Progetto del Treno Alta Velocità del Brennero

 

Marco Ponti insegna Economia dei trasporti, prima a Venezia, e da quattro anni al Politecnico di Milano. Ha svolto attività di consulenza per la Banca Mondiale, il ministero dei Trasporti, le Ferrovie dello Stato e il ministero del Tesoro. Ha partecipato come esperto all’elaborazione del primo e del secondo Piano Generale dei Trasporti. Svolge attività di ricerca nell’ambito dei modelli trasporti-territorio, di analisi di fattibilità economica e finanziaria dei progetti (versioni avanzate dell'analisi costi-benefici), regolazione economica e liberalizzazione del settore (tecniche di gara, regole di accesso alle infrastrutture ecc.) e di "public choice".

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Vogliamo contribuire a chiarire alcuni aspetti controversi sull’utilità del progetto di Alta velocità ferroviaria, in particolare per l’asse Verona-Monaco. In proposito, politici e tecnici non hanno saputo finora rispondere alle perplessità sollevate da molti.

 

Su alcune importanti questioni di merito abbiamo intervistato il Prof. Marco Ponti che mette in evidenza, fra il resto, il problema delle rotture di carico della ferrovia, la mancanza di approfondimenti sulle potenzialità della infrastutturazione attuale e sugli impatti e i costi complessivi dell’Alta Velocità.

Dalle risposte forniteci dal professore – che non è un “radicale dell’ambientalismo”, ma un economista dei trasporti – escono fortemente indebolite entrambe le ragioni del Sì all’Alta velocità ferroviaria, quella ambientale e quella economica.

 

Ma soprattutto le risposte del professore indeboliscono la posizione dei decisori, incapaci di ricorrere alle necessarie valutazioni del rapporto tra costi e benefici. “In Italia – ci dice il professore - tale tipo di analisi ha scarsi seguaci, perché è politicamente sgradita, in quando tende a bocciare progetti costosi e di dubbia priorità, che sono invece spessissimo sponsorizzati dagli interessi costituiti, e dai politici che di questi interessi si fanno portatori. La prassi italiana – conclude Ponti – è esattamente all’opposto: si stimano costi irrealisticamente bassi e domanda altissima. Tutto questo è coerente con l’irresponsabilità dei decisori, che non saranno chiamati a rispondere dei risultati finali delle loro “sponsorizzazioni”.”

Come si motiva alla fin dei conti l’Alta velocità ferroviaria? “Il motivo vero – ci dice il professore – sembra essere quello di trasferire soldi pubblici all’industria italiana, visto che negli appalti la concorrenza funziona pochissimo”.

 

Proprio nei giorni in cui l’amministrazione provinciale ha accelerato la marcia di avvicinamento alla cosiddetta “Circonvallazione di Trento” (una delle tratte sud del TAV del Brennero), le risposte del prof. Ponti aprono nuove prospettive di riflessione per tutti.

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L’intervista è stata curata dalla redazione di Ecce Terra, in collaborazione con i giornalisti Alessandra Zendron e Marco Niro.

 

Versione integrale

 

1. Introduciamo questa intervista con una sua valutazione sia sulle strategie di infrastrutturazione portuale, stradale e ferroviaria, che punterebbero a rafforzare il ruolo dell'Italia come piattaforma logistica per il transito di merci con destinazione centro e nord Europa, sia sui benefici o sugli svantaggi di una eventuale rinuncia alla stessa opzione da parte italiana.

 

MP. Credo che la cosa vada vista con cautela: il puro attraversamento di merci non genera benefici ai territori attraversati, ma solo extracosti (ambientali e di congestione, ma anche finanziari se avviene per ferrovia, visto che il trasporto ferroviario non copre i costi che genera, è fortemente sussidiato).

Se invece è comprovato che le merci sono soggette a lavorazioni ulteriori, proprio consentite dal fatto che transitano, i benefici potrebbero essere consistenti, ma non mi sembra esista alcun serio indizio che questo in generale sia il caso. Se inoltre bisogna spendere molti soldi pubblici per consentire il puro attraversamento, sarei estremamente perplesso.

