Le FS verso il fallimento. Ad Alta Velocità
La politica
di investire nel faraonico TAV lasciando andare alla deriva il servizio attuale
non regge.
Molti lo
denunciavano da tempo; qualcuno fa finta di scoprirlo adesso.
C’è da
giurare che continueranno a perseverare nell’errore, pur di mangiare una fetta
della ricca torta in gioco.
A cura del
Comitato NO-TAV Torino
Le Ferrovie italiane sono in una
situazione finanziaria drammatica.
Mauro Moretti, amministratore
delegato, nell’audizione davanti della commissione Lavori Pubblici del Senato
del 14/12/06 ha affermato: "Siamo sull'orlo del fallimento. Le Ferrovie si
sono svenate, non hanno più risorse e lo sbilancio è tale che non permette più
di andare avanti in una situazione di indebitamento finanziario"
"Lo sbilancio per il 2006 è
stimato a 1,707 miliardi è assolutamente indispensabile per noi la
ricapitalizzazione di Trenitalia altrimenti corriamo il rischio, non in tempi
lunghi, ma brevi, di portare i libri in tribunale"
“Il problema riguarda sia la
nostra capacità imprenditoriale e gestionale, dove pesano le inefficienze della
gestione precedente, che il corretto rapporto con lo Stato perché gli impegni
presi devono essere onorati. Lo Stato ha tutto il diritto di ridurre i
trasferimenti ma ha anche il dovere di dirci quali servizi debbano essere
ridotti. Se vuole può ridurre i trasferimenti, questa è una libera scelta. Ma
se si vuole così, bisogna poi dire cosa tagliare. Non si può perpetuare una
situazione che ci ha portato sull'orlo del fallimento".
All’audizione ha preso parte anche il presidente delle FS Cipolletta, che ha precisato: " All'intero sistema ferroviario, ha spiegato, necessitano circa 6,1 miliardi di euro. A determinare tale squilibrio è stata sia la riduzione dei trasferimenti dalla Finanziaria 2006, sia l'aumento dei costi in larga parte attribuibili ai servizi Trenitalia".
"La Finanziaria 2007 assegna maggiori risorse, ma non riesce a soddisfare tutte le esigenze del sistema ferroviario. Mancano 3,5 miliardi per l'alta velocità, 1,4 miliardi per la rete convenzionale, 500 milioni di euro per le convenzioni e 700 milioni per la ricapitalizzazione di Trenitalia, che è necessaria per non portare i libri in tribunale".
Una situazione pesante, dunque, che imporrebbe dei seri cambiamenti di rotta. Ma non è affatto detto che i decisori politici ed imprenditoriali intendano affrontare seriamente le cause che hanno portato a questo risultato, per avviare poi un robusto risanamento. E’ però ormai chiaro a tutti coloro che in questa situazione subiscono un danno, ossia ai pendolari ed a tutti i cittadini italiani che pagano le tasse, che si devono spostare gli investimenti dal pozzo senza fondo dell’Alta Velocità alla manutenzione ed ammodernamento della rete convenzionale, per tamponare il disastro del servizio oggi offerto. Se ne comincia finalmente a parlare perfino sui grandi quotidiani, come Reubblica, su cui ieri A.Stattera scriveva:
“Il neopresidente delle Ferrovie Cipolletta ci spiega che economie interne sono ben possibili, anzi che ci sono «larghi spazi», pur senza licenziare nessuno, ma che il problema sono i miliardi necessari per rifinanziare l´Alta velocità. Ne servono tanti e non si possono trovare sul mercato se lo Stato non libera le tariffe.
In luglio, il governo di
centrosinistra stanziò 1,8 miliardi per tenere aperti i cantieri dell´Alta
velocità che, svenati, stavano per chiudere.
L´Alta velocità è il mito d´inizio
secolo e anche il contenitore di una quantità indicibile di nefandezze
politico-affaristico- clientelari, spesso tinte di giallo. Chi ricorda
l´assassinio di Ludovico Ligato, presidente delle Ferrovie travolto dallo
scandalo delle «lenzuola d´oro», freddato dalle parti di Capo Spartivento
nell´agosto del 1989 da un commando mafioso? E chi la morte, pochi mesi fa, di
Lorenzo Necci, signore indiscusso dell´Alta velocità, in un singolare incidente
in bicicletta?
Quanto è costata, per dire, l´Alta
velocità Roma-Napoli fino al nodo di Afragola? Quanto sono lievitati i costi?
