Alcune
migliaia di persone in piazza a Villa San Giovanni, in Calabria
"L'obiettivo
vero è iniziare a scavare e sbancare, scaricare cemento ovunque"
Annullati i concerti per la morte di un delegato del "Comitato per la 106"
stroncato da un
infarto alla conclusione del suo intervento sul palco
di Giuseppe
Baldessarro da Repubblica del 19/12/09
VILLA SAN GIOVANNI
(Reggio Calabria) - "Il Ponte non lo faranno mai, l'obiettivo vero è
quello di iniziare a scavare e sbancare sulle due coste, scaricare cemento
ovunque e rastrellare quanto più soldi possibile. La nostra paura è un'altra,
l'ennesima, eterna incompiuta". Sono tanti ad essere convinti che sia
questo il vero rischio che corrono Calabria e Sicilia. Se l'idea del Ponte
sullo Stretto andasse avanti "per questa terra sarebbe un disastro".
E anche oggi, ambientalisti e partiti, movimenti e associazioni, lo hanno
ribadito in piazza. Con una manifestazione che ha portato alcune migliaia di
persone a Villa San Giovanni. Una giornata di musica e
"controinformazione" - organizzata dalla "Rete No Ponte" -
a cui hanno aderito decine di realtà locali e nazionali. Una giornata che però
si è interrotta a metà pomeriggio col dramma di un delegato del "Comitato
per la 106", stroncato da un infarto proprio a conclusione del suo
intervento dal palco. E' finita così la festa dei "No Ponte",
annullati i concerti della serata e tutti gli altri appuntamenti. Resta
tuttavia il senso della contestazione a pochi giorni dalla posa dalla prima
pietra, prevista inizialmente per il 23 dicembre, ma poi rinviata "per
consentire la partecipazione di Berlusconi".
Era cominciata bene la giornata "No Ponte". Prima il
corteo cui hanno preso parte circa settemila persone, poi le denunce "a
microfono aperto" nel quartiere Cannitello. Punto esatto in cui dovrebbero
sorgere i due pilastri calabresi di quella che viene annunciata come "la
più grande opera ingegneristica di tutti i tempi". Molti ambientalisti
storici, ma anche tanti che ambientalisti lo sono diventati dopo le parole del
ministro Matteoli, che nonostante il momento di crisi ha annunciato l'apertura
dei cantieri di Villa. Tutti accomunati dalla voglia di spiegare che "con
i soldi del Ponte si possono fare cose molte più utili".
Il corteo s'è mosso dal centro città intorno a mezzogiorno,
ingrossandosi via via che continuavano ad arrivare manifestanti da entrambe le
regioni. In apertura uno striscione bianco con le parole d'ordine
dell'iniziativa: "Fermiamo i cantieri, lottiamo per le vere priorità".
Dietro gli striscioni storici della lotta contro il Ponte, quello del
coordinamento calabrese e immediatamente dopo dei comitati siciliani. Poi
ancora quelli di Legambiente, del Wwf nazionale, dei Verdi e dei partiti della
sinistra Pdci e Rifondazione oltre che della Sinistra europea. Un corteo
colorato e pacifico cui hanno aderito i collettivi studenteschi e centri
sociali delle due sponde, ma anche un gruppo di rappresentanti del "Popolo
viola", protagonista del No B-Day di Roma. Presente anche una folta
rappresentanza della Cgil territoriale e della Fiom Nazionale guidata da
Giorgio Cremaschi: "Altro che la chimera del Ponte, qui serve lavoro
vero e duraturo". Non c'era il governatore della Calabria, Agazio Loiero,
che pure aveva annunciato l'adesione della Regione all'iniziativa. C'erano però
i quattro assessori di punta dell'esecutivo: quelli all'Ambiente Silvio Greco,
all'Urbanistica Michele Tripodi, alla Cultura Damiano Guagliardi e al Bilancio
Demetri Naccari.
Scarsa invece la partecipazione della gente del posto. In molti
sono rimasti a guardare. Tantissimi, spiega Nino Morabito responsabile
regionale di Legambiente, "vedono la realizzazione del Ponte come una
cosa impossibile, lontana irreale. E' così, certo. Ma sappiamo che il rischio
non è la costruzione del Ponte quanto tutti gli interessi e le speculazioni che
vi girano attorno".
Maurizio Marzolla della "Rete No Ponte" non si dà pace:
"E' davvero incredibile. La Stretto di Messina ha annunciato la posa
della prima pietra per la prossima settimana. Quando, in questo momento non c'è
ancora né un progetto definitivo, né i finanziamenti per costruirlo".
Secondo Raniero Maggini, vice presidente di Wwf Italia c'è "il rischio
di una febbre da apertura di cantiere diffusa nel Paese, relativa perlopiù a
piccole opere legate a grandi interventi inutili e dannosi, dal ponte sullo
Stretto di Messina nel sud, all'autostrada tirrenica al centro ed al terzo
valico dei Giovi al nord".
