‘Ndrangheta a Milano e quelle strane fotocopie per il consigliere regionale
di Enrico Fierro e Davide
Milosa da Il fatto quotidiano del 13/7/10
Quattro colpi al volto in un pomeriggio di
luglio. A terra tra i tavolini di un circolo di combattenti a San Vittore Olona
finisce Carmelo Novella, boss scissionista che in mente ha il
progetto di distaccare la Lombardia dalla Calabria. Lui battezza i
luogotenenti, decide le strategie dei vari gruppi. Una vero colpo
“all’ortodossia della ‘ndrangheta”. I big boss però non ci stanno. Si
riuniscono e decidono. “Nuzzo Novella è finito oramai, la Provincia lo
ha licenziato”. E dunque, niente rivoluzione copernicana. Ciò che invece resta
sono i numeri, clamorosi e impressionanti: venti gruppi criminali, 500
affiliati e una complessa rete di rapporti politici. Sì, perché è questa la
‘ndrangheta che oggi fa affari in Lombardia, cerca appoggi politici e allo
stesso tempo prosegue nella sua tradizione di organizzazione criminale arcaica
con pranzi negli orti a base di carne di capra e vino.
Lo scenario
è tratteggiato, intercettazione dopo intercettazione, in ben tre ordinanze tra
la Calabria e il nord. In totale gli arresti sono stati 300 con oltre 3.000
uomini delle forze dell’ordine impegnati. Prende così corpo una struttura
piramidale che in Lombardia ha deciso su tutto. Dagli omicidi alle
infiltrazioni negli appalti pubblici fino alla gestione di pacchetti di voti
per le elezioni. Argomento, questo, caldissimo e che ha visto finire in carcere
Carlo Chiriaco, direttore dell’Asl di Pavia, ma soprattutto
grande elettore di Giancarlo Abelli, ex ras della sanità
lombarda, poi deputato Pdl, eletto in consiglio regionale. Un ingresso, quello
nel Pirellone (a cui però Abelli ha preferito il parlamento), portato avanti
dallo stesso Chiriaco, il quale però ha un piccolo difetto: parla troppo spesso
con i boss della ‘ndrangheta. Tante le intercettazioni che lo immortalano al
telefono con Cosimo Barranca, padrino di Caulonia, ritenuto
uno dei capi della Lombardia, la struttura mafiosa che comanda oggi al nord
Italia. Resta poi confermata l’infiltrazione nel tessuto imprenditoriale
lombardo. Tra gli arrestati c’è anche Francesco Bertucca,
imprenditore edile del pavese e Rocco Coluccio, biologo e
imprenditore residente a Novara.
In manette
sono finiti decine di padrini direttamente collegati ai vertici assoluti della
‘ndrangheta internazionale. Tra loro Nunziato Mandalari di
Bollate fratello del più potente e influente Vincenzo, che però è riuscito a
sfuggire dalla sua villa blindata di via San Bernardo. Una vero fortino
protetto da muri, telecamere a vista e cani. Avvicinarsi questa mattina non è
stato facile. Con i carabinieri a blindare gli accessi e i famigliari dei boss
a lanciare insulti.
In manette
sono finiti anche Cosimo Barranca, capo del gruppo milanese e Giuseppe Neri di
Pavia. Erano loro a gestire la struttura cosiddetta “La Lombardia”, il
supergruppo autonomo voluto da Carmelo Novella. Il suo
progetto, però, è stato spezzato a metà dai big boss calabresi. I quali, due
anni dopo, per sanare il contrasto e ricomporre l’armonia tra le varie cosche
organizzano un summit nel centro anziani di Paderno
Dugnano intitolato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e
inaugurato nel 2008 dal fratello di Borsellino, Salvatore. Qui si è deciso di
affidare la carica di “mastrogenerale”, ovvero referente per il Nord
Italia, al platiota Pasquale Zappia.
Una
situazione definita dai magistrati “di importanza assoluta” e che viene
raccontata, fotogramma per fotogramma, da una clamorosa videoripresa. Ad
officiare la cena è il boss Pino Neri: “Io vi saluto a tutti e vi dico che
sono contento che ci siamo trovati qua stasera, perché se siamo qui è perché
tutti ci teniamo allo stesso scopo. Questo è un chiarimento che voglio fare e
tutte le parti hanno stabilito patti e prescrizioni che valgono non solo per la
Lombardia, ma pure per tutti. Noi dobbiamo pensare a cogghimu e non a dividere
(raccogliere, riunire, sistemare)”. A quel punto prende la parola Vincenzo
Mandalari: “L’armonia è questa e bisogna scegliere un uomo che ci
rappresenta tutti”. E alla fine la decisione spetta allo stesso Neri: “Io
direi che per quanto mi riguarda darei il voto a Pasquale Zappia”. Brindisi
finale.
Lo steso
Neri, inoltre, avrebbe indirizzato, su indicazione di Chiriaco, voti a favore
del deputato del Pdl, Giancarlo Abelli, che al momento risulta
estraneo ai fatti e non indagato. Ma il nome di Chiriaco torna fuori anche a
proposito della cosca Valle, sgominata poche settimane ed egemone nel
territorio tra Vigevano e Pavia. Chiriaco, infatti, non ha mai nascosto la sua
amicizia con il boss Francesco Valle. Un cognome quello dei Valle che si porta
dietro un altro politico: l’ex assessore provinciale al Turismo (nella giunta
Penati) Antonio Oliverio. Sarà, infatti, lo stesso Oliverio (accusato anche di
bancarotta per i suoi rapporti con la Perego strade controllata dalla famiglia
Strangio) ad appoggiare la candidatura di Leonardo Valle alle comunali del 2009
a Cologno Monzese. “Rapporti di cointeressenza” con la mafia vengono attribuiti
anche all’ex assessore regionale Pdl Massimo Ponzoni e
all’esponente dell’Udc prima in An Emilio Santomauro,
coinvolto in una sparatoria fuori dal suo studio il 25 gennaio 2000.
Seguendo
Oliverio, che attualmente risulta indagato, l’intreccio politico si allarga dal
comune di Milano fino al Consiglio regionale. A palazzo Marino, infatti, sono
stati documentati incontri e telefonate tra Giulio Lampada,
amico di Oliverio, con il consigliere Pdl Armando Vagliati. Si
tratta dello stesso Lampada che come ha documentato ilfattoquotidiano.it
partecipò, nel 2006, alla festa per la fine della campagna elettorale
dell’allora candidato sindaco Letizia Moratti. Lo stesso
Lampada che in un’intercettazione racconta di aver partecipato a una cena dove era
presente il governatore Roberto Formigoni. Regione Lombardia,
dunque, dove oggi a tremare è soprattutto Angelo Giammario, ex
sottosegretario oggi in consiglio dopo le ultime elezioni di maggio. Il suo
nome compare nelle intercettazioni tra Chiriaco e Cosimo Barranca. In
particolare, Chiriaco chiederebbe al boss di recuperare denaro da dare al
politico in cambio di favori. Denaro che a dire del direttore dell’Asl il
politico del Pdl avrebbe investito per la campagna elettorale.