 

2. Il flusso per ferrovia delle merci spedite e destinate negli Stati appartenenti o meno alla Convenzione delle Alpi, necessita di nuove infrastrutture di attraversamento delle Alpi o sono sufficienti le attuali infrastrutture, comprese quelle in costruzione nella Svizzera (asse del Lötschberg, asse del Gottardo) e a quali condizioni?

 

MP. Le infrastrutture ferroviarie disponibili mi sembrano lontanissime in generale dalla saturazione, soprattutto se si pensa a trazioni multiple, cioè a treni molto più pesanti di quelli attuali, che sarebbero giustificati anche dal punto di vista economico.

Il problema è la difficoltà di spostare merci dalle autostrade alla ferrovia, nonostante l’elevata tassazione del modo stradale e gli elevati sussidi a quello ferroviario. Costruire infrastrutture nuove, dati i costi che presentano e i problemi ambientali connessi, non è da escludere, ma dovrebbe essere la soluzione di ultima istanza, dopo aver esperito tutte le tecniche per ridurre l’impatto dei veicoli ed aumentarne le capacità.

Anche per i veicoli stradali, l’ipotesi di aumentare i pesi a livello di quelli scandinavi (60 tonnellate) andrebbe esplorato, come andrebbe esplorato il costo di ridurre l’inquinamento atmosferico dei camion e la rumorosità sia dei camion che dei treni merci, in modo da consentire più traffici notturni. Si tratta di una vasta gamma di azioni possibili, tutte con costi per lo Stato che sono piccole frazioni di quelli di costruire nuove infrastrutture.

Non si dimentichi infine che i tunnel stradali si ripagano da sé, mentre quelli ferroviari devono essere pagati dai contribuenti, e che le tariffe potrebbero essere proporzionali all’impatto ambientale dei veicoli, accelerando così il progresso tecnico, già vivace (ibridi e biocarburanti). E si ricorda che gli aspetti finanziari del problema sono in realtà aspetti sociali: ogni euro pubblico speso in infrastrutture infatti significa meno servizi sociali erogabili ai cittadini, dati i vincoli di bilancio non superabili in cui ci troviamo.

 

3. In che modo l'aumento tendenzialmente inarrestabile del prezzo dei carburanti fossili inciderà sul trasporto su gomma attraverso l'arco alpino e attraverso l'asse del Brennero in particolare?

 

MP. È una delle variabili che giocano a favore della prudenza nel costruire. I prezzi elevati del petrolio, più le altissime tasse esistenti sul trasporto stradale, più gli standard europei (Euro 4,5,6…) accelereranno sia il passaggio alla ferrovia, che è lungi dalla saturazione, che l’evoluzione tecnologica dei camion verso mezzi meno inquinanti.

Da vedere con più attenzione rimarrebbe l’ipotesi del solo tunnel di base per consentire treni molto pesanti, ma si tratta di uno scenario valutabile solo nel lungo periodo, e dopo attente analisi economico-finanziarie delle alternative.

 

4. Rispetto allo scenario tracciato nella risposta alla domanda precedente che peso darebbe al trasporto merci via mare e che valutazione darebbe sugli effetti distributivi del traffico prodotti dalla concorrenza dei porti del Nord Europa ai porti italiani?

 

MP. Di nuovo, se l’obiettivo è catturare i flussi in attraversamento, mi sembra del tutto indifendibile. Che i porti italiani fatturino di più generando congestione e costi economici pubblici sulle linee di collegamento con le Alpi mi sembra rientri in questa strana logica.

Ma poiché l’obiettivo reale è costruire, tutto viene reso funzionale a quell’obiettivo.

 

5. È possibile ipotizzare per i prossimi 30-40 anni l'avverarsi di uno scenario in cui le merci prodotte e scambiate entro un raggio di distanza contenuta potranno essere comunque più concorrenziali rispetto ai flussi di traffico del mercato globale?

 

MP. I bassissimi costi del trasporto marittimo sembrano escludere questo scenario, anche con il petrolio a 200 dollari al barile, che tra l’altro accelererebbe moltissimo l’uso di carburanti alternativi.

 

6. Considerati l'assetto attuale e l'assetto tendenziale delle modalità del trasporto merci su ferro e su gomma in Italia, lei ritiene che la disponibilità di nuove infrastrutture ferroviarie ad alta velocità potrebbe di per sé attrarre quote significative di traffico merci oppure per questo risultato sarebbero necessarie apposite politiche di gestione dell'autotrasporto, e quali?

