Il grande cortile e la grande fabbrica

 

di Pierluigi Sullo da il Manifesto del 13/1/11

 

Mercoledì sera, mescolati tra la gente che partecipava alla fiaccolata contro Marchionne, a Torino, c'erano anche i No Tav della Valle di Susa: «Siamo al fianco di chi dice no per il futuro di tutti», avevano scritto annunciando la loro partecipazione.

 

La stessa scena, al contrario, si era vista cinque anni fa, all'epoca dell'invasione della valle da parte delle truppe dell'allora ministro degli interni Pisanu, quando il presidio di Venaus fu aggredito di notte e il giorno dopo decine di migliaia di persone se lo ripresero: la Fiom, contro il parere della Cgil, si era schierata al fianco di chi si opponeva - dice il comunicato di oggi dei No Tav - «ad un modello di sviluppo che ci vorrebbe distruggere».

E d'altra parte, in quel periodo, i No Tav, sempre assai creativi, inventarono una forma di lotta inedita, lo sciopero di valle, che ebbe un grande successo: fabbriche e luoghi di lavoro si fermarono per una faccenda “sindacale” che concerneva l'intera comunità.

 

Diciamo che, in modo quasi spontaneo, Fiom e No Tav avevano posto le premesse per una visione dell'economia, del lavoro e della società che metteva insieme, in tendenza, chi di lavoro industriale vive e lì fonda la sua azione, e lì difende i suoi diritti, con chi vede quali conseguenze abbia sul territorio, sui luoghi in cui si vive, sulla terra e il paesaggio, una economia di rapina, quella globalizzata, che come sfacciatamente dice Marchionne può investire indifferentemente a Torino o a Pomigliano, negli Usa o in Canada. Ogni legame è tagliato, i luoghi sono una piattaforma provvisoria per fabbricare quel che il mercato può assorbire, alle condizioni di produttività (e indifferenza per le “esternalità” negative sociali e ambientali) che permettono di “competere”. Dal modo in cui ne parla il capo della Fiat, accompagnato dal coro di tutte o quasi le forze politiche e da tutti o quasi i media, si tratta di una legge di natura.


Fu all'inizio del 2006, giusto all'indomani di Venaus, che ai No Tav venne in mente di coronare il loro successo con un grande forum, che prese il nome di «Grande cortile» per fare uno sberleffo a chi li rimproverava di “Nimby”, ossia di sindrome da difesa del proprio cortile e di essere indifferenti agli “interessi generali”.

Ora viene annunciata la quarta edizione del «Grande cortile»: diversi incontri, i cui titoli sono altrettante citazioni da Fabrizio De André («Dal letame nascono i fiori», ad esempio) e la cui serata dedicata a «Lavoro che vieni, lavoro che vai» si terrà lunedì 24 gennaio, il giorno dopo la chiusura dell'assemblea convocata a Marghera dal cartello «Uniti contro la crisi». Credo non si tratti di una coincidenza, ma di un altro ponte lanciato tra due entità, due approcci alla realtà, che il senso comune dei media, come una tarlata cultura di sinistra, vorrebbe opposti. Quella sera, a Vaie, dopo la proiezione del video di Pietro Perotti (già operaio a Mirafiori) sui 35 giorni del 1980, discuteranno di quel che accade Antonio De Luca (Pomigliano), Claudio Stacchini (Fiom di Torino), Roberto Lamacchia (avvocato che si è occupato di Thyssenkrupp) e Marco Revelli (che sta approfondendo un tema che, come si dice, si trova a valle della crisi del lavoro: la povertà). A coordinare, Maurizio Piccione, No Tav e operaio.


Ma il «Grande cortile» comincia già questo venerdì («La stessa ragione del viaggio: viaggiare»), quando Paolo Rumiz, tra altri, parlerà della Val di Susa come luogo storico di passaggio, da Annibale in poi; il 19 gennaio, Maurizio Pallante discuterà di decrescita; il 29 gennaio, Guido Viale, Tonino Perna, Paolo Cacciari e Vincenzo Cenname (dei Comuni virtuosi), su rifiuti, sud e nord, sulla «dittatura dell'ignoranza».

Eccetera (il programma è su http://grandecortile2011.blogspot.com).

 

C'è della preveggenza, in tutto questo. Oggi, l'aggressione di Mirafiori (e una dipendente Fiat ha scritto su una mailing list: «Voto no, perché tanto un lavoro da schiavi lo trovo anche altrove»), domani si tornerà alla carica con la Tav: «Il 2011 - si legge nella presentazione del «Grande cortile» - è considerato da chi vuole la Tav un anno cruciale. O si realizza almeno qualcosa, qualsiasi cosa, oppure si perderanno i finanziamenti europei e forse l'intero progetto abortirà. Molti - da entrambe le parti - si aspettano un inverno 'caldo' come nel 2005-2006».