Dov’erano
i SI-TAV ai tempi dell’Assa?
Lettera di Angelo Fornier di Chiomonte a Luna Nuova del
15/2/08 – rubrica Opinioni – pag.8
Salve, scrivo questa lettera per rispondere a quelle persone che, recentemente, hanno fondato il movimento Sì Tav e portano avanti una "battaglia" in difesa del lavoro e dell'occupazione in vai di Susa, minacciate, secondo loro, dai pochi No Tav reazionari e sfaccendati che continuano ad opporsi al progetto.
Vorrei soltanto consigliare a queste persone di farsi una buona cura per la memoria e provare a guardare al passato, alle promesse che avevano accompagnato prima la costruzione del tunnel del Frejus, poi la costruzione dell'autostrada, arrivando fino alla recente "fregatura olimpica"... quanto lavoro, quanta occupazione hanno portato in valle, queste "grandi opere"?
Certo, il Frejus e l'autostrada ci hanno avvicinato all'Europa, le Olimpiadi ci hanno reso celebri... ma, a me, di tutto questo, in tasca non è venuto un bel niente! Io non faccio testo, sono un lavoratore dipendente e non vivo di turismo o di cemento, ma ai Sì Tav, che hanno bisogno di questa linea ferroviaria come dell'aria che respirano, vorrei chiedere se, onestamente, hanno registrato un qualche beneficio dall'autostrada, o dall'autoporto, o dalle strutture olimpiche che stanno cercando di sopravvivere allo smantellamento.
L'ambiente e la qualità della vita in genere ne hanno sicuramente risentito, ma se questo è il prezzo da pagare per il presunto "benessere", allora va bene anche fare il Tav: sicuramente, fra i miliardi stanziati, qualche briciola si potrà rosicchiare anche noi valligiani... poi, finito il Tav, che cosa ci inventeremo, per la nostra sopravvivenza economica? Una diga? Un aeroporto? Una centrale nucleare o, che so, una discarica per accogliere i rifiuti di Napoli? Tanto, la linea ferroviaria ci sarà già, tanto vale usarla...
Così, impariamo a vivere alla
giornata, godendo di striscio, molto di striscio, delle valanghe di soldi che
queste opere richiamano (soldi anche nostri, perché l'Europa siamo anche noi!),
per non perdere le preziose "occasioni", il "lavoro", i
soldi per pagarsi il Suv o la villa in collina, chiudendo un occhio sulle
devastazioni legalizzate che l'ambiente montano sopporta.
Non voglio cadere nella facile
retorica dei "bei tempi andati" e del "lavoro dei nostri
vecchi", anche se potrei citare molti esempi di vallate assai più
"povere" della nostra che si stanno riscoprendo promotrici di se
stesse e delle proprie tradizioni, con ricadute sul turismo, non certo spettacolari,
ma sufficienti a mantenere in vita numerosi piccoli paesi, e molte, altrettanto
piccole, iniziative locali. Bastano fantasia e buona volontà.
Voglio invece porre una semplice domanda a questi attivisti del Sì Tav, pronti a sfilare in corteo per difendere il lavoro e l'occupazione in valle: dove eravate, quando, uno dopo l'altro, sono stati chiusi i cotonifici, le acciaierie, le centrali elettriche pubbliche e private? Eravate forse distratti, non vi siete accorti della chiusura delI'officina riparazione locomotori di Bussoleno, della "Fabbricadafer", dell'Assa... Perché, allora, non avete fondato un comitato "pro Assa", ad esempio?
A me sembra che si vogliano chiudere
le porte della stalla quando le bestie sono scappate: parlare, oggi, di
"difesa del lavoro in valle", quando buona parte della produzione è
ormai trasferita ben oltre i confini nazionali, mi sembra fuori luogo: se
volete il Tav, fate come i No Tav : portate, a sostegno della vostra tesi,
argomenti seri, per favore!