 

MP. Si tratta di un ossimoro: per definizione l’alta velocità non interessa il traffico merci ferroviario, che è vocazionale per beni poveri e pesanti, quindi senza molta fretta, come dimostra la scelta francese di non consentire il traffico merci sulle linee AV.

Severe politiche per spostare traffico dalla strada alla ferrovia (tasse e sussidi) sono già in atto da decenni: il problema è che la ferrovia rimane non funzionale alla logistica moderna, a causa delle “rotture di carico” che comporta, al contrario della strada.

 

7. La disponibilità sull'asse ferroviario del Brennero di una nuova infrastruttura con velocità di progetto fino a 250 km/ora teorici per passeggeri e 200 km/ora teorici per le merci consentirebbe un esercizio del traffico con compatibilità reciproche reali tra le due modalità, tenendo conto che, secondo i promotori, il rapporto dovrebbe essere 80% merci e 20% passeggeri?

 

MP. Per le ragioni sopra esposte, mi sembra un’impostazione assurda: a 250 km ora i passeggeri sulle distanze lunghe sceglierebbero i servizi aerei “low-cost”, e le merci avrebbero vantaggi limitatissimi a viaggiare a 200 km orari. Ma solo accurate analisi costi-benefici, fatte da soggetti terzi e in modo comparativo con altri progetti infrastrutturali e altre strategie gestionali, potrebbero dirlo.

 

8. Secondo lei quanti treni al giorno passeggeri e quanti merci potrebbero transitare sulla linea storica del Brennero adeguatamente potenziata, ristrutturata e razionalizzata nell'esercizio ricorrendo ai sistemi di gestione più avanzati?

Valuterebbe come corretta la stima di ITALFERR e BBT SE secondo cui la linea storica - dopo l'adeguamento tecnologico in corso di ultimazione - presenterebbe una capacità teorica di 244 treni (137 merci e 107 passeggeri) con una capacità potenziale di 40 milioni di tonnellate lorde per traffico merci?

 

MP. Occorrerebbe vedere le ipotesi fatte: sono previsti treni merci a trazione multipla? Il traffico passeggeri risponde ai desideri politici o alla domanda reale? Sono previsti treni passeggeri a elevata capacità?

Di nuovo, non deve essere un soggetto coinvolto direttamente e politicamente condizionato a fornire queste stime: nel caso del Frejus le ferrovie hanno fatto stime straordinariamente basse sulla capacità della linea storica e straordinariamente alte sulla crescita della domanda.

 

9. Negli studi di fattibilità i promotori del programma TAV sull'asse del Brennero disegnano due eventuali scenari futuri di esercizio.

Il primo (configurazione finale) contempla la realizzazione della nuova galleria di base e di tutte le tratte di accesso Sud complete e prevede una capacità potenziale di trasporto merci sulla nuova linea e su quella storica per circa 85 milioni di tonnellate lorde l'anno.

Il secondo (scenario di progetto al 2015) contempla la realizzazione della nuova galleria di base e di almeno due tratte di accesso Sud in Alto Adige e prevede una capacità potenziale di trasporto merci per circa 61 milioni di tonnellate lorde l'anno.

Quale è la sua valutazione su questo programma di incremento della capacità di trasporto merci?

 

MP. Queste stime richiedono l’applicazione di modelli complessi, e sarebbe quindi irresponsabile rispondere “a buon senso”. L’unico argomento forte che si può usare è l’esperienza passata: il più autorevole studio sui risultati di grandi progetti (“Megaprojects”) a scala mondiale dimostra che, soprattutto per le infrastrutture ferroviarie, il traffico è sistematicamente sovrastimato del 50% e i costi sistematicamente sottostimati di un valore analogo.

Ciò, sempre a causa della non neutralità delle previsioni, e del fatto che i promotori politici non sono mai chiamati a rispondere dei risultati, che ricadono sui contribuenti.

 

10. Secondo lei qual è il motivo della forte sottoutilizzazione dell'asse dei Tauri (Trieste-Tarvisio-Spittal-Tauerntunnel-Salzburg-Rosenheim)?

