In marcia col popolo anti tunnel "Attenti, là
sotto c´è l´amianto"
I manifestanti
sono partiti quando era ancora buio, salendo sui sentieri dei partigiani per
sbarrare la strada agli agenti
di Paolo Griseri da Repubblica del 1/11/05 –
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Mompantero (Torino) - Le stelle di Orione e i lampeggianti della polizia sono gli unici bagliori della notte. Tra gli alberi luccicano le pile dei valsusini che risalgono il costone sinistro della valle per presentarsi all´alba sul luogo dei sondaggi, un´ora di cammino tra i boschi oltre il ponte di Seghino. Sentieri di partigiani, piste tagliafuoco che dominano Susa, laggiù nel fondovalle. Strade che conoscono in pochi, anche tra gli abitanti di queste montagne.
A scarpinare verso i mille metri del prato su cui si deciderà l´esito della giornata c´è un´armata composita e un po´ improbabile. Ci ritroviamo in nove: quattro ragazzi sui trent´anni, una signora sui settanta, due assessori dei paesi vicini, un professore delle scuole superiori. Alle 4,30 i primi gruppi sono già saliti, altri ne seguiranno. Ci si aspetta ad ogni curva perché di pile ce n´è una sola e a ogni svolta si piomba nel buio.
Il popolo dei No-Tav, di chi si oppone alla ferrovia veloce tra Torino e
Lione, è fatto di storie e motivazioni diverse. L´assessore, un cinquantenne, è
uno che si oppone «perché ho scelto di vivere in questi boschi e me li vogliono
distruggere». Elenca «le innumerevoli ferite inferte a una valle stretta che
già oggi sopporta una ferrovia, due strade statali e un´autostrada».
Racconta i recenti timori «per l´inquinamento da diossine provocato da
un´acciaieria vicino ad Avigliana». Ricorda che «di tutto questo presunto
progresso si avvantaggeranno forse gli abitanti delle grandi città e noi ne
pagheremo solo le conseguenze». Propone infine «un modello di sviluppo diverso,
più compatibile con l´ambiente». L´ambientalismo in una sola vallata?
L´assessore preferisce non cogliere la provocazione: «Se riusciremo a
dimostrare che un modello diverso è possibile, forse anche la città ci
seguirà». Dai capelli bianchi della signora Ezia nasce una riflessione meno
ambiziosa e più concreta: «Vogliono trasformare queste montagne in un
gigantesco cantiere per quindici anni. Con i camion carichi di terra per
scavare una galleria di cinquanta chilometri e un lungo nastro trasportatore
che attraversa il fondovalle. Non parlo tanto per me ma per quelli che dovranno
convivere a lungo con questa devastazione. Che fine faranno questi boschi?».
Il rumore di una motosega interrompe il dialogo. Qualcuno, sui tornanti
più in basso, ha abbattuto un grande pino per creare una barricata. In città si
fa con i cassonetti delle immondizie. Nel gruppo c´è chi protesta («perché
sacrificare un albero?») e chi approva («un sacrificio necessario»). «Volete
sapere quanti ne abbatteranno se passerà la nuova ferrovia?», provoca uno dei
quattro ragazzi in testa alla comitiva. Mario, professore di economia aziendale
in un Istituto tecnico, spiega che «il danno maggiore all´ambiente verrà
dall´amianto nascosto sotto la montagna». E snocciola cifre: «In ogni
centimetro quadrato ci sono 400 mila fibre di amianto. Liberarle nell´aria con
lo scavo della galleria è una follia. Non solo per noi che abitiamo qui ma
anche per chi vive a Torino e Milano». Qual è l´alternativa? «Rendere più
moderna l´attuale linea che oggi è sottoutilizzata. Tant´è vero che durante le
Olimpiadi su quei binari verranno aggiunti 73 treni straordinari».
Arriviamo al prato dove dovrebbero svolgersi i sondaggi alle 6,30. Ma
fino alle 13 la polizia non si vede. Gli agenti arrivano su per una mulattiera
tentando l´aggiramento dei blocchi. Si trovano imbottigliati, sovrastati da un
muro di duecento persone che blocca l´accesso dall´alto. Lo stallo dura tre
ore. I ragazzi con il casco blu cominciano a trattare con i sindaci.
L´atmosfera si stempera gradualmente, fino alla resa degli agenti. Prima di
andarsene il capitano e il vicesindaco di San Didero trattano le condizioni:
«Noi ce ne andiamo - dice il poliziotto ma voi non applaudite». Alle 16 la
polizia ridiscende la mulattiera nel silenzio.