Torino-Lione: il non-sense del tunnel e della TAV
Editoriale di Gerardo Marletto(*) su Liberazione
del 21/2/07- prima pagina
“Ferrovie italiane a rischio paralisi”: così urlava in prima pagina il
Sole-24Ore di domenica scorsa. Il motivo è l’invio dalla Commissione europea a
Romano Prodi del rapporto di previsione sul traffico alpino, le cui conclusioni
sono state rilanciate da autorevoli esponenti politici: il nuovo tunnel della
Torino-Lione deve essere fatto.
In
realtà il rapporto ripropone solo la rilettura degli studi già effettuati da
LTF, BBT e Alptransit; società direttamente legate ai progetti dei nuovi tunnel
ferroviari della Torino-Lione, del Brennero e del Loetschberg-Gottardo.Già
basterebbe questa considerazione per chiedere la moratoria dei proclami
perentori e l’avvio di uno studio indipendente. Nell’attesa che ciò accada è
comunque importante tornare a mettere in fila gli argomenti per dimostrare
l’inutilità di questa nuova grande opera.
Nel
2005 hanno valicato le Alpi oltre 150 milioni di tonnellate di merce; il 70%
per strada e il 30% per ferrovia. Di questi, solo 18 milioni di tonnellate sono
passate per il sistema Frejus-Moncenisio, quello che dovrebbe essere
interessato dal nuovo tunnel ferroviario. Tra il 1995 e il 2005 il trasporto di
merci lungo questa direttrice è diminuito: -29% quello ferroviario, -15% quello
stradale. Del resto il grosso dei trasporti merci transalpini continua a
transitare lungo le direttrici Nord-Sud: se si sommano i flussi attraverso il
Sempione, il Gottardo e il Brennero, si raggiunge il 69% del totale dei
traffici transalpini di merci (e sono flussi cresciuti di circa il +50% negli
ultimi dieci anni)
Va
ricordato che le attuali infrastrutture ferroviarie alpine hanno una capacità
residua che potrebbe essere utilizzata per trasportare altri 66 milioni di
tonnellate di merce. Questo è vero in particolare proprio per l’attuale linea
ferroviaria del Frejus-Moncenisio, che oggi trasporti circa 6 milioni di
tonnellate di merce, ma potrebbe trasportarne altri 13. Detto in altri termini:
l’attuale linea ferroviaria Torino-Lione potrebbe trasportare tutto il traffico
merci di attraversamento, compreso quello che oggi viene trasportato dai
camion. Si deve tenere conto infine che l’attuale capacità dei collegamenti ferroviari
transalpini verrà ulteriormente aumentata da due nuovi tunnel di base
ferroviari: il nuovo Loetschberg (in corso di completamento) e il nuovo
Gottardo (che dovrebbe essere completato nel 2018).
In
sintesi, dunque: oggi vi è un eccesso di capacità ferroviaria che crescerà
ulteriormente con la messa in esercizio dei nuovi tunnel svizzeri. In questo
quadro non pare necessario costruire nuove infrastrutture di attraversamento
alpino, in particolare sul versante occidentale, dove i flussi di merce sono meno
consistenti e in calo e dove incrementi di capacità disponibile per il
trasporto ferroviario di merci potrebbero essere più agevolmente (e più
economicamente) realizzati con potenziamenti tecnologici dell’attuale
Torino-Lione e con il potenziamento della linea attraverso Ventimiglia, oggi
dedicata al trasporto di persone.
Ma
queste semplici e lineari considerazioni non sono sufficienti per superare
tutti gli argomenti di chi è a favore della TAV Torino-Lione. Secondo loro
infatti, il nuovo tunnel dovrebbe essere inquadrato in uno scenario
trasportistico di dirompente crescita della domanda di trasporto ferroviario di
merci; uno scenario dunque radicalmente diverso da quello attuale. Non bisogna
dunque fare riferimento alle statistiche attuali dei trasporti, ma immaginare
che si realizzino due condizioni: 1) Che prosegua un impegno per il trasporto
sostenibile che conduca al ribaltamento dell’attuale ripartizione dei flussi
tra strada e ferrovia; 2) che l’Italia, in particolare attraverso i suoi porti,
catturi una quota rilevante dei nuovi traffici globali, che hanno origine in
Asia e destinazione in Europa.
Per
onestà intellettuale mi tocca aprire un inciso. Non si capisce infatti perché
un Paese che ha a cuore la sostenibilità debba partecipare alla competizione
internazionale per attrarre dei flussi di trasporto di puro attraversamento.
Altri Paesi (la Svizzera, l’Austria) si sono inventati di tutto per cercare di
evitarli e noi invece dovremmo andare a cercarli. In altri termini: se della
merce deve andare da Singapore a Strasburgo, che venga portata per nave fino a
Rotterdam! Ma chiudiamo l’inciso e andiamo avanti.
Ammesso
che la crescita dei flussi si realizzi dove bisognerebbe intervenire? Dato che
non abbiamo previsioni numeriche serie, la cosa più sensata è costruire una
gerarchia di interventi. Priorità 1, intervenire sulle tecnologie e sui modelli
di esercizio dell’attuale sistema dei valichi ferroviari; Priorità 2,
intervenire sui collegamenti a valle dei nuovi tunnel ferroviari svizzeri; Priorità
3, potenziare il sistema delle infrastrutture ferroviarie al servizio dei
flussi transalpini Nord-Sud (in ordine verosimile di priorità: nuovo Brennero,
nuovo Sempione, nuovo attraversamento ligure); Priorità 4: nuovo tunnel del
Frejus (cioè la TAV Torino-Lione).
Due
sono dunque le conclusioni. Prima conclusione: la nuova TAV Torino-Lione è
inutile nell’attuale scenario di trasporto transalpino di merci. Seconda
conclusione: prendendo per buono uno scenario di crescita dirompente dei
traffici ferroviari attraverso le Alpi, la nuova TAV Torino-Lione è l’ultima
delle priorità di nuove grandi opere infrastrutturali (da realizzare dopo altri
6 mega-progetti). Resta allora da chiedersi: perché la TAV Torino-Lione è al
centro del dibattito di politica dei trasporti?
Dimenticavo:
il fanta-scenario dei pro-TAV Torino-Lione può essere rafforzato da un
ulteriore elemento: un’esponenziale crescita del livello di
internazionalizzazione del Nord-Ovest italiano. Ciò giustificherebbe un del
tutto inedito ruolo dei rapporti Italia-Francia-Spagna e, quindi, la necessità
della TAV Torino-Lione. Ma ragionando così si esce persino dalla
fanta-scenaristica e si entra in una dimensione dove tutto può essere
ipotizzato e vengono a mancare gli elementi minimi per poter discutere.
(*) Professore associato di Economia applicata, Università di Sassari