 

MP. Al solito, la difficoltà strutturale (cioè i costi complessivi per le imprese a causa delle rotture di carico) di spostare merci sulla ferrovia, nonostante le severe politiche fiscali in atto.

 

11. Su "Il Sole 24 ORE" del 11 novembre 2007 è riportato con enfasi che un "Osservatorio sui costi del non fare" – www.costidelnonfare.it -, presieduto da A. Gilardoni, docente presso la SDA Bocconi, individua per il triennio 2005-2007 in 2,9 miliardi di € il costo per l'Italia dell'insufficiente avanzamento dell'Alta velocità ferroviaria.

Lei valuta che indicazioni di questo genere siano fondate e facciano riferimento a tutti i tipi di dati necessari?

 

MP. Quella analisi lascia molto perplessi, e occorrerebbe vedere i dati e le ipotesi su cui si basa. Per esempio, assume implicitamente grandi benefici dalla realizzazione dell’AV Roma-Napoli, che ha avuto esiti risibili in termini di domanda, e costi elevatissimi.

 

12. La cronaca riporta spesso di apparenti buoni esiti sulla concessione dei finanziamenti europei. Su questa complessa e ambita “contrattazione” pare assai ostico conciliare le diverse esigenze e ambizioni degli svariati soggetti proponenti, siano essi privati o pubblici.

Visti anche i decenni necessari alla realizzazione dei diversi progetti, come intravvedere una via d'uscita, ammesso che si possa ritenerla tale, e a quale prezzo?

 

MP. Le cifre recentemente circolate sugli stanziamenti europei sono lungi dall'essere definitive, e configurano una situazione in cui alle opere transalpine di interesse italiano verrebbe assegnata una quota altissima in percentuale dei fondi europei disponibili per il prossimo quinquennio, il che rende improbabile che nei quinquenni successivi emergano molti altri fondi oltre a questi (i paesi sono 27, e molti hanno avuto briciole...).

Inoltre i fondi erogati riguardano essenzialmente i valichi (cioè le tratte internazionali), il cui costo è una frazione limitata dei costi totali. Non si sbaglia dunque ad affermare che con ogni probabilità più del 90% degli oneri rimarranno a carico dei contribuenti italiani, o dei cittadini che non avranno servizi sociali per valori corrispondenti, anche per la strutturale tendenza all'esplosione dei costi (quelli dell'AV, si ricorda, sono triplicati rispetto ai preventivi).

 

13. Per la “Circonvallazione di Trento” si prevede una galleria di 58 km che, secondo il presidente Dellai, risponderebbe a “grandi ragionamenti di logistica territoriale”. Ma quanto sono grandi e quali sarebbero i reali costi e vantaggi di tale tratta del TAV del Brennero?

 

MP. La circonvallazione di Trento prevede un costo di 1,2 miliardi di Euro (circa 2.300 miliardi delle vecchie lire).

Appare una cifra davvero molto elevata, anche perchè raramente i preventivi di costo sono rispettati. Si ricorda che i costi dell'alta velocità sono triplicati rispetto ai preventivi, senza molte proteste: infatti l'importante è far partire i cantieri, poi qualcuno pagherà, e i contribuenti non sanno nulla.

A fronte di questo enorme costo, sarebbe interessante valutare i benefici attesi, se non altro per "trasparenza democratica". Sembrano essere essenzialmente acustici. Ma con una piccola frazione di quei denari si possono costruire barriere antirumore integrali di argento massiccio, e foderate di leopardo, o fare treni di gomma...

Ma forse ci sono benefici anche per la capacità della linea: attualmente vi è una grandissima capacità residua non utilizzata, ma basta fare previsioni di traffico molto generose, far partire i cantieri, e il gioco è fatto. Chi infatti sa che i traffici reali sulle "grandi opere", a scala mondiale, sono risultati in media del 40% inferiori a quelli previsti? Anche qui, nessuno risponderà.

 

14. Una delle motivazioni principali a giustificazione della costruzione di nuove tratte ad alta velocità/capacità è quella ecologica. I promotori affermano che il treno inquini meno dei TIR, ragione per cui occorre costruire le nuove infrastrutture per spostare il traffico merci dalla gomma al ferro. Le pare un’affermazione corretta?

