Difendere il territorio, difendere il Creato
TAV - Dalla
Cina all’India, dal Brasile alla Val di Susa
Il Creato è
sotto assedio della speculazione cieca e criminale delle multinazionali e delle
mafie locali.
Ma la gente
sta imparando a ribellarsi ai soprusi, come dimostra il popolo valsusino.
di Paola Rando (*) Dicembre 2005
Valsusini: popolo schivo, mite, pacifico. Per l’onorevole Martinat addirittura «razza in via di estinzione». Martinat, e gli altri, si devono però rassegnare a una evidenza: i valsusini sono «in via di espansione».
Non solo perché fanno ancora
bambini (che cresceranno a «pane-e-notav», come già è successo per le attuali
generazioni di 25/30enni) ma soprattutto perché in questa santa guerra al TAV
stanno espandendo molte cose. La coscienza di sé, la rete dell’amicizia e della
fratellanza, la consapevolezza di far parte di un popolo molto più grande: il
popolo della Terra che, ovunque, resiste e si oppone ai mille tentativi di
devastazione messi in atto dall’universale partito degli affari (altri
Terrestri che, però, sembrano Alieni).
Magari i valsusini non lo sanno,
ma in questa difesa della prole, della specie e del territorio sono in buona
compagnia. Popoli abituati a subire, a chinare la testa di fronte a un nemico
dotato dei super-poteri del denaro e dell’arroganza oggi si ribellano.
Nei villaggi cinesi, dove il
terreno non è più coltivabile e l’acqua del fiume non più bevibile a causa
dell’avvelenamento provocato dalla capitalizzazione e speculazione selvagge, i
contadini resistono. Osano ribellarsi. Lo pagano con la prigione e, a volte,
con la morte, Ma vanno avanti.
In India, una anziana donna coraggiosa, Krishnammal e il suo altrettanto coraggioso e infaticabile marito, Jagannatanh, sono in lotta contro le multinazionali dell’allevamento intensivo dei gamberetti, uno dei tanti effetti perversi della globalizzazione. L’acqua delle vasche di «coltura», zeppa di antibiotici, viene regolarmente versata in mare. Lungo le coste, i pesci muoiono a causa di questo inquinamento chimico. I pescatori dovrebbero spingersi più al largo ma non possono permettersi barche adatte. In più, l’acqua avvelenata delle vasche penetra nelle falde acquifere e molte persone dei villaggi hanno seri problemi agli occhi e alla pelle.
Questa coppia di guerrieri
non-violenti resiste. Ha girato l’India a piedi, quando si batteva per la terra
ai contadini, un’altra delle loro epiche battaglie. Dice Krishnammal: «Abbiamo
coperto molti distretti solo camminando e camminando. Questa è la tecnica, non
puoi andare in macchina a chiedere la terra in dono. Ci vuole un po’ di
sacrificio e un approccio di tipo spirituale. Questo era un movimento di natura
divina e per poter sciogliere il cuore della gente dovevamo camminare come si
cammina per andare in pellegrinaggio in un luogo sacro. Era un approccio
spirituale al problema che partiva dal principio che la terra è un dono di Dio.
Come il sole, l’acqua, l’aria». Recentemente lei e il marito sono stati nel
magentino, altra zona in via di devastazione a causa della tratta ad Alta
velocità Novara-Milano.
I valsusini non l’hanno saputo.
Perché la rete vera, quella che terrà uniti tutti i «giusti« della terra, è
ancora in costruzione. Ce ne sono solo alcuni tratti: la rete di Lilliput, di
padre Zanotelli, i Comuni per la pace, i Social forum... Eppure, presto, sarà
diverso. Dovrà essere diverso. La rete di internet, unica democrazia rimasta,
ne sarà il supporto essenziale.
