Chi parla di lavoro, ne ha paura?

Tirare a campare con gli appalti del TAV

 

Lettera a Luna Nuova, rubrica Opinioni del 11/3/08 – pag. 6

 

In questi ultimi mesi si è finalmente inserito un nuovo fattore nella discussione annosa sul Tav Torino-Lyon: la questione del lavoro. Sull'argomento si è detto di tutto e di più, tanto che Crosetto, coordi­natore piemontese di FI alla tv è riuscito a parlare una volta di 200mìla posti di lavoro in più, la volta successiva di I50mila. Cifre buttate lì, che sembrano confondere perfino chi le dà...

 

Come sappiamo c'è chi parla di "piat­taforma logistica", chi sogna di fare arrivare la linea a Kiev, magari per sug­gellare anche geograficamente l'entrata dell'Ucraina nella Nato. Bei discorsi che riempiono i tiggì ed i giornali collegati economicamente ai vari costruttori, in­dustriali, politici amici degli industriali. Tutto ciò è lecito e va avanti da anni. E' sempre mancato invece un raffronto tra ciò che si è detto e la realtà, tra ciò che si promette e ciò che è già successo dove il Tav lo stanno faticosamente realizzando (il Mugello ad esempio). Soprattutto man­ca una sorta di "pesatura", nel senso che si parla di milionate di euro come se fossero frutto di vincite di qualche ruotona della fortunona, contributi che piovono dalla Ue, privati che smaniano di investire, cas­se dello Stato che vengono scambiate per un pozzo senza fondo. C'è la probabilità non troppo remota che in questa vicenda la propaganda la faccia da padrona con la conseguenza che i singoli cittadini siano trattati alla stregua di tanti bei Pantalone o Gianduja in costume: marionette imbonite e considerate stupide già di loro.

 

Il fatto stesso che ognuno faccia un suo progetto "a casa d'altri" senza neppure portarlo a vedere in valle, o che da un bel po' di tempo nessun politico osi avventu­rarsi oltre Sant'Antonio di Ranverso in pellegrinaggio elettorale chiarisce che in valle i Gianduja hanno smesso il costume da un pezzo.

 

Adesso ci parleranno di Piano di svi­luppo, Cabina di pilotaggio, Gabinetto di regia o Tavolo di concertazione per provare a farci balenare davanti agli occhi quei 500 milioni di euro che da due anni aspettano i nostri balletti con le maschere di carnevale. Ma il carnevale è finito. Pro­vo a spiegare con qualche numero.

 

Il costo di un km di galleria nell'Ambin è stimato in 107 milioni di euro. In Svizze­ra il costo dello stesso km di galleria è di 80 milioni di euro, il 30 per cento in meno. Per inciso, di gallerie naturali tra Saint Jean e Sant'Antonino ce ne sarebbero circa 75 km, altri 40 km in Francia e poi ancora 30 km di artificiali, tra Sant'Anto­nino e Torino. Insomma una linea quasi interamente in galleria, non adatta per le merci (veloci?), specie se pericolose, e poco piacevole per i (pochi eventuali) passeggeri. L'intento dei costruttori è cominciare presto; la Ue (forse) ci mette qualche milione per gli studi, intanto i vari progetti sono già costati circa 500 milioni, anche se neppure una badilata di terra è stata smossa.

 

E c'è di più: secondo i calcoli dell'ul­tima ora per la sola parte italiana, l'opera avrebbe un costo di oltre 12 miliardi di euro (la propaganda parlava di 16 miliardi da Torino a Lyon). Nei 12 miliardi odierni sono compresi il costo di progettazione per il nodo di Torino per 600 milioni ed il costo del passante raddoppiato rispetto alle previsioni iniziali, valutato in oltre 2 miliardi di euro. Tutti ammettono che dall'opera non si otterrà un ritorno econo­mico, e solo Dio sa quali sarebbero i costi di manutenzione, non stupisce quindi che i privati non ci mettano un euro, anche se i capitali da investire esistono, perché se si tratta di investimenti solidi i capitali saltano fuori! Proprio in questo momen­to infatti alcuni imprenditori stanno ad esempio acquistando, per un corrispettivo simile al valore di un km di gallerie, 100 milioni, 80 ettari di vigneti di qualità a Diano D'Alba. Sono vigneti che la Banca Monte dei Paschi di Siena vende: la tenuta Fontanafredda.

 

Si noti bene: 100 milioni per 80 ettari di vigneti, 6,7 milioni di bottiglie anno, 34 milioni di fatturato annuo, oltre 100 lavoratori impiegati da quando c'è la tenuta: il 1878. Lavoro stabile, vero. La crescita annua del fatturato è consistente, l'esportazione arriva a coprire il 50 per cento del prodotto, e guardate un po' che strano, c'è la corsa all'acquisto delle vigne. Decine di pretendenti, tra cui le fondazioni bancarie, industriali, perfino attori come Brad Pitt. Il Monte Paschi vende? Detto fatto! Venduto! Senza tante parole inutili, senza propagandare l'affare per anni. Mantenendo e creando lavoro e valore aggiunto, restando orgogliosamen­te sul mercato, senza bisogno di contributi Ue, e soprattutto soddisfacendo milioni di consumatori. Tanto lavoro, fatto con le braccia sapienti di operai specializzati, col cervello di manager e tecnici di valore. Non parole e favole a cui credono solo più i giornali amici e quelli che pensano di essere ancora nel mezzo del carnevale!

 

Mi viene un dubbio a questo punto: non vorrei che chi parla tanto di lavoro a proposito di Tav in realtà ne sia così terrorizzato da non saper rinnovare la sua azienda e mettersi sul mercato vero, quello nel quale servono idee e sacrifici! Dove non basta ritagliarsi una nicchia e tirare a campare, ma serve innovare. Per carità, sappiamo come gira il mondo, non sempre la qualità è sufficiente, ma se siamo ridotti cosi è anche perché troppo spesso ci si è adeguati ad un sistema che non premia il più bravo. Di qui deriva la perdita di competitività, specie nei settori delle costruzioni. Un tempo le nostre ditte di costruzioni costruivano tutte le più grandi opere pubbliche mondiali, oggi, come drogate dal sistema italiano, non riescono più a competere come si deve sul campo internazionale... meglio rimediare le commesse del Tav, Ponte di Messina, Mose, Bre-be-mi, ecc., peccato che non fili sempre tutto liscio.

 

La mia personale speranza è che si faccia collettivamente uno sforzo per mettere in luce le vere capacità imprendi­toriali, tecniche, organizzative delle nostre aziende, unendo le forze, e soprattutto rendendoci tutti conto che il "miracolo del Tav" specie quello della Torino-Lyon, è una colossale bufala, una favola da mondo dei balocchi, che si smonta semplicemente con un minimo di dati ufficiali e che nes­suno può permettersi di ignorare se vuole togliersi di dosso il costume di Gianduja, e ancor di meno se vuole fare veramente l'imprenditore.

 

Oscar Margaira,

Villar Dora