Allevatori arrabbiati: paghiamo sempre noi

 

Pochi hanno voglia di parlare: <<Se mi fanno uccidere le vacche, stavolta smetto>>

 

Di Paola Meinardi da Luna Nuova del 15/3/05

 

I dati provvisori sulla concentrazione di diossina e PCB in alcuni campioni di latte valsusini hanno avuto un forte impatto sugli allevatori. Il clima che si respira è quello di collera e frustrazione. Collera che viene, in parte, dalla situazione e in parte dal fatto di aver appreso indirettamente la notizia dagli organi di informazione come il resto della valle di Susa. Frustrazione perché gli allevatori si rendono conto di essere spesso nel mirino per cause che non dipendono da loro.

 

Allevare capi di bestiame è un mestiere difficile e impegnativo, che sempre meno gente ha voglia di fare, ma necessario per la sussistenza del sistema. I piccoli allevatori, poi, sono quelli meno tutelati. Ogni nuova problematica è come una mazzata a questo debole edificio. Ne siano d’esempio le quote latte o il morbo della mucca pazza. Si teme che, ancora una volta, la gente non stia ad aspettare che i dati siano definitivi e che le cause siano individuate, ma che cominci un fuggi-fuggi generale dal consumo che faccia di tutta l’erba un fascio.

 

Molti degli operatori del settore non hanno voluto parlare con noi e chi lo ha fatto ha chiesto di non essere citato. “Sono molto arrabbiato – dichiara uno degli allevatori che ha subìto la campionatura – se mi fanno uccidere le vacche anche questa volta, smetto. Ma uno che ha sempre fatto questo mestiere, come il padre, il nonno e il bisnonno, cosa dovrebbe andare a fare? Chi paga siamo sempre noi. Una volta che ci tolgono le vacche a cosa è servito? Se non si risolve il problema non cambia niente e qui non c’è la volontà di risolvere il problema”.

C’è chi punta il dito sulle acciaierie Beltrame e chi, invece, pensa che sia un problema più diffuso, aggravatosi con la realizzazione dell’autostrada e con il traffico odierno sulle arterie stradali. Ci si preoccupa, allo stesso tempo, delle persone che dentro allo stabilimento Beltrame lavorano e che, anche loro, devono mantenere la famiglia. C’è chi è andato in pensione da poco e si dichiara contento di averlo fatto.

 

Il sistema di vita e di lavoro del piccolo allevatore è complesso. In caso di abbattimento dei capi di bestiame, i risarcimenti non sono proporzionati al reale danno in cui la piccola azienda incorre. “Noi facciamo investimenti, compriamo un trattore o ciò che serve per tirare la carretta – spiega un altro allevatore – ma anche se ci impediscono di fare il nostro lavoro, le rate del mutuo le dobbiamo pagare lo stesso. I risarcimenti? Non servono certo per farti ricominciare daccapo”.

 

Le norme per produrre latte e carne di qualità sono tante ma quello dell’allevatore è un mestiere antico, che ha bisogno anche delle sue regole non scritte e delle sue abitudini. Se non si pensa all’allevamento come a centinaia di bestie “inscatolate” in piccole gabbie ma libere di pascolare nei prati e bere nei ruscelli, si capisce come tutto questo sia un solo anello di una lunga catena. Tutto ciò che l’uomo fa si ripercuote sulla natura e sull’uomo stesso. Il problema, in questo caso, è che chi crea il problema e chi ne paga le conseguenze non sono la stessa persona.