La denuncia in un convegno organizzato dalla Fillea-Cgil:
alle società locali solo l´11 per cento degli appalti per le Olimpiadi
Il sindacato: il settore edile non è decollato.
Tomasso(CGIL): "Un addetto su tre impegnato nei cantieri
non è del tutto in regola: c´è chi paga l´Inps ma non la Cassa".
Guariniello denuncia i rischi dei subappalti: "Si tenta
di aggirare le norme, complice l´ipotesi depenalizzazione"
di
Diego Longhin su Repubblica, del 24/2/2005 (Cronaca di
Torino, pag XIII – rubrica Piemonte Economia)
Grandi opere occasione persa per
creare un solido e moderno settore edile in Piemonte. Per il sindacato, che ha
messo sotto la lente d´ingrandimento i cantieri più importanti, soprattutto per
la realizzazione delle infrastrutture olimpiche, in tutto circa 130 siti, la
mancanza di una spinta imprenditoriale ha fatto nascere sacche consistenti di
lavoro nero e di addetti extracomunitari irregolari. «Eredità che peserà sul
comparto e che renderà ancora più debole il mercato - sottolinea Alberto
Tomasso, numero uno della Fillea-Cgil di Torino - perché una volta che le
aziende saranno andate via, queste persone, venute in Italia per sbarcare il
lunario con una paga dai due ai cinque euro l´ora, resteranno, rivolgendosi ad
altri committenti».
In un convegno promosso dalla
Fillea-Cgil si è fatto il punto. In pratica un addetto su tre non è in piena
regola, fenomeno che ha portato al raddoppio dei morti nell´edilizia. Basta
incrociare i dati tra Cassa edile, Inps e Camera di commercio per capire che i
conti non tornano. «Ad esempio - spiega Tomasso - all´Inps in provincia di
Torino sono registrati circa 40 mila addetti, nella cassa edile poco più di 18
mila. Segno che c´è un buon numero di operai "grigi", a cui si paga l´Inps
ma non la cassa. Fenomeno che colpisce il 30 per cento degli addetti».
A questo va aggiunto il sommerso
totale, reclutato dai caporali. Circa il 20 per cento degli operai secondo una
stima della Cgil, utilizzati soprattutto nei cantieri olimpici, meno sulla linea
Torino-Milano. Assenti, invece, dalla metropolitana torinese. «Sono soprattutto
extracomunitari, ormai rappresentano il 40 per cento della manodopera, in
particolare marocchini - dice Tomasso - mentre i rumeni sono quasi tutti
regolari».
Colpa delle imprese locali che non
hanno saputo sfruttare l´occasione grandi opere per rafforzarsi e per
riconvertirsi, dal filone abitativo - che per forza subirà una frenata - a
quello delle infrastrutture. Invece la grande quantità di risorse arrivata in
regione è finita nelle casse di aziende non piemontesi. «Le locali - ribadisce
Tomasso - si sono aggiudicate solo l´11 per cento degli appalti per le
Olimpiadi. Il resto è andato fuori. Così le società sono arrivate con pochi
dipendenti e, grazie alla copertura dei meccanismi di subappalti, hanno
reclutato personale non sempre in modo corretto».
Tesi valida anche per il
procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello: «nei cantieri c´è la
tentazione di aggirare le norme e ad aggravare la situazione c´è l´insidia di
una depenalizzazione strisciante» . L´esperienza di monitoraggio avviata dal
sindacato torinese verrà replicata a livello nazionale con la nascita di un
osservatorio permanente sulle più importanti opere. «Vogliamo rilanciare gli
obiettivi della trasparenza, della legalità, della qualificazione del settore»,
spiega Franco Martini, segretario generale della Fillea-Cgil. «Lo scopo è
andare oltre la denuncia per dare il nostro contributo - dice il segretario
generale della Cgil Guglielmo Epifani - perché il settore possa attraversare
una fase migliore, soprattutto per quanto riguarda le condizioni di lavoro. Il
comparto edile cresce da otto anni e abbiamo una normativa matura, eppure non
si riesce a frenare l´illegalità che mina la sicurezza» .
