Gennaio 2006
Nello scorso autunno,
per oltre un mese e mezzo, gli abitanti del Seghino hanno vissuto un incubo:
assediati in casa, una quotidianità sconvolta, la democrazia sospesa.
Qualcuno aveva pensato che era ora di mostrare i muscoli, e si poteva iniziare
al Seghino e a Mompantero, poi sarebbe arrivata Venaus.
Piera abita al Seghino, in questa piccola borgata che guarda Susa e Mompantero
dall'alto, lungo la strada che sale al Rocciamelone. In quei giorni raccontava
l'occupazione militare " vista dal di dentro", e le pagine del suo
racconto venivano pubblicate su "Luna nuova", il bisettimanale di
informazione locale.
Ve le proponiamo, per non dimenticare.
Cronache
dal Seghino - 1
(di Piera Favro - pubblicato su Luna Nuova)
31 ottobre 2005: la battaglia del Seghino.
Il 31 ottobre era una semplice data sul calendario ed il Seghino un piccolissimo e tranquillo paese del comune di Mompantero, situato a balcone sulla conca di Susa, a 700 metri di quota, meta di escursionisti a piedi o in mountain bike, per godere del bellissimo panorama e delle tiepide giornate autunnali.
Dal 31 ottobre quel piccolo paese è diventato famoso; si è trovato al centro, geograficamente e storicamente, di avvenimenti che avrebbero cambiato il corso della storia, almeno quello della valle di Susa. E’ strano come i luoghi e le date possano diventare simboli: un confine che divide nettamente due periodi: ciò che era prima e da quel giorno non sarà più così.
Ritornando con la memoria a quel giorno rimangono indelebili nel ricordo i volti e gli sguardi di coloro che erano lì: gioia, preoccupazione, rabbia, sorpresa… si alternavano sui visi a seconda di ciò che stava succedendo ed io che cercavo di interpretarli in un’ansia crescente.
Già nei giorni precedenti c’era un’aria di attesa: si studiavano strategie, si immaginavano scenari; era quasi una festa; l’occasione per rivedere amici che non incontravi da anni e la conoscenza di persone nuove. E’ straordinario come si diventi amici in un attimo, come ci si dia del tu spontaneamente, come ci sia un’unità di intenti che non necessita di grandi parole, ma di semplici gesti. E’ strano provare ansia quando sei attorniato da tante persone così, ma quel giorno la percepivi nell’aria, nei discorsi, nei trilli dei telefonini che suonavano incessantemente. Vedevi militari ovunque: carabinieri, poliziotti e finanzieri che fin dal mattino avevano occupato il Seghino ed avevano istituito tre posti di blocco in meno di duecento metri; guardavi giù verso Susa e sulla statale vedevi sopraggiungere auto, jeep, pulmini…blu chiaro e blu scuro: polizia e carabinieri che venivano in rinforzo ai moltissimi militari che avevano occupato tutte le strade di accesso a Mompantero. Sembrava di essere in guerra e non capivi le motivazioni per un tale dispiegamento di forze: c’erano solo uomini e donne “armati” di bandiere bianche e mani alzate….
Intanto giungevano le notizie che giù al ponte c’erano momenti di grande tensione. Fin dal mattino presto molte persone, a piedi, lungo i sentieri perché le strada era bloccata da una quantità inverosimile di mezzi delle forze dell’ordine, erano giunte ad aiutare coloro che nella notte avevano costruito barricate con mezzi di fortuna. Lì, su quel ponte, piccolo e stretto, si fronteggiavano due mondi diversi, due diverse rappresentazioni dello Stato: quello delle fasce tricolori dei sindaci con la loro gente e quello dei caschi blu dei poliziotti.
Il rischio di cadere nell’acqua del rio sottostante era grande, ma quel piccolo ponte ha permesso la “resistenza”ad oltranza della popolazione e dei sindaci, nonostante la disparità evidente delle forze in campo. Qualcuno si è sentito male, qualcuno è stato picchiato, ma più cresceva l’arroganza dei militari, più aumentava la rabbia e la forza del popolo No Tav e, nonostante gli scudi, i manganelli, la minaccia dei lacrimogeni…non sono riusciti a passare!
Alle cinque la tregua: si torna tutti a casa! Stanchi, ma felici per la conclusione della giornata, uomini, donne, bambini scendono a valle. Al Seghino scendono i militari che erano saliti dalle mulattiere e si erano dispersi nei sentieri della montagna. Erano in tantissimi, alcuni molto giovani, armati fino ai denti. Ti chiedi, ma dov’erano? Da dove spuntano? E un’inquietudine ti prende, perché senti che quello che sino ad allora era il “tuo” territorio, che conosci come le tue tasche, quel giorno non ti era più “amico”.
L’inquietudine e l’amarezza più grande però l’ho provata quando era ormai notte, poco prima di andare a dormire, quando una luce blu, poi un’altra e un’altra ancora hanno segnato la strada e la notte. E’ difficile descrivere i sentimenti di quei momenti: si è increduli, sai che sta succedendo qualcosa di grave, percepisci che qualcosa si è infranto, che le tue speranze nate con l’alba e con tutti quei visi amici si trasformano in pure illusioni ….e svaniscono….
Da quel momento in poi si vive una vita sdoppiata, irreale.
Apparentemente è tutto come prima: i giorni si susseguono ai giorni: lavoro, famiglia, casa… in realtà le cose sono molto più complicate, sembra di essere sospesi in attesa che accada qualcosa.
Tornare a casa è sempre stato un piacere e credo lo sia per chiunque di noi abbia una casa… ma adesso, a qualunque ora del giorno e della notte, si è inquieti perché si sa che si dovranno affrontare due, tre, forse quattro (dipende dalla fortuna) posti di blocco.
Blindati, macchine della polizia di traverso, una gran quantità di militari ti ferma, ti chiedono dove vai, chi sei… E ti viene da chiedere: ”Ma tu chi sei? Che cosa ci fai qui?”
Devi viaggiare con la carta d’identità a portata di mano e quella strada che ti porta a casa, che già percorrerla ti faceva sentire meglio, quasi arrivato alla meta, al caldo… ora la vivi con un disagio crescente, come se qualcuno ti avesse privato di un bene prezioso.
Devi chiedere il permesso per entrare a casa tua….
Una volta arrivata a destinazione le inquietudini non sono molto diverse; il senso di isolamento è la sensazione prevalente. Sai che nessuno potrà salire, se non i residenti; nessuno verrà a trovarti; nessuno a farsi una passeggiata…..
Ormai conosci i cambi turno dei blocchi, ma non ti riesci ancora ad abituare ai lampeggianti che la notte entrano nella camera da letto al passaggio degli automezzi. Li guardi passare, scorrere questi nuovo “originali turisti”, li conti, li vedi sparire lungo la strada che si perde nella montagna.
Ci si affaccia alla finestra al rumore di auto, ma si sa già che non è chi stai aspettando, sai già che non è una novità, ma una nuova spiacevole normalità; una”normalità” che lampeggia di blu.
Ed allora come un fumatore incallito che sta per finire le sigarette vorresti andare via… incontrare gente… condividere le tue emozioni…
Ma è difficile dire come ci si
sente, come si sente “straniero” in casa propria….(continua)