Due diversi atteggiamenti, due pratiche opposte, due modelli alternativi: il primo, molto diffuso oggi nella cosiddetta dialettica politica, consiste nel negare l'evidenza, distorcere i fatti, proporre assiomi, rivendicare con orgoglio il diritto a eludere le regole; il secondo consiste nello sforzo di ricostruire semplicemente la verità, portando dati a supporto e esigendo il rispetto della democrazia. Due modelli molto presenti nelle vicende di oggi della Val Susa.
"Sulle grandi opere la destra non sa costruire
consenso" Vannino Chiti, capolista dell'Ulivo in Toscana, ha visitato i cantieri Tav tra Firenze e Bologna.
di Francesco Sangermano da L’Unità del 29/1/06 Fuori dalla galleria del Carlone, nel Comune di Vaglia, c'è ancora la pietra che aveva firmato quasi 10 anni fa. Era il 10 luglio 1996. Vannino Chiti, allora, era presidente della Regione e insieme a Claudio Burlando, all'epoca ministro dei trasporti, dettero il via ai lavori. A quasi dieci anni di distanza la linea ad Alta velocità fra Firenze e Bologna è ormai realtà. Entro un paio d'anni l'intera tratta sarà a regime (ad esclusione degli snodi sotto i due capoluoghi) e ieri Chiti, coordinatore diessino e capolista dell'Ulivo in Toscana alle prossime elezioni, si è recato sui cantieri per constatare personalmente lo stato d' avanzamento dei lavori insieme a Pietro Marcheselli, direttore di Cavet, e Gianni Bechelli, responsabile Tav per la Toscana.
«In dodici anni sarà completata l'alta velocità da Torino a Napoli. È una grande opera italiana, la più grande dal dopoguerra ad oggi. È stata decisa e attuata dal governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi e realizzata (almeno per quanto riguarda la tratta tra Firenze e Bologna) attraverso una esemplare collaborazione con le regioni Toscana ed Emilia Romagna, la Tav e il Cavet». Chiti chiama a modello quanto realizzato. Nonostante le difficoltà che si sono parate in mezzo al cammino e i problemi cui si è dovuto far fronte in corso d'opera. «Per controllo sull'impatto ambientale e sicurezza nei luoghi di lavoro i 78 chilometri del tracciato (di cui 73 in galleria, Ndr) rappresentano un esempio considerato a livello mondiale. Ciò dimostra che si possono realizzare grandi opere pubbliche nel nostro paese e che il centrosinistra ha saputo farlo».
Non altrettanto si può invece dire della destra che, denuncia Chiti «non conosce la necessità e i modi per costruire un consenso attorno alle grandi scelte». «Le agita - prosegue - si contrappone a regioni ed enti locali, non ricerca un confronto e una partecipazione dei cittadini: così facendo produce divisioni e non realizza niente. Per restare alla Toscana questo modo di procedere ha impedito che venissero aperti i cantieri per completare il collegamento tirrenico tra Rosignano e Civitavecchia e lo si è visto di recente in Val di Susa. Le opere pubbliche non si costruiscono con la militarizzazione dei territori. Bisogna invece assumersi la responsabilità di individuare le grandi opere necessarie allo sviluppo del paese e poi determinare con le regioni e le comunità locali i modi per attuarle».
L'ultimo riferimento è ai rapporti tra governo centrale ed enti locali. «Se è giusto che una nazione chieda a un territorio sacrifici per un interesse generale - conclude Chiti - altrettanto doveroso è determinare sul quel territorio delle ricadute in termini di benefici economici e sociali. La Tav ha investito il 20% delle risorse per opere accessorie che rimarranno fruibili dalla citadinanza dei vari paesi. Su questa strada riusciremo non a dividere i cittadini ma a realizzare le opere necessarie al miglioramento del paese». |
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di volontariato Idra Vannino Chiti e l’Alta Velocità in Mugello: l’informazione si fa Pravda? Soltanto luci e fasti, neppure un’ombra, sui lavori per l'Alta Velocità tra Firenze e Bologna nelle recenti dichiarazioni di Vannino Chiti. Tale è l’entusiasmo sviluppista che l’ex presidente della Regione Toscana (licenziò il progetto nel luglio ’95 nonostante i pareri negativi o interlocutori espressi dagli uffici tecnici regionali) dimentica persino date e protagonisti della vicenda: l’opera “più grande dal dopoguerra ad oggi” sarebbe stata “decisa dal governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi”... che in realtà la trovò già approvata, da quasi un anno, dal governo Dini. Ora, non è certo una novità che il centro-sinistra caldeggi le “grandi opere”, TAV in testa. Sorprendono invece altre circostanze che sembra difficile spiegare con le armi del semplice buon senso. La prima: perché mai promuovere la filosofia delle “grandi opere” partendo proprio dal caso più disgraziato, quello della tratta AV Bologna-Firenze, opera-colabrodo per eccellenza? Anche i bambini piccoli sanno ormai quanto il sottoattraversamento appenninico sia paradigma di fiasco erariale, progettuale, trasportistico, ambientale. Fa specie l’enfasi posta proprio su quest’ultimo aspetto: Chiti, sorvolando sui 115 milioni di metri cubi d'acqua di montagna dispersi e altri "dettagli", rivendica addirittura che “per controllo sull'impatto ambientale i 78 km del tracciato (di cui 73 km in galleria) rappresentano un esempio considerato a livello mondiale”! Seconda domanda: come fa l’ex presidente della Toscana a definire “esemplare” la “collaborazione con le regioni Toscana ed Emilia Romagna, la Tav e il Cavet”, quando la stessa Regione Toscana ha dovuto costituirsi parte civile contro il CAVET nel processo per i danni ambientali causati dalla TAV? E ancora: ha senso che a tessere le lodi del pernicioso modello TAV provveda proprio Vannino Chiti, al quale le cronache del ’95 imputano l’esercizio di una certa quale pressione nei confronti dei Comuni recalcitranti a firmare un progetto che espressamente non hanno gradito e che i suoi stessi uffici non hanno potuto esaminare se non in modo frettoloso e incompleto? Verbali ufficiali attestano la profonda contrarietà dei Consigli comunali, dei sindaci e della Comunità montana (non parliamo delle popolazioni...). Infine: è davvero lodevole teorizzare l’arte dello scambio ambiente/compensazioni, salute/contropartite? Quelle che Chiti eufemisticamente definisce “ricadute in termini di benefici economici e sociali” sui territori sacrificati dalla TAV sono in realtà contropartite che la storia dell’Alta Velocità in Mugello boccia ormai come improponibili. E non soltanto sul piano etico-politico, ma anche su quello pratico. Ha un senso suggerire – nella generale rincorsa al gigantismo lungo la quale i due schieramenti appaiono competere solidali nei fini - ricette rivelatesi paurosamente fallimentari? Solo una politica ormai avulsa dalla realtà, ci resta da pensare, può produrre questo tipo di soluzioni. Ci domandiamo, facendo tesoro della lezione che promana dal netto NO! della Val di Susa e dalle reazioni scomposte che trasversalmente si sono registrate: siamo per caso di fronte a una generale, radicale perdita di orientamento, a una sorta di grottesca deriva delle coscienze nella classe politica italiana? |