Morto Franco Fuschi, il pluriomicida di Mattie

Trovato cadavere nella cella del carcere di Alessandria: l’autopsia dirà la causa

 

da Luna Nuova del 28/4/09 – pag. 2

 

Anche la sua morte sembra avvolta nel mistero, esattamente come buona parte della sua esisten­za: Franco Fuschi si è spento nella notte tra venerdì e sabato scorso nella cella del carcere San Michele di Alessandria dove stava scontan­do una condanna a due ergastoli e otto anni infertagli nel 1999 dalla Corte d'Assise di Torino per undici omicidi commessi tra il 1977 e il 1994. A causare il decesso sembra sia stato un infarto ma la Procura di Alessandria ha comunque aperto un fascicolo di indagine.

 

Sembra, infatti, che proprio nei giorni precedenti la sua morte, Fuschi avesse chiesto di essere trasferito in un altro carcere anche se non avrebbe fatto in tempo a spiegarne le ragioni al suo av­vocato Savino Bracco. Qualche certezza in più potrebbe arrivare dall'autopsia che dovrebbe essere eseguita questa mattina mentre gli inquirenti stanno già comunque sentendo in carcere alcuni suoi compagni e amici, oltre agli agen­ti che lo avevano in custodia. Il pluriomicida dormiva in una cella a due e da tempo aveva problemi di salute: aveva sofferto di una grave forma di epilessia e negli anni scorsi era stato sottoposto ad un intervento chirurgico per asportare un tumore allo stomaco. Recentemente aveva seguito e terminato un corso da giardiniere, leggeva molti libri e tra i suoi au­tori preferiti c'erano Sciascia e gli scrittori sudamericani.

 

E degna di un romanzo è stata anche la sua vita. Di lui si iniziò a parlare il 19 aprile 1996, quando tentò di suicidarsi in uno dei bagni della Pro­cura di Torino che allora si trovava in via Tasso. Un episodio dai contorni tuttora misteriosi che serve però a squarciare il velo su una vicenda se possibile ancora più romanzesca. Si viene infatti a sapere che l'aspirante sui­cida era un frequen­tatore abituale della Procura torinese nel­le vesti di "collabo­ratore di giustizia". Quel pomeriggio, come era già accadu­to in passato, era stato interrogato dai Pm Marcello Maddalena e Gabriella Viglione che indaga­vano sulla misteriosa sparizione di 397 pistole dall'armeria Brown Bess di Susa. Per quella vicenda Fuschi era già stato indagato con l'accusa di traffico di armi. Ma quanto stava raccontando ai due magistrati avrebbe contribuito a fare di lui un personaggio destinato a ricoprire una posizione di asso­luto "prestigio" nella classifica dei più feroci serial killer d'Italia.

 

Tre anni dopo quel maldestro tentativo di suicidio verrà, infatti, condannato all'ergastolo in quanto ritenuto responsabile di undici omicidi e cinque tentati omicidi avvenuti tutti in provincia di Torino tra il 1977 e il 1994: sentenza confermata poi in appello nel gennaio 2000. Delitti che furono tutti confessati dallo stesso im­putato nel corso dei suoi intermi­nabili confronti con i magistrati. Una serie di racconti alcuni molti dettagliati, altri decisamente più fantasiosi che lo avevano portato ad autoaccusarsi anche dell'ucci­sione del banchiere Roberto Calvi e di un coinvolgimento nella strage di piazza Fontana. Nel dispositivo di condanna figurano perciò anche otto anni di reclusione per il reato di autocalunnia.

 

Nato a Padova nel 1945, per circa vent'anni è sottufficiale in Marina nel Consubim, il reparto in­cursori. Dopo aver lasciato la Ma­rina, Fuschi sarebbe poi entrato a far parte del servizio segreto, allora denominato Sid. A Mattie approda nel 1972, insieme a quella che dieci anni dopo sarebbe poi diventata sua moglie, Emilia Artesiano, con la quale vive in strada Rio Gerardo 9 nella frazione Giordani. La sua principale attività sembra essere legata alla terra: vive infatti curando una vigna e allevando animali ma soprattutto fornendo a chi lo chiede ogni sorta di materiale. Proprio durante il suo soggiorno mattiese, si sarebbe consolidato il suo rapporto di collaborazione con il Sisde anche se il suo nome non è mai comparso negli elenchi degli agenti in servizio attivo.

 

All'inizio del 1995, gli investi­gatori che indagano sulla spari­zione di 397 pistole e sul presunto traffico d'armi che avrebbe avuto al centro l'armeria Brown Bess di Susa, si imbattono nel nome di Franco Fuschi in quanto amico dei titolari. Viene così convocato in Procura e dalla primavera del 1995 inizia a collaborare con gli inquirenti. Dalle sue inquietanti rivelazioni affiorano così una serie di omicidi, alcuni dei quali non erano nemmeno stati scoperti come tali negli anni precedenti. Uno dei decessi, quello di Antonio Ferrero Giacominetto avvenuto quasi vent'anni prima, era stato addirittura archiviato come cau­sato da infarto: il cadavere venne riesumato e nel suo torace fu ritro­vato un proiettile.

 

L'elenco degli orrori si apre con l'uccisione di Teresa Carpinello (Piossasco 1978), poi tocca ad Antonio Ferrero Giacominetto (Volpiano 1979), Giacomo Lea (Moncalieri 1984), Ivo Asteggiano (Chieri 1985), Giovanni Peiretti (Carmagnola 1985), Massimo Mantovani (None 1987), Gabriella Racca (Carmagnola 1987), Gior­gio Sedita (Rivalta 1990), Lorenzo Bertini (Grosso Canavese 1991), Stefano Francese (Poirino 1992), Nicola Lo Prete (Villardora 1992). Tra i tentati omicidi figura anche quello in cui nel 1990 ad Avigliana rimase ferito Bruno Dosio.

Pa.P.