La marcia Rivalta – Rivoli di Sabato 21 Maggio 2011
di Chiara Sasso
Uno dei tanti balconi
che si affacciano sulla strada dove sta partendo la manifestazione notav,
Rivalta-Rivoli, è addobbato con bandiere. Qualcuno da sotto in su grida: “Cosa
fate” non venite?”. “Abbiamo la cresima oggi, non si può”.
Basterebbe questo come carta di presentazione del popolo notav che ha di nuovo riempito le strade questa volta fuori dalla valle di Susa. Tracciato che interessa la Collina morenica di Rivoli, alle porte di Torino.
Sabato 21 maggio, per
la questura quattromila, per l’Ansa quindicimila. Tanti. Come i trattori che
hanno aperto la strada: oltre sessanta. Bambini saliti a grappoli, qualcuno è
impegnato ad asciugare il sudore al padre impegnato al volante, dentro la
cabina si muore di caldo. I cartelli sui musi dei trattori riportano frasi del tipo: La Coldiretti c’è.
“Fermiamo il consumo del territorio”. “In marcia per difendere l’ambiente, la
nostra vita, l’agricoltura”. Il segretario provinciale al termine della
manifestazione ricorderà: “oggi tutti hanno lasciato i lavori in cascina, il
fieno lo imballeranno domani”. Molti commentano l’accaduto di pochi giorni
fa al termine di un consiglio comunale aperto, proprio a Rivoli. Un funzionario
della Provincia, certo Paolo Foietta con il compito di spiegare il tracciato
del Tav è stato messo alle strette dal fuoco di domande di un pubblico sempre
più esigente (e incazzato), alla fine non ha avuto altri argomenti se non
quello di appioppare un ceffone all’ex presidente provinciale della Coldiretti,
Carlo Gottero. Finimondo. Il giorno dopo Stefano Esposito e Gianfranco Morgando, sottoscrivevano un
comunicato Pd nel quale si esprimeva la più totale solidarietà a Foietta, il
quale era stato costretto a subire un clima pesante, esasperato, tanto da
fargli saltare i nervi e costringerlo a dare un “buffetto” al provocatore
Gottero.
Certo non è da tutti
poter vantare, come il movimento notav, una professionalità nonviolenta
acquisita in vent’anni, lotta pacifica, precisa come una goccia d’acqua, solo
tante domande. Insopportabile. Manda di fuori.
Apre la manifestazione
lo striscione: “In valle in pianura come a Chiomonte”.
“Hanno provato a
Convincerci, a Costringersi a Comprarci”, dirà al termine della
manifestazione Sandro Plano presidente Comunità Montana, “ma noi siamo
ancora qui perché quest’opera è una grandissima bufala. Lo dimostra l’ultima
sparata, dicono che l’opera verrà fatta
per fasi: prima il tunnel di Chiomonte, poi il nodo di Torino, il pezzo in
mezzo, la bassa Valle di Susa, secondo loro se ne parlerà nel 2023. Che senso
ha?” Tutto questo deciso nel vertice istituzionale del 3 maggio a Palazzo
Chigi con il sottosegretario Gianni Letta, il Ministro dei Trasporti e delle
Infrastrutture, Altero Matteoli, il presidente dell’Osservatorio Tav Mario
Virano, il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, e della Provincia,
Antonio Saitta, il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e solo alcuni dei
sindaci della valle fra questi Antonio Ferrentino. Fuori a protestare con tanto
di fascia i sindaci valsusini esclusi dall’incontro.
Chiamparino spiega: “E’
una questione di mancanza di soldi ma anche di ordine pubblico, proseguendo per
fasi consentirà che, per almeno un decennio, sarà risparmiata quella parte
della Val di Susa che oggi è più contraria alla sua realizzazione”.
Entro dieci anni
saranno sfiancati? Distrutti? tutti morti?
“Sono cresciuto a pane
e notav”, diceva un cartello. Una storia lunga vent’anni ha visto crescere
generazioni. E sfilano anche oggi, carrozzine e bambini di tutte le età.
Passano uno dopo
l’altro i comitati dei paesi della valle di Susa: Meana, Sant’Antonino,
Sant’Ambrogio, Vaie…e via di seguito. Tutti con il suo carico di storie, gente
che litiga e si vuol bene, qualcuno passa a miglior vita, qualcuno nasce e fra
una sepoltura, un battesimo una cresima si cementa un’unione fra persone che
vuole metterci il naso e capire. Fuori non si capisce.
Madonne del
Rocciamelone e alpini. Irrompe nel corteo perfino una grandissima bandiera italiana,
alzata con un orgoglio tutto nuovo, ricorda: “Anche noi rappresentiamo
l’Italia”. Scarponi sotto il letto. (Passerà il giro d’Italia e poi il
ballottaggio delle elezioni) E ci tocca. Una di queste sere correremo a
Chiomonte. L’ottobre scorso l’Unione Europea aveva concesso l’ultima proroga,
per non perdere i soldi i cantieri della galleria alla Maddalena devono essere
aperti entro il 31 maggio. Per intanto proprio lì è stato costruito un pilone
votivo, con santi: San Francesco e la Madonna. Sabato è stato benedetto da don
Michele, sotto una pioggerella sottile in una atmosfera che: “da tanto non
sento in chiesa”.
Fra manifestazioni,
consigli comunali, iniziative e polentate un aggancio anche con l’Unione
Europea. Sette eurodeputati (Luigi De Magistris, Sonia Alfano, Gianno Vattimo,
Catherine Grèze, Eva Lichtenberger, Sabine Wils, Paul Murphy) di cinque nazioni
(Italia, Francia, Austria, Germania e Irlanda) e tre gruppi politici hanno
chiesto al presidente della Commissione Europea e commissione ai Trasporti,
perché in contrasto con i principi espressi dalla Convenzione di Aarhus alle
riunioni del Governo italiano sono esclusi i sindaci di diciassette comuni e il
presidente della Comunità Montana, mentre sono stati ammessi sindaci di comuni
non interessati all’opera.
Perché vista la
massiccia e persistente opposizione popolare a quest’opera è stato chiesto che
l’installazione dei cantieri venga
fatta con la militarizzazione dell’intera zona. Perché si è deciso di
buttare via tutti questi soldi pubblici?