Come sono state spartite le tangenti? Qualcuno ce lo dirà mai? I conti sono
fermi purtroppo a molti anni fa, quando l´ex giudice Ferdinando Imposimato in
una relazione alla commissione Antimafia quantificò in diecimila miliardi la
sola torta della camorra, suddivisa in sei decimi ai partiti e quattro decimi a
camorrisiti, affaristi e faccendieri vari. Non è andata meglio dopo, quando tra
convenzioni, atti integrativi, «addenda», accordi, appalti, supabbalti,
subappalti dei subappalti, varianti in corso d´opera, contestazioni, riserve,
liti e successive «composizioni amichevoli», secondo il vicepresidente dei
senatori della Margherita Luigi Zanda, i costi sono cresciuti in maniera che è
poco dire «scandalosa», fino al triplo di quelli sostenuti in Francia e in
Spagna.
Cipolletta e Moretti ereditano da
Giancarlo Cimoli e Elio Catania un´azienda, se così si può chiamare,
disastrata, passata per finte ristrutturazioni che si sono rivelate nel
migliore dei casi modesti lifting.
L´ingegnere riminese nominato
amministratore delegato dal governo Prodi a tutto ciò ha assistito dall´interno
in posizione non proprio minore ed è da augurarsi con qualche sconcerto.
Legittimo il suo allarme prefallimentare lanciato ieri in Parlamento, purché la minaccia dei libri in tribunale non serva per iscrivere tutto a piè di lista, a carico dello Stato.”
Sulla scelleratezza degli
investimenti nel TAV torna ancora una volta un critico, non dell’ultima ora,
come Marco Ponti con un articolo (http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=2438&from=index)
sul sito www.lavoce.info:
“Le linee di alta velocità hanno visto triplicare i costi, rispetto alle stime iniziali, in termini reali, e quadruplicare in termini correnti. Questo, senza contare gli interessi intercalari di lavori ormai decennali.
Una piccola considerazione
scientifica: sulle stime iniziali di costo furono fatte analisi del tipo
costi-benefici con risultati incerti, e analisi finanziarie assai più precise,
da cui si dedusse che le nuove linee avrebbero potuto ripagare all’erario il 40
per cento dei costi di investimento. Che ne è di tali risultati dopo l’enorme
gonfiamento dei costi che si è verificato? Che succederà se il 40 per cento
pattuito con il Tesoro non sarà pagabile? Chi sarà il pagatore di ultima
istanza? Non vi può essere il sospetto, Dio ce ne guardi, che i costi di tali
opere siano sistematicamente sottostimati per giustificarne l’avvio, che poi
risulta nei fatti irreversibile?
Tuttavia, i problemi non
riguardano solo i costi ex ante ed ex post. Adesso che due linee Av sono in
funzione - Novara-Torino, e Roma-Napoli - si può parlare anche di ricavi. La
prima è incompleta, quindi i ricavi possono non essere significativi, ma quando
sarà completata la tratta tra Novara e Milano? Va ricordato che il
costo-opportunità delle risorse pubbliche impiegate, stimabile indicativamente
al 5 per cento, determina un costo giornaliero alla collettività
superiore al mezzo milione di euro.
Più interessante il caso della
linea Roma-Napoli, completa da quasi un anno. Quanti sono i passeggeri
aggiuntivi che ha generato a oggi, considerando che le linee esistenti sono
tutt’altro che sature? E questi nuovi passeggeri quanto tempo hanno risparmiato?
Le tariffe sono state definite per tentare di rispettare l’impegno che la linea
ripaghi il 40 per cento dei costi di investimento?
Forse, dopo un anno di esercizio,
da questi dati si potrebbero ricavare utili indicazioni, anche strettamente
finanziarie, per le altre linee Av prossime a essere terminate, o in fase di
avvio, in particolare la Torino-Lione. Altrimenti, si rischia di sbagliare di
nuovo le previsioni, sia dei costi che dei ricavi.
I due casi ricordati, che
rispecchiano tuttavia una situazione assai più generale, sembrano suggerire che
l’impegno programmatico dell’attuale governo di costituire un’autorità
indipendente per la regolazione delle infrastrutture (e dei trasporti in
generale, per i comparti non esposti alla concorrenza), non sia davvero più
procrastinabile, anche al fine di "liberare" risorse pubbliche per
gli interventi urgenti nel settore.”