Quale modernità? La Tav e il marchese Gino Capponi
di
Tommaso Fattori da Il Manifesto del 22/12/05
Auro secolo omai volgono, o Gino, /i fusi delle Parche. Ogni giornale, /gener vario di lingue e di colonne, /da tutti i lidi lo promette al mondo/ concordemente. Universale amore, /ferrate vie, moltiplici commerci, /vapor, tipi e choléra i più divisi/ popoli e climi stringeranno insieme: /né maraviglia fia se pino o quercia/ suderà latte e mele, o s'anco al suono/ d'un walser danzerà
Mentre
attendiamo fiduciosi, in compagnia di Leopardi, che la Nestlè faccia sudare pini
e querce, il latte di mucche tedesche sale a bordo di Tir -o treni non
sufficientemente veloci?- raggiunge la Grecia, dove, trasformato in yogurt,
riparte alla volta del mercato tedesco. E viceversa naturalmente. L’acqua, un
bene di tutti, viene privatizzata e imbottigliata: tonnellate di plastica
attraversano in lungo e in largo le regioni d’Europa, farcendo l’aria di gas di
scarico. Bottiglie acquistate, trascinate per calli e per scale, finalmente
bevute in appartamenti che disporrebbero di ottima acqua potabile direttamente
dal rubinetto, a un milionesimo del prezzo. Le bottiglie di plastica vengono
incenerite, provocando tumori, costi sociali e ambientali. Inceneritori che, per
riprendere enormi investimenti, conoscono una sola e modernissima logica:
incenerire sempre più (il che, pare, non aiuta granchè lo sviluppo di pratiche
come la raccolta differenziata o il riutilizzo). Mi correggo, i rifiuti vengono
termovalorizzati; la modernizzazione ha anche un suo scintillante
vocabolario.
Ciclo
corto della produzione e riciclaggio, energie rinnovabili e forme di economia
solidale (non predatoria) evocano, per i cantori della modernizzazione,
l’universo delle raccoglitrici di bacche e radici, al massimo il poetico mondo
pastorale di Titiro che riposa sotto il faggio. Che sia possibile un’altra
modernità, magari in grado di assicurare un futuro al pianeta, non attraversa le
loro menti. E così tanti “Capponi”, su ogni giornale, si prodigano a ripetere ai
valsusini che la modernizzazione è questa, e non si discute. Per il loro bene,
per il nostro bene.
E noi?
Che sempre abbiamo voluto il trasferimento delle merci la cui circolazione non
sia irrazionale dalle strade alle ferrovie, ci opponiamo? Appare forse moderno,
eppure non logico, traforare oltre cinquanta chilometri di montagne, mettendo a
rischio salute e ambiente, per trasportare un carico di merci poco superiore a
quello trasportabile con il semplice rafforzamento dell’attuale linea del
Frejus; per di più a breve sarà operativo il raddoppio del Gottardo ferroviario,
che attrarrà le merci lombarde (su tutto questo hanno scritto magistralmente
Boitani e Gallino, e, soprattutto, su questo e altro ci hanno insegnato gli abitanti della Valle). Ma
se in gioco vi sono miliardi e miliardi di euro, oltre al lavoro e ai diritti
anche la logica diviene improvvisamente flessibile. Come hanno già sperimentato
altre regioni martoriate da Tav e grandi opere.
Tuttavia,
è evidente, questa vicenda ha riaperto la discussione sui fondamenti. Sullo
sviluppo, la crescita e il consumo, sulla “razionalità” del mercato, sugli stili
di vita individuali e collettivi, sulla nostra quotidianità. La città in cui
vivo, per esempio, anche oggi è assassinata dal traffico privato. Tutti
asserragliati in scatolette di metallo, stressati, in rigorosa e nervosa
solitudine. Pochi usano i mezzi pubblici collettivi, quasi nessuno la
bicicletta; eppure è tutto in pianura, qui a Firenze. Ma quelle stesse persone,
all’imbrunire, passano ore dentro una costosa palestra, pedalando su cyclette, percorrendo nell’immaginario
quei chilometri che nella realtà si macinano sui motori a scoppio. Curiose
abitudini, quelle della modernità. Qui accanto costruiscono. Ma non si
costruisce, che so (forse come vecchi montanari valsusini?) in modo che la casa
non disperda calore d’inverno e sia ventilata in estate, in modo che abbia
bisogno di poca energia. No, altri sono i criteri dell’edilizia e così cresce la
domanda di energia. E qual è l’offerta? Non quella delle rinnovabili, ma la
modernità dei combustibili fossili, che trascina con sé la modernità delle bombe
intelligenti.
Serpeggia
un altro atteggiamento antimoderno. Quello di chi si oppone alla privatizzazione
di beni comuni naturali e sociali. Di chi propone un nuovo modello pubblico,
partecipato dai cittadini. Di chi sostiene che privatizzare quei beni che
abbiamo “in-comune” significhi spezzare i legami sociali e ridurci a monadi in
competizione ferina. Che mercificare i servizi che concorrono a definire il
contenuto della cittadinanza equivale a mercificare la cittadinanza stessa. I
cittadini che difendono i loro diritti, anzi, il loro stesso esser cittadini,
sono dunque ideologici.
Gli
antidogmatici, viceversa, si limitano ad affermare, più sobriamente, che quanto
essi sostengono rappresenta “il progresso”. La modernizzazione del paese, del
mondo. La Tav, di sicuro; magari confortati da precedenti e faraonici successi
quali il tunnel sotto la manica. Ma allora, effettivamente, perché non anche il
modernissimo ponte sullo stretto? Perché non l’ingiustamente obliato scudo
stellare? Chi sono gli oscurantisti che parlano di “limite”? Non sarà forse
possibile, se non proprio rendere infinite le finite risorse naturali del
pianeta, almeno provare ad essere popperiani d’assalto e “falsificare” il terzo
principio della termodinamica?
Infine ho
l’impressione che la cosa più moderna di tutte sia la post-democrazia. Cavallo
di battaglia della globalizzazione neo-liberista, sellato qui in patria da
elezioni dirette di ogni ordine e grado, localmente si traduce nel trasferimento
quotidiano della politica e delle decisioni fondamentali dai consigli elettivi
nel chiuso delle stanze dei consigli di ammministrazione delle Società per
Azioni. Ma allora che diavolo mai vogliono i cittadini della Val di Susa? Che
democrazia e territorio siano beni comuni sostanziali? Partecipazione? Certo,
partecipazione azionaria: tutti proprietari di un frammentino di Tav, per
esempio. Questa è la partecipazione moderna, non quella figlia della rivoluzione
francese.
Craxi ha
svecchiato, cioè modernizzato, la sinistra italiana e oggi gli viene largamente
riconosciuto. Finalmente si è potuta alleggerire la politica dall’oneroso
fardello di un progetto alternativo di società e di modernità. Le due strade si
sono separate, il progetto alternativo è stato –in modo assai moderno-
“termovalorizzato” e la politica si è fatta gestione dell’esistente e del
potere. Movimenti e gente di montagna vogliono mettere in discussione tutto
questo progresso?