«Di inceneritore si muore» II seminario alimenta i
dubbi
di Luisa Fassino da Luna
Nuova del 12/10/07 – pag.42
"Di inceneritore si
muore": non ha usato giri di parole fin dal titolo il seminario
organizzato dal coordinamento regionale ambientalista sabato scorso. Il
comitato, che lavora per evitare la costruzione dell'impianto del Gerbido, ha
organizzato l'incontro per spiegare i rischi e le conseguenze che gli impianti
di incenerimento provocano sulle persone e sull'ambiente.
Le relazioni degli oratori si sono
concentrate sui danni prodotti alla salute e all'ambiente dall'incenerimento
dei rifiuti, dagli impatti ambientali evidenti e nascosti, passando alle emissioni
di CO2, all'effetto serra, e ai danni alla salute tramite l'inquinamento dei
fumi e causati dalle diossine. L'incontro nasce per iniziativa della Isde
Italia, l'associazione dei medici per l'ambiente, contro l'incremento dello
smaltimento dei rifiuti solidi urbani tramite incenerimento, tecnica che si
sta proponendo in maniera sempre più consistente nel nostro Paese, sia
attraverso la costruzione di nuovi impianti, sia con l'ampliamento di quelli
esistenti. Si parte dal presupposto che lo smaltimento dei rifiuti esige,
innanzitutto, una politica seria che faccia propri in senso forte concetti come
razionalizzazione, riduzione della produzione, raccolta differenziata,
riciclaggio: la cosiddetta politicadelle"R". In questo ambito, il
miglior impianto di smaltimento deve essere scelto tra i sistemi che
garantiscono al meglio salute umana e tutela ambientale. Solo seguendo una
linea politica di questo genere, oltre a ridurre i costi economici, si possono
ottenere impatti ambientali e sanitari inferiori a quelli prodotti dagli
inceneritori e dalle discariche.
Marco Caldiroli, di Medicina democratica, spiega che «l'incenerimento dei
rifiuti solidi urbani è, fra tutte le tecnologie, la meno rispettosa
dell'ambiente e della salute. Non a caso, solo per fare un esempio, vengono
sconsigliate le coltivazioni agricole locali nei territori dove sono
localizzati gli inceneritori. Le ceneri prodotte rappresentano circa un terzo
del peso dei rifiuti in ingresso e devono essere smaltite in discariche
speciali. Bisogna inoltre considerare l'immissione sistematica e continua
nell'atmosfera di fumi, nanoparticelle di sostanze chimiche estremamente
pericolose, perché persistenti e accumulabili negli organismi viventi».
La combustione trasforma infatti
anche i rifiuti relativamente innocui, quali imballaggi e scarti di cibo, in
composti tossici e pericolosi sotto forma di emissioni gassose, polveri fini,
ceneri volatili e ceneri residue che richiedono costosi sistemi per la
neutralizzazione e lo stoccaggio. «Il rischio non è solo riferibile a una
maggiore incidenza di tumori, già ampiamente segnalata - spiega l'oncologa Rosanna
Novara - Occorre considerare anche altre problematiche, quali l'incremento
dei ricoveri e della mortalità per cause respiratorie e cardiocircolatorie,
alterazioni endocrine, immunitarie e neurologiche».
Il primo fattore di
rischio è determinato dalle polveri sottili, monoparticelle che si inseriscono
nel metabolismo e nelle cellule arrivando fino al nostro dna, da cui la formazione
di un tumore. Diossine e furani invece si legano alle piante e attraverso gli
animali ai grassi, quindi anche al latte, provocando danni per accumulo
nell'organismo. C'è poi l'inquinamento ambientale provocato dalle scorie e
dalle ceneri che saturano l'aria, aumentando i problemi respiratori quali asma
e allergie.
Patrizia Gentili, presidente
dell'Isde, spiega che l'associazione Medici per l'ambiente chiede che
venga istituita immediatamente una moratoria sui progetti di termodistruzione o
termovalprizzazione in corso, e che venga incentivata la politica delle
"R". Soprattutto, chiedono un'efficiente ed efficace azione di
verifica e controllo degli inquinanti per gli impianti già in funzione.