Tav e uso
scorretto dei fondi pubblici: «Un punto che l’Europa deve capire»
di Massimiliano
Borgia da Luna Nuova del 21/5/10 – pag. 2
C’è
aria di stretta economica in Europa, per gli stati membri e di conseguenza
anche per l’Unione. Con il debito da risanare in tutti i paesi UE e con la
revisione del trattato di Maastricht c’è chi chiede che le grandi
infrastrutture non contribuiscano più a formare quel “debito rispetto al Pil”
che, come si sa, non deve superare la quota del 3 per cento.
Luigi
De Magistris, uno dei parlamentari europei che sta tenendo i rapporti con i No
Tav valsusini, è presidente della Commissione controllo bilancio del Parlamento
europeo. E in questa veste sta tenendo d’occhio i conti anche sulle grandi
opere di importanza europea.
«La
questione è soprattutto l’uso che gli stati fanno dei soldi per le grandi
infrastrutture – spiega l’europarlamentare indipendente eletto nelle liste
dell’Idv – Bisogna vedere quale sarà la manovra finanziaria che verrà fatta in
Italia. Perché qui al centro di tutto c’è la lotta agli sperperi, proprio quel
tema tanto dibattuto nelle settimane scorse quando si è fatta più drammatica la
crisi greca. Gli investimenti in opere pubbliche degli stati membri non sono
messi in discussione, anche se non si sa ancora se rientreranno o se saranno
esclusi da una revisione dei criteri di Maastricht. Ma è chiaro che andrà
sempre garantita l’impermeabilità ai fenomeni invasivi come la corruzione. La
vicenda della Protezione civile e della ricostruzione in Abruzzo ha detto a
tutta Europa che l’Italia spende ancora troppi soldi ufficialmente per opere
pubbliche ma che non vanno nelle opere, vanno nelle tasche dei corrotti. Come
facciamo in questa situazione, con questa immagine all’estero, a giustificare
l’indebitamento per le opere pubbliche?».
E’ prevedibile che la Commissione o la Bei rinuncino a finanziare una parte dei progetti Ten a partire dalla tranche di finanziamento 2013-2020 per via della crisi finanziaria?
«Di
questo non se ne parla. Ma, secondo noi, gli stati membri dovranno dimostrare
che stanno attuando un taglio nei confronti delle opere inutili o addirittura
dannose. Per esempio, la Salerno-Reggio Calabria deve essere completata ma come
la mettiamo con l’indebitamento per le centrali nucleari o per il Ponte sullo
Stretto? O pure per la Torino-Lione? Sono tutte opere che hanno un impatto
ambientale devastante sui territori e che vengono scelte spendendo un mucchio
di soldi quando, per esempio, l’Italia non sta dimostrando di fare una lotta
seria all’evasione fiscale».
Ma allora è verosimile che l’Europa non reiteri i finanziamenti per la Torino-Lione vista la situazione economica degli stati membri e quella degli stessi conti europei?
«E’
difficile che l’Unione interrompa i flussi di finanziamento verso le opere già
classificate come strategiche e che si ritiene funzionali allo sviluppo
economico. Ma per noi l’Europa deve rendersi conto che per la Torino-Lione non
c’è un corretto uso dei fondi pubblici: non è un progetto compatibile con il
territorio della valle di Susa e non ha il consenso delle popolazioni
interessate. Quello che dobbiamo fare è semmai fare cancellare la Torino-Lione
dalle opere strategiche e fare capire in Europa che questa è un’opera che non
ha nessuna utilità ma che semmai contiene il rischio che il denaro pubblico sia
destinato a consolidare la corruzione e l’infiltrazione delle mafie negli
appalti. Direi che qualche margine ce l’abbiamo».