NO TAV a convegno
di Marco Giavelli da Luna Nuova dell’8/4/08 – pag.2
Susa - La costruzione del Tav in valle di Susa potrà portare un incremento di occupazione non certo autoctona ma per lo più extracomunitaria, e per giunta nei lavori più pericolosi. Una tesi che i comitati No Tav sostengono da tempo, ma che sabato pomeriggio, durante il convegno a tema organizzato dal movimento, è stata suffragata anche dall'autorevole opinione di Ivan Cicconi, già capo della segreteria tecnica del ministero dei lavori pubblici, grande esperto di appalti e del quadro giuridico-amministrativo in cui si muovono le grandi opere.
Tutto ruota attorno
alla figura dei General contractor, ruolo che possono accaparrarsi soltanto
grandi imprese a valenza nazionale o internazionale, le uniche potenzialmente
in grado di aggiudicarsi appalti di queste dimensioni. Dopodiché i lavori
vengono però subappaltati a grandi imprese che operano direttamente col
proprio personale, con ricadute minime sull'economia locale: «Alle piccole
imprese del territorio - ha sottolineato Giovanni Vighetti - possono
essere lasciate solo le briciole, cioè i lavori più nocivi e pericolosi, e
soprattutto l'incertezza dei pagamenti». Cicconi ha spiegato come il
settore delle costruzioni, in effetti, abbia vissuto un'espansione mai vista
prima negli ultimi 10 anni. Anche se, a fronte di un aumento complessivo degli
addetti e degli investimenti, i dati ricavati dalle cosiddette "casse
edili" parlano di un numero di operai che è sceso in picchiata, passando
dal milione e 100mila di 10 anni fa ai 600-650mila di oggi.
«Questo perché si è registrata una grande
frantumazione della dimensione della media impresa - ha spiegato Cicconi - L'idea
di dire sì al Tav perché porta lavoro è una barzelletta, ma poggia comunque su
alcuni elementi storici: negli anni '60-'70, nel boom della realizzazione di
autostrade e opere viarie, questo discorso contava. Ora, però, siamo di fronte
ad un mondo dell’impresa che è cambiato radicalmente: un'infrastruttura come la
Torino-Lione, che con la valle ha in comune solo il concetto di passaggio, non
ha nulla a che vedere coi vecchi progetti. L'alta velocità è esattamente il
contrario, anzitutto perché è cambiata l'architettura contrattuale-finanziaria
di come queste opere vengono fatte. La vecchia impresa dal 10mila addetti è
diventata un'impresa virtuale con 100-200-300 imprese scollegate fra
loro, ma governate da un ragno forte attraverso una fitta ragnatela di appalti
e subappalti».
Questo
"ragno" è appunto il General contractor, che Cicconi ha definito come
una grande scatola vuota. E ha fatto l'esempio concreto di Impregilo, la prima
impresa a livello italiano: «Dai dati di bilancio viene fuori che in sei
anni, dal 2000 al 2006, i suoi operai sono scesi da 100 a 7, ma
contemporaneamente è raddoppiato il suo fatturato. Nei lavori per l'alta
velocità avviene tutto questo. E alcune imprese che hanno lavorato sulla
Bologna-Milano o sulla Bologna-Firenze sono andate in crisi a causa di questo
sistema. Per un'infrastruttura come la Torino-Lione, l'unica possibilità di
interazione col territorio è il ricatto dei suoi amministratori attraverso le
compensazioni. L'incremento dell'occupazione coinvolgerà solo gli
extracomunitari, seguendo il trend ormai consolidato negli appalti per le
grandi infrastrutture».
Secondo Claudio Cancelli, nemmeno per il famoso
"indotto" (hotel, bar, ristoranti) ci saranno delle ricadute: «Queste
imprese sono come delle città viaggianti e del tutto autosufficienti, che al
loro interno hanno tutto: la mensa, dove si mangia pure bene, le baracche per
dormire, le docce».
Lo stesso Giorgio Airaudo, che ha portato la sua solidarietà ai No Tav dopo i fatti di Almese e le parole della Bresso, ha invitato il movimento ad insistere sul lato economico nel fare valere le proprie ragioni. Ma qual è allora il rovescio della medaglia? Un nuovo modello di sviluppo che i No Tav ritengono ancora possibile. Alcuni esempi: quelli portati da Sergio Simonazzi, che ha parlato delle possibilità di impiego che esistono nel settore della zootecnia, e dall' assessore alle risorse idriche della Comunità montana Giorgio Vair, che ha spiegato come i piani di manutenzione del territorio, attivati grazie al ritorno agli enti locali del 5 per cento delle bollette Ato, stiano dando lavoro in valle a 100-120 persone l'anno tra cooperative sociali, imprese e cooperative agricole locali.