La pandemia silenziosa firmata diossina e Pcb
di Pietro Carideo*
24/12/2010 http://www.girasoleonline.org/articolo.asp?id=459
L incenerimento dei rifiuti, non
solo non garantisce un risparmio né energetico né economico, ma è fra tutte le
tecnologie la meno rispettosa per la salute. Oltre all'inevitabile produzione
di ceneri leggere e di fondo e di fanghi, determina l'immissione sistematica e
continua nell'atmosfera di enormi quantità di fumi inquinanti, di particolato
Pm-10 e soprattutto di particolato fine e ultrafine (Pm-2,5 e Pm-0,1). La
frazione ultrafine - tanto più elevata (fino all'80% del particolato emesso)
quanto maggiori sono le temperature di combustione - è riconosciuta come quella
più pericolosa per la salute umana. In questa frazione sono comprese le
cosiddette nanoparticelle, aggregati di diametro variabile tra 1 e 25
nanometri, costituiti da migliaia di atomi. La loro pericolosità è dovuta
all'elevato rapporto superficie/volume, all'elevata reattività chimica e alla
capacità di superare i filtri impiantistici e quelli naturali delle vie
respiratorie, penetrando negli alveoli polmonari e, attraverso le pareti
alveolari e vascolari, nel torrente circolatorio dei vari organi e tessuti e
nelle cellule e nei nuclei dell'organismo umano.
Le nanoparticelle veicolano
numerose sostanze epi(geno)tossiche e cancerogene prodotte negli inceneritori.
Tra esse vi sono sostanze
estremamente tossiche, persistenti, bioaccumulabili, alcune già classificate
dalla lare come cancerogeni certi per l'uomo. In particolare, tra le oltre 200
sostanze, si riscontrano: arsenico, berillio, cadmio, cromo, nichel, benzene,
piombo, diossine, dibenzofurani, policlorobifenili, idrocarburi policiclici
aromatici.
Oltre ai tumori queste sostanze
provocano:
- processi infiammatori in tutti
gli organi ai quali giungono tramite il sistema vascolare;
- processi di arteriosclerosi che
ostacolano il flusso ematico con rischio di infarto miocardico e di ictus
cerebrale;
- interferenze endocrine
particolarmente nocive nell'età evolutiva;
- modifiche genomiche che
aumentano la suscettibilità agli inquinanti delle generazioni future.
Le diossine e i policlorobifenili
(Pcb) costituiscono un gruppo di molecole riconosciute a livello internazionale
come microinquinanti organici persistenti (Pops). Tali sostanze sono
estremamente persistenti nell'ambiente e in grado di essere trasportate per
lunghe distanze rispetto ai punti di emissione. In condizioni ambientali
tipiche esse tendono alla bioconcentrazione e presentano un processo di
biomagnificazione, raggiungendo concentrazioni potenzialmente rilevanti sul
piano tossicologico e rappresentando, quindi, una minaccia per la salute umana
e per l'ambiente.
L'esposizione a lungo termine ai
Pops può avere effetti cronici sugli organismi come, a esempio, alterazioni
metaboliche degli ormoni, carcinogenesi, teratogenesi, effetti sul sistema
immunitario.
È importante evidenziare che le
diossine e i Pcb mostrano caratteristiche chimiche e di pericolosità analoghe,
sebbene le loro fonti di origine siano spesso differenti.
I dati tossicologici indicano che
più del 90% dell'esposizione umana alle diossine deriva dagli alimenti e tra
questi, quelli di origine animale contribuiscono di norma all'80% circa
dell'esposizione complessiva.
Una proprietà importante di questo
tipo di composti è senza dubbio la loro grande stabilità fisica e chimica
dovuta alla presenza degli atomi di cloro, che li rende resistenti alla
biodegradazione. La conseguenza di questa stabilità, quindi la non distruzione
e l'accumulo di questi prodotti in natura, in piante e animali, nella massa
grassa dell'organismo, è rappresentata dalla lunghezza della catena alimentare,
che è la principale via d'esposizione nell'uomo.
La conoscenza tossicologica è
fondamentale per scelte industriali e politiche e merita una particolare
attenzione per una sempre maggiore sostenibilità ambientale.
In Italia dati epidemiologici,
particolarmente inquietanti, registrano un incremento complessivo di incidenza
di cancro nelle donne, indipendentemente dall'età, dell'1% annuo e di cancro
nell'infanzia del 2% annuo, esattamente doppio di quanto si registra in Europa.
Albert Einstein diceva: un uomo
intelligente risolve un problema, un uomo saggio lo evita; queste parole ci
devono far riflettere su ciò che può comportare la crescente pratica
dell'incenerimento dei rifiuti. È stato calcolato che con le previsioni
d'incenerimento previste complessivamente in Europa si andranno a immettere,
utilizzando le migliori tecnologie disponibili (Bar) e nel rispetto dei limiti
di legge, quantità assolutamente non trascurabili di inquinanti: ben 500 g per
anno di diossina e composti diossina-simili.
Un concetto fondamentale è quindi
che, di fronte a una contaminazione di cui nessuno può ipotizzare compiutamente
effetti e conseguenze, dovrebbe essere assunto un atteggiamento di massima
precauzione, evitando il più possibile l'immissione nell'ambiente di inquinanti
pericolosissimi e persistenti quali la diossina. La contaminazione della catena
alimentare può seriamente compromettere la salute umana con probabili danni
addirittura trans-generazionali legati a modifiche epigenetiche. Questa
interferenza può essere letta come una «pandemia silenziosa» che spiegherebbe
la crescente incidenza di patologie cronico/degenerative, endocrinologiche e
oncologiche che comportano enormi costi sociali, umani ed economici. Anche di
recente è stata ribadita l'importanza di un approccio sistemico alla salute
umana, che non può più contemplare solo il versante terapeutico ma deve
riscoprire il ruolo della prevenzione primaria.
L'azione più utile che può essere
presa per ridurre l'esposizione a queste sostanze indesiderabili è, per quanto
possibile, identificare le maggiori fonti di diossine e prendere le appropriate
misure per ridurre le emissioni a lungo termine nell'ambiente, con lo scopo di
ridurre i livelli negli alimenti e nei tessuti umani. Poiché non è
assolutamente obbligatorio incenerire i rifiuti industriali e/o urbani, e
questa pratica non è neanche giustificata dal punto di vista energetico ed
economico, l'applicazione del principio della precauzione alla gestione dei
rifiuti obbligherebbe a rinunciare all'incenerimento e a puntare, in modo
prioritario, sulla riduzione, il riuso e il riciclaggio dei materiali post
consumo, in quanto queste pratiche inducono un impatto ambientale nettamente
inferiore a quello degli inceneritori.
Questo giudizio rientra nella
nuova politica di attivare misure precauzionali a tutela della salute pubblica,
ovvero quella di prevenire il danno, invece di mitigarlo.
(*) Isde -
Medici per l'ambiente Specialista in Anestesia e rianimazione, e in
Farmacologia