Dopo la
manifestazione del 19: “No Ponte! significa buttare definitivamente a mare il
vecchio modello di sviluppo meridionale”.
di Osvaldo Pieroni, Alberto Ziparo da Il manifesto
del 20/12/09
È un no con molti sì, quello
contro il Ponte sullo Stretto che ha manifestato a Villa S.Giovanni.
Se
la parola capitale non configgesse con il termine sociale, potremmo dire che il
«capitale sociale» scende in piazza per rivendicare autonomia e salvaguardia
del territorio meridionale e per un altro modello di «sviluppo». Più di 150
associazioni, dai centri sociali alla Cgil, dalle associazioni culturali, ai
comitati locali alle grandi associazioni ambientaliste, hanno aderito alla
manifestazione contro l'insostenibile ponte sullo Stretto di Messina e sostenuto
una articolata piattaforma programmatica. Messa in sicurezza delle abitazioni e
delle scuole nelle aree sismiche e idrogeologicamente instabili; bonifica dei
territori inquinati e del mare; un sistema di trasporti leggero, articolato,
multimodale e sostenibile (anche in attraversamento dello Stretto);
infrastrutture utili e necessarie, beni comuni (ad esempio e in primo luogo
l'acqua); difesa e riqualificazione dei patrimoni ambientali e culturali:
questi sono alcuni dei punti che qualificano lo slogan «tanti sì, un solo no
- fermiamo i cantieri del ponte, lottiamo per le vere priorità».
A
questo movimento, che risponde all'iniziativa della «Rete No Ponte», si sono
affiancati partiti della sinistra ed istituzioni (regione, provincia e comuni).
La Giunta Regionale della Calabria ha aderito alla manifestazione e,
finalmente, con coerenza esce dal consiglio di amministrazione della Società
Stretto di Messina.
«Capitale
sociale», ovvero intelligenza collettiva che crea coesione e network sociale, a
onta di chi sostiene che il Sud è solo familismo, clientela e mafia, si schiera
contro il capitale finanziario e la dispossession (sfruttamento a fini
di accumulazione privata) dei territori. Il no al progetto del ponte non si
basa quindi soltanto sulle critiche alla inutilità trasportistica di questa
assurda infrastruttura, al devastante impatto ambientale in un'area - quella
tra Scilla e Cariddi - rivendicata come patrimonio dell'umanità, allo sperpero
di danaro pubblico che, secondo una logica di «keynesismo all'incontrario»,
passerebbe dalle mani degli abitanti e dei contribuenti a quelle di poche
corporation private. Il no al ponte - che peraltro ancora non dispone di
progetti definitivi e esecutivi e presenta inoltre gravi carenza
tecnico-strutturali e enormi rischi dal punto di vista geologico e sismico - è
un no a un obsoleto concetto di modernizzazione, che si vorrebbe imporre come
modello all'intero paese. Il movimento e la rete sociale e istituzionale che
sono scesi in piazza affermano la priorità dei sistemi locali sostenibili e la
loro autonomia a fronte dei devastanti processi di globalizzazione, la priorità
della partecipazione diretta e della iniziativa dal basso a fronte della
pericolosa crisi della democrazia, l'importanza della cura dei luoghi e dei
patrimoni ambientali e culturali, una appartenenza riflessiva, aperta e
solidaristica, strettamente connessa alla ricchezza dei milieux meridionali.
Nel
denunciare l'imbroglio del presunto avvio delle opere connesse al Ponte i
manifestanti di Villa si oppongono non solo e non tanto a cantieri che
probabilmente non si vedranno mai, ma alla colossale truffa che si sta
perpetrando ai danni dei cittadini italiani, non solo siciliani e calabresi: si
accelera la procedura di riaffido del progetto ad Impregilo proprio perché in
mancanza di progetto esecutivo - come spiegano diversi amministrativisti in
queste ore - così verranno pagate operazioni che l'impresa potrà non eseguire e
tra l'altro si riattiveranno le penali a carico dello stato, e quindi di tutta
la comunità nazionale, a suo tempo congelate dal governo Prodi.
Nemmeno
il finto avvio dei lavori del «binario morto di Cannitello» può essere
effettuato, almeno con procedura regolare: il progetto cui esso appartiene (che
non è quello del ponte) è tuttora sotto verifica di «ottemperanza delle
prescrizioni ambientali» che non si potrà concludere prima del febbraio 2010 e
che blocca l'avvio, anche solo formale, dell'iter. Siamo all'imbroglio
nell'imbroglio.
E
allora “No Ponte! significa buttare definitivamente a mare il vecchio modello
di sviluppo meridionale” - tra l'altro rivelatosi fallimentare -che ha prodotto
i disastri economici e ambientali di cui sono marcati i contesti siciliani e
calabresi.