Il pm Guariniello:
necessari più controlli contro il caporalato
di Micaela Barisone su il Giornale del Piemonte,
quotidiano on-line, Edizione del 24-02-05
La
fotografia è di quelle nitide, non ci sono contorni sfumati, e più il tempo
passa più la realtà diventa chiara e preoccupante. L’edilizia è malata di
lavoro nero e, purtroppo, di caporalato. Un fenomeno che qualcuno, con
previsioni ottimistiche, aveva messo nel cassetto, pensando che fosse un
problema radicato nel Sud Italia. E invece, Torino ma anche Milano, dimostrano
quanto questo «fenomeno perverso» sia fiorente e si alimenti ogni giorno di
più. «Un problema che tende ad aggravarsi in un settore che cresce molto, con
una quota di lavoro nero altissima» ha spiegato il segretario nazionale della
Cgil, Gugliemo Epifani, intervenuto ieri a Torino al convegno «Grandi
cantieri e qualità delle costruzioni. Torino-Milano, l’altra faccia della
medaglia» organizzato dalla Fillea-Cgil.
Il
caporalato, ovvero la compravendita di manodopera, è diventata una modalità molto
diffusa sia sulla piazza torinese che su quella milanese. Il mercato è
prevalentemente controllato da strutture piramidali, a volte delle vere e
proprie organizzazioni malavitose, che hanno come anello terminale il caporale,
ovvero colui che fa assumere gli operai dal subappaltatore e consegna la busta
paga ai lavoratori, chiedendo in cambio dai 200 ai 300 euro mensili.
Infiltrazioni
mafiose, si diceva. Perché «la mafia con tutto questo va a nozze» come
sottolinea Don Ciotti fondatore e anima del Gruppo Abele intervenuto ieri al
convegno. «Purtroppo questo fenomeno non è mai morto - spiega -, nel Nord la
presenza di caporali nei cantieri edili arriva a sfiorare il 40 per cento con
una forte presenza criminale mafiosa».
Il
problema è se e come decidere di intervenire, ma soprattutto è necessario il
coinvolgimento di tutti. Serve che possibilità e volontà vadano di pari passo
come vogliono sottolineare con forza dalla Fillea-Cgil, il sindacato di
categoria. «Credo - aggiunge Don Ciotti - che il primo passo da affrontare sia
quello dell’immigrazione. Per legge chi aspetta il permesso di soggiorno non
può lavorare, ma come si mantiene? Bisogna assolutamente sbloccare alcuni punti
legislativi e fare in modo che ci sia più trasparenza».
Già
la legge. Un sistema normativo che c’è, ma «che potrebbe anche migliorare»
spiega il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello intervenuto al dibattito.
Le cause del fenomeno caporalato il magistrato le ha bene in mente.
«Servirebbero più controlli - ammonisce usando il condizionale - ma mancano i
controllori. Ho dovuto chiamare il ministro del Lavoro per avere più forze da
destinare ai controlli. Me le ha inviate, ma ora sono già tornate alle loro
sedi e tutto è tornato come prima». Dunque, lavoro nero che prolifera, perché è
quasi certo che le verifiche, nei cantieri, dove è diffusa la tentazione di
aggirare le norme di tutela della sicurezza, si fanno con il contagocce.
I
controlli non funzionano a dovere, questa la sintesi dell’intervento di
Guariniello. «Mi riferisco sia a quelli interni, affidati a due soggetti, il
rappresentante della sicurezza e il responsabile del servizio prevenzione e
protezione dei rischi, sia a quelli esterni che competono all’Asl e agli
ispettorati provinciali del Lavoro». E troppa poca conoscenza della materia
finisce con l’alimentare la possibilità di errori. «Spesso il responsabile del
servizio prevenzione si sostituisce al datore di lavoro, assume funzioni
operative, ma non può pensare di essere immune da responsabilità» spiega
Guariniello. Ma anche per quanto riguarda i controlli esterni la situazione non
è da considerarsi rosea. «Il problema è sempre l’esiguità degli organici
disponibili, ma anche l’insufficiente formazione degli ispettori - argomenta
Guariniello -. Spesso sono mandati allo sbaraglio senza possedere la dovuta
professionalità». Ma c’è una terza causa che non può e non deve essere
tralasciata. «Esiste una grossa confusione tra vigilanza e consulenza. Non si
può pensare di poter svolgere entrambe le mansioni - aggiunge il procuratore -
l’articolo 24 della Legge 626 lo dice in maniera chiara che non lascia adito a
dubbi». Dunque la legge mette a disposizione i mezzi, ma questi restano
sottoutilizzati.