei processi decisionali che riguardano i progetti che
hanno impatto sul loro territorio.
In questa
zona ad elevato rischio sismico e dai precari equilibri urbanistici e territoriali,
il Governo, nonostante evidenti carenze progettuali e la crescente opposizione
della popolazione, sta portando avanti la realizzazione di un ponte che vorrebbe
collegare le due sponde dello Stretto, ad unica campata della lunghezza di 3.360
metri, con doppio impalcato stradale e ferroviario, per un costo prudenziale
stimato, oggi, a consuntivo in circa 6 miliardi di euro (quando il costo reale
dell’opera, per l’aumento dei prezzi dei materiali, delle compensazioni
ambientali e del calcolo sbagliato sulla durata dei cantieri, almeno 12 invece
di 6 anni, portano a stime che si aggirano tra i 7,5 e i 9 miliardi di euro).
La scelta
governativa è stata imposta ai cittadini italiani e alle città
di Messina e Villa San Giovanni, sfruttando i meccanismi antidemocratici di
semplificazione e accelerazione delle procedure della cosiddetta Legge Obiettivo
(L. n. 443/2001), che prevede in tutta Italia la realizzazione (senza alcuna
seria analisi degli impatti ambientali e del calcolo costi/benefici per la comunità)
di oltre 250 interventi per una spesa complessiva preventivata di 264 miliardi
di euro ed elevatissimi costi ambientali e sociali. Anche la TAV, che vede mobilitati
migliaia di cittadini in Val di Susa, è figlia della stessa Legge Obiettivo,
che vorrebbe imporre loro costi sociali ed ambientali ingenti, senza verifiche
approfondite e senza la volontà della popolazione che dovrebbe subire
per oltre 15 anni, lavori e danni anche sanitari incalcolabili.
Nonostante
ben 3 indagini in corso della DIA di Roma per turbativa d’asta in merito
alla gara del general contractor già espletata, per falso in atto pubblico
e sottrazione di documenti sul parere reso dalla commissione speciale VIA del
Ministero dell’Ambiente, per infiltrazioni mafiose (che hanno già
visto l’arresto di personaggi legati alla criminalità organizzata,
pronti ad investire ben 5 miliardi di euro per la realizzazione del ponte) e
nonostante la messa in mora del governo italiano da parte dell’Unione
Europea per la violazione di due direttive comunitarie, il Governo insiste senza
tentennamenti, nel continuare a lanciare questa sfida avventata e distruttiva
che noi raccogliamo con la Manifestazione per lo Stretto promossa per domenica
22 gennaio 2006.
Noi riteniamo
che questa sia una sfida sbagliata:
- per il progresso tecnologico.
Non esiste ponte al mondo, stradale e ferroviario, ad unica campata che
superi i 1.900 metri. Allo stato attuale delle conoscenze un ponte ad unica
campata di 3.360 metri di lunghezza, come quello voluto dal Governo, potrebbe
essere costruito solo tra 100 anni.
- per i conti pubblici.
Stime ufficiali prevedono che il traffico stradale previsto nel 2032 sia
di soli 18.500 autoveicoli al giorno, quando (se davvero si volesse ripagare
il ponte con i pedaggi) bisognerebbe garantirne perlomeno 100.000, con le
conseguenze prevedibili per le aree urbane di Messina, Villa San Giovanni
e Reggio Calabria; il traffico ferroviario è modesto ma le FS dovranno
pagare una gabella annua, quando il ponte andrà in esercizio, di
138 milioni di euro per contribuire a ripagarlo e per garantirne gli elevatissimi
costi di gestione.
- per l’economia
del Sud. I 6 miliardi (che potrebbero diventare tra i 7,5 e i 9) a consuntivo
e i 138 milioni l’anno, per oltre 40 anni, potrebbero essere meglio
impiegati per il potenziamento e l’ammodernamento delle reti stradali
e ferroviarie siciliane e calabresi, per la ristrutturazione degli scali
portuali e aeroportuali o da trasformare in aeroporti civili (come Comiso
e Sigonella) e per incentivare il trasporto via mare e aereo di merci e
passeggeri. Mentre il mondo intero promuove le autostrade del mare come
mezzo più economico ed ecologico per il trasporto delle merci, in
Italia si vuole rendere carrabile il braccio di mare che separa la Sicilia
dal continente.
- per il lavoro nel
Mezzogiorno. L’occupazione temporanea nei 7 anni di cantiere, stimata
dal Governo, è gonfiata del 100% e sarà richiesta manodopera
ad alta specializzazione che escluderà le maestranze locali mentre
si nasconde che, a regime, verranno tagliati centinaia di posti di lavoro
tra gli addetti del traghettamento.
- per l’ambiente.
Con opere, cantieri, discariche e cave si devasta un habitat unico nel Mediterraneo
per la ricchezza della biodiversità e 11 tra siti di interesse comunitario
e zone di protezione speciale, tutelate dall’Europa; la qualità
della vita di decine di migliaia di cittadini che vivono sulle due sponde,
sarà compromessa definitivamente.
- per il territorio.
Dicono che il ponte reggerà sismi anche elevati, ma solo il 25 %
delle case di Messina e Reggio Calabria sono in sicurezza antisismica. In
caso di terremoto, le due città si trasformerebbero in due cimiteri.
Noi rispondiamo
all’avventurismo del Governo chiedendo con la Manifestazione per lo Stretto
del 22 gennaio di:
- non
perfezionare alcun accordo con il General Contractor per evitare qualunque
danno ai conti pubblici, tanto più che ancora non si conoscono gli
esiti delle indagini in corso e delle procedure d’infrazione europee;
- impiegare
i 6 miliardi di euro (che potrebbero diventare tra i 7,5 e i 9) previsti a
consuntivo per la realizzazione del ponte per adeguare e potenziare invece
le infrastrutture esistenti in Calabria e Sicilia;
- cancellare
l’aiuto di Stato di 138 milioni di euro, garantito attraverso RFI, alla
Stretto di Messina SpA;
- rivedere
la posizione degli enti pubblici nei confronti della Stretto di Messina S.p.a,
con l’obiettivo del progressivo superamento del suo attuale assetto,
al fine di una reale promozione delle infrastrutture realmente utili al Sud,
sulla base di un piano di investimenti, frutto di un ampio confronto tra le
popolazioni e gli enti locali.
la
Rete noponte