È corretto comparare due mezzi di trasporto (TIR e treno) unicamente in funzione delle emissioni inquinanti dei veicoli senza valutare gli impatti ambientali e sociali derivanti dalle infrastrutture indispensabili perché codesti mezzi possano muoversi?

 

MP. Solo a certe condizioni. Infatti il treno richiede il camion per le tratte iniziali e finali. Quindi i suoi vantaggi energetici risultano rilevanti solo sulle distanze molto lunghe, dove in percentuale le tratte terminali incidono poco. Quindi per il Brennero sarebbe un argomento corretto.

Il problema è nella necessità di costruire infrastrutture ferroviarie nuove per una domanda, quella di lunga/lunghissima distanza che comunque è inferiore al 25% del totale (spesso molto inferiore), quando i problemi del trasporto su gomma sono creati principalmente di traffico di breve distanza, e i soldi sono pochi. Meglio spenderli in tecnologie, per rendere più ecologici i mezzi su gomma (anche quelli che dovranno portare a destinazione le merci che viaggeranno in ferrovia).

E certo occorre mettere nel bilancio anche gli impatti ambientali della costruzione di nuove opere, soprattutto quando le linee esistenti sono lungi dall’essere sature, e, anche qui, con investimenti in tecnologia, potrebbero portare molte più merci di oggi (come abbiamo visto, con treni a trazione multipla, per esempio).

Infine, tra 10 anni sarà in vigore anche per i camion uno standard di emissioni da Euro 5, o 6, o 7…, e anche di questo occorre tener conto.

 

15. I promotori dell’Alta velocità (sia pubblici che privati) affermano che la costruzione delle nuove tratte può costituire un volano in grado d’incrementare l’occupazione all’interno dei territori attraversati dai progetti.

Davvero la costruzione di grandi infrastrutture, è in grado di creare “posti di lavoro” in ambito locale?

E la prospettiva occupazionale le sembra in grado di giustificare l’investimento di decine di miliardi di euro di denaro pubblico in grandi infrastrutture come il TAV?

 

MP. Questo argomento appare davvero debolissimo. Si tratta di opere ad alta intensità di capitale, non di lavoro (basta visitare un cantiere della TAV). Ma soprattutto, il confronto va fatto con spesa pubblica in altri settori, per loro natura ad alta intensità di lavoro, come l’assistenza agli anziani, o il recupero edilizio ecc. Inoltre si tratta di occupazione temporanea, con forti picchi, che poi scompare alla chiusura dei cantieri, con tutte le conseguenze sociali che questo comporta. Il motivo vero sembra essere invece quello di trasferire soldi pubblici all’industria italiana, visto che negli appalti la concorrenza funziona pochissimo.

 

16. Perché le normative italiane (ed europee) in materia di valutazione preventiva di determinate categorie di progetti non prevedono una valutazione dell'impatto energetico dei progetti di nuove infrastrutture di trasporto?

 

MP. Il problema è mal posto: per poter prendere decisioni occorre che tutti i parametri siano valutati (anche quello distributivo, per esempio, cioè “beneficiano più i ricchi o i poveri?”), e trattati con metodologie omogenee. Questa tecnica, che tutto il mondo applica, si chiama “analisi costi-benefici”, in Italia ha scarsi seguaci perché è politicamente sgradita in quando tende a bocciare progetti costosi e di dubbia priorità, che sono invece spessissimo sponsorizzati dagli interessi costituiti, e dai politici che di questi interessi si fanno portatori.

Infine questo approccio postula estrema prudenza nella stima dei benefici (in quanto strutturalmente incerti), e una simmetrica prudenza nella stima dei costi (in quanto non solo sono certi, ma in genere destinati a gonfiarsi rispetto ai preventivi).

La prassi italiana è esattamente all’opposto (si stimano costi irrealisticamente bassi e domanda altissima), e tale prassi è coerente con l’irresponsabilità dei decisori che non saranno chiamati a rispondere dei risultati finali delle loro “sponsorizzazioni”.

Come si è detto, pagheranno tutto i contribuenti, e in diversi anni, ma non sapranno i dettagli né potranno votare compatti.

 

Trento - Milano, 1 dicembre 2007