TAV: i costi lievitano, i soldi mancano

 

Solo per la Torino-Lione servono altri 42 miliardi di Euro dopo il 2013

 

Accordo tra Unione europea e BEI per sostenere la costruzione dell’opera

 

Il dossier di Cicconi a Bruxelles con i parlamentari e i No Tav

 

di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 9/5/08 – pag. 4

 

Mentre l'Osservatorio solo lunedì dovrebbe dare i primi nu­meri di transito sul Nodo di Torino, l'attenzione sul Tav si sposta an­cora una volta sui costi dell’opera. Nella riunione "in­formale", cioè senza decisio­ni, dei ministri dei trasporti europei marte­dì scorso a Brdo in Slovenia, è stato lanciato ancora una volta l'allarme "soldi che mancano". Per il "pro­getto prioritario numero 6" in cui c'è anche il cosiddetto Corridoio 5 e quindi la Torino-Lione, si è parlato di oltre 60 miliardi di euro (non più di 38 miliardi) e per tutte le reti Ten di 397 miliardi contro i vecchi 340. Per la sola Torino-Lione si parla di 42 miliardi da trovare dopo il 2013, cioè dopo quei 617 milioni di euro stanziati perle opere preliminari non ancora eseguite.

 

La questione quindi è sempre quella finanziaria, in un quadro dove le vecchie certezze dei colle­gamenti Ten scricchiolano di fron­te agli allargamenti dell'Unione e dei paesi (oggi 27) che premono ciascuno per avere una grande opera finanziata. Un quadro aggravato dall'incertezza dell'entità della contribuzione degli stati membri allo stesso budget europeo che il commissario ai trasporti, Jacques Barrot, cerca di sistemare almeno negli indirizzi generali, prima di lasciare il suo incarico a favore di un nuovo commissario ai trasporti, probabilmente italiano, per via del rimpasto dentro il governo europeo.

 

In questo senso va letta la fir­ma di un accordo tra l'esecutivo europeo e la Banca europea per gli investimenti (Bei), destinato a sostenere finanziariamente la realizzazione dei grandi progetti. La Bei offrirà agli investitori pri­vati un fondo di garanzia, dotato di risorse per un miliardo di euro, che consentirà di reperire prestiti destinati a finanziare i lavori a con­dizioni migliori rispetto a quelle di mercato. Di questa agevolazione, hanno spiegato già nei giorni scorsi Barrot e il presidente della Bei, Philippe Maystadt, potranno usufruire i progetti infrastrutturali nel settore dei trasporti che presentino chiare prospettive di redditività attra­verso pedaggi o altre forme di pagamento dei servizi offerti. In particolare, il fondo di garan­zia permetterà agli istituti bancari che eroghe­ranno i finanziamenti di avere la certezza che il rimborso dei prestiti avverrà regolarmente anche duran­te i primi anni di esercizio delle opere realizzate, normalmente il periodo più critico per la redditività di queste operazioni. La garanzia offerta dalla Bei allo scadere dei primi cinque-sette anni, dopo la realizzazione del progetto, si sosti­tuirà poi al beneficiario del prestito nel rimborso del capitale all'ente erogante nel caso in cui persistano problemi nella redditività del pro­getto realizzato.

 

Ai ministri riuniti a Brdo hanno scritto una lettera i comitati NoTav, sottolineando l'eccesso della spesa che il sistema dei lavori pubblici italiano fa lievitare. E proprio di costi del Tav soprattutto in Italia e di questa decisione presa dalla Bei si è parlato mercoledì a Bru­xelles nel corso della conferenza stampa degli eurodeputati Monica Frassoni, Vittorio Agnoletto, Giulietto Chiesa che hanno accolto la relazione di Ivan Cicconi sui costi del Tav. La conferenza stampa era stata preparata con un incontro il 26 marzo dai No Tav della val Sangone e della valle di Susa.

 

Cicconi, che è esperto di appalti (è stato anche a capo della segrete­ria tecnica del ministro dei lavori pubblici Nerio Nesi), ha prepara­to un dossier (consultabile sul sito www.notav-valsangone.eu) sui costi del Tav che denuncia costi al km anche di nove volte superiori in Italia rispetto ad altre nazioni. Di queste compara­zioni i No Tav e altri movimenti si sono occupati diverse volte, e anche Rifondazione comunista aveva presentato interrogazioni in Parlamento.

Il suo dossier, Cicconi lo ha presentato anche a Susa e a Rivalta in due momenti pubblici.

 

«Questa è la nostra campagna sui costì del Tav - sottolinea Paolo Prieri, comitato No Tav di Rivalta - Con il suo dossier "Tav quanto ci costi " Cicconi ha preparato un lavoro da esperto con dati che lasciano esterrefatti». Gli euro-parlamentari Frassoni e Agnoletto avevano già presentato a marzo un'interrogazione sui finanzia­menti europei. Nella lettera inviata ai ministri dai comitati si legge che consultando i rapporti UE si evi­denzia «la lievitazione in poco più di due anni dei costi del progetto prioritario n. 6 Lyon-Budapest, che nel 2004 era stato stimato in 38.102  milioni di euro: è aumentato nel 2007 a 52.655 milioni di euro. L'incremento per ora registrato è di 14.553 milioni di euro pari al 38,2 per cento e rappresenta da solo il 37,1 per cento dell'incremento di tutti i progetti prioritari (mentre il suo peso relativo è del 13,9 per cento)».

 

Sotto accusa anche i finanzia­menti della Bei per evitare i rischi ai privati. «Riteniamo che attrarre la partecipazione dei privati con lo strumento del Lggt (Loan Guarantee Instrument for trans-European transport network projects) possa configurarsi come una distrazione di risorse pubbliche non ammissi­bile a livello UE. Questo strumento fornisce un aiuto alle imprese per far fronte ai rischi di inadeguati ricavi del traffico nei primi cinque-sette anni della fase operativa di un progetto, aiuto deciso sulla base della fattibilità finanziaria a lungo termine del progetto che, per la linea ferroviaria Lyon-Torino, è lungi dall'esse­re dimostrata. Una decisione che se fosse assunta a livello di Stato membro sarebbe consi­derata un aiuto di Stato e perciò censurala. E' di tutta evidenza che i privati si avventureranno in questi progetti, che presentano un elevato rischio finanziario nella fase operativa iniziale, alla sola condizione che di fatto un parte dell'investimento sia finanziata dai governi a fondo perso».