I cantieri Tav rischiano di diventare zona militare
Una nuova
minaccia per la val Susa, la militarizzazione dell'area in cui dovrebbero
partire i lavori dell'alta velocità. La Regione frena, si dichiara d'accordo il
parlamentare Pd Stefano Esposito, "se non ci sarà volontà di
confronto", più morbido Ghiglia: "Ritengo che la legge ordinaria sia
al momento sufficiente"
di Mariachiara Giacosa da Repubblica
del 22/3/11 – Edizione di Torino
"Se la zona
della Maddalena verrà dichiarata zona militare, io mi dimetto". Mette
le mani avanti il sindaco di Chiomonte, Renzo Pinard. Se è vero che nessuna
decisione è stata presa è altrettanto vero che l'ipotesi che la "presa di
Chiomonte" sia affidata ai militari in valle, e non solo, circola da
tempo.
"Le grandi opere, condivise o no
- spiega - non si possono fare militarizzando il territorio. Siamo in
Italia, non sotto una dittatura e misure di questo tipo non si applicano a una
democrazia occidentale". Quella di Pinard è una protesta "contro
il sistema che pare non voler più cercare il confronto". "Il
sindaco è di tutti: se io mi dimetto arriverà un commissario e sarà tutta
un'altra cosa" avverte Pinard secondo cui chiudere la partita
militarizzando il territorio è "sintomo di paura e sarebbe una
sconfitta". Dello stesso parere anche il primo cittadino di
Sant'Antonino di Susa e consigliere provinciale di Sel, Antonio
Ferrentino, secondo il quale la militarizzazione "si può fare per il G8
non per lavori che dureranno dieci anni". Per il presidente
dell'Osservatorio, Mario Virano, quello del sindaco è un pensiero prematuro e
ingiustificato: "A me non risulta che siano allo studio misure di
questo tipo, ma è chiaro che è una questione di ordine pubblico ed è gestita da
altri soggetti" precisa il commissario.
Si tratta invece di un'ipotesi realistica per il parlamentare del
Partito democratico Stefano Esposito secondo cui "da una parte dei No
Tav non c'è volontà di confronto: a fronte di annunci di opposizione e
sabotaggio contro l'avvio dei cantieri, è chiaro che lo Stato deve ristabilire
la legalità e il metodo migliore è la gestione militare". Di parere
opposto il suo compagno di partito Nino Boeti per cui si tratterebbe di "un
provvedimento incomprensibile perché l'obiettivo è ancora creare un dialogo con
il territorio e non alimentare lo scontro".
"Misure eccezionali sarebbero l'estrema ratio
- commenta il vice coordinatore del Pdl Agostino Ghiglia - Ritengo
che la legge ordinaria sia al momento sufficiente, ma è chiaro che i cantieri
devono partire, con tolleranza zero contro dissenso illegale". Misure
più drastiche non spaventano però la controparte No Tav che si dichiara "non
intimidita da quella che sarebbe una grave aggressione alla valle di Susa"
e "che - aggiunge il Comitato di lotta
popolare - autorizzerebbe il nostro popolo alla difesa".
Si augura di non dover arrivare alla militarizzazione l'assessore
regionale Barbara Bonino: "Molto dipende dall'atteggiamento che avranno
i Movimenti, ma credo sia molto meglio cercare il confronto costruttivo"
sottolinea. In questo senso la Regione sta anche lavorando a un allargamento
della partecipazione del fronte degli amministratori No Tav al tavolo
istituzionale di Palazzo Chigi, dato per imminente ormai quasi un mese fa, ma
ancora da programmare. "Rispetto all'impostazione iniziale, che
prevedeva al tavolo un solo sindaco dissidente - spiega
Bonino - stiamo valutando di invitarne 4 o 5 in modo che sia
chiara la linea del confronto". In ogni caso, la nuova impostazione
non "salva" la Comunità montana, per la quale nemmeno con
questa apertura di credito verrà aggiunto un posto al tavolo con il Governo.