Novecento anni fa, una donna
girava, a piedi o a dorso di mulo, per la Germania invitando a seguire le vie
del Signore. L’ha fatto fino alla sua morte, a quasi 80 anni. Si chiamava
Ildegarda di Bingen. Cento anni dopo, un piccolo uomo di Assisi, con un grande
cuore e un grande carisma, girava a piedi il vecchio continente e arrivava fino
nei Luoghi Santi. Senza mezzi di comunicazione se non il passa parola dei
mercanti e dei pellegrini lungo le affollate vie del sale, della lana, e delle
reliquie, dopo un anno aveva mille «frati e suore», dopo due anni…
È stato come un contagio. Un virus
benefico che assaliva le anime non contaminate dalla sete di beni terreni.
Francesco si trovò con un bel problema: «Il Signore mi diede dei frati, ma io
non sapevo cosa farne». Oggi i francescani sono migliaia, in tutto il mondo,
anche se la loro regola non è più quella austera e pura del fondatore.
Ma oggi, c’è un francescano, Luìs
Flavio Cappio, vescovo di Barra, nel Brasile progressista di Lula. L’amatissimo
Frei Luìs ha fatto un durissimo sciopero della fame contro un’opera colossale,
lo spostamento di un intero fiume, il San Francisco. Un progetto da 1,7
miliardi di dollari, appaltato dal ministero dell’ambiente: una Grande opera
che renderà più ricchi i ricchi latifondisti e porterà alla fame i già poveri
contadini.
Frei Luìs è fratello dei
valsusini. Lui difende i contadini, come Krishnammal difende i pescatori.
E tutti difendono, in questo modo, il nostro bene più grande: il Creato.
Il Creato è sotto assedio della
speculazione cieca e criminale delle multinazionali, delle mafie locali. Dal
business dello smaltimento illegale di rifiuti tossici, da quello della
deforestazione per l’allevamento intensivo di mucche e hamburger, dalla
costruzione di opere faraoniche tanto devastanti quanto inutili.
E anche dal business dello
smantellamento delle stesse. È recente la notizia che la pista olimpica di bob
nella Alta Valle di Susa, sarà smantellata a fine Olimpiadi. I costi per la sua
manutenzione sarebbero esorbitanti. Quello che non si dice, è che anche
distruggerla sarà un business per la ditta che ne appalterà i lavori. Per realizzarla
è stato sterminato (in pochi giorni) un immenso lariceto che Madre Natura aveva
«costruito» in alcune centinaia d’anni. Sono state ricoperte dal catrame di un
parcheggio alcune tombe celtiche.
La pista di bob verrà smantellata. Ma chi ci ridarà quei larici? Verranno riaperte le tombe chiuse nel nuovo sepolcro di asfalto? Quegli antichi popoli avevano qualcosa di meraviglioso che noi abbiamo perduto: il contatto intimo, profondo, religioso, con la natura. La nostra Madre Terra che le «talpe» dell’ingegner Lunardi (ministro delle infrastrutture in Italia e trapanatore di montagne in Francia in modo da dribblare l’ostacolo del conflitto d’interessi) si apprestano a stuprare.
Come non ribellarsi? Il Creato che
avremmo dovuto custodire. Il Creato fatto dalla voce/luce di Dio. Il Creato di
cui siamo parte e che è parte di noi... massacrato.
La sua fine è la nostra. Forse i
suoi distruttori sono davvero alieni. E i paladini che lo difendono, i soli
veri terrestri. Le devastazioni di un pezzo di Creato operate dalla
Torino-Lione non sono immaginabile: 15/20 anni di cantieri in funzione giorno e
notte; cantieri a stretto contatto con i centri abitati; cantieri nelle
montagne, nelle vigne, nei pascoli, nei boschi. Che non saranno più montagne,
pascoli, boschi. Ma solo cantieri. In un inferno di rumore e polvere continui.
E il contatto con la natura,
quello che i valsusini hanno ereditato dai loro antenati galli, liguri e celti,
impedito. I valsusini vengono privati non solo del silenzio, del sonno,
dell’aria da respirare (inquinata dalle fibre di amianto), dell’acqua (falde
prosciugate dai tunnel) della terra da coltivare, ma anche della possibilità di
vivere e contemplare la natura. Forse per qualcuno questo è un danno
secondario, magari neanche ci hanno pensato. Eppure le Grandi opere devastanti
privano l’uomo di un suo diritto fondamentale: il rapporto con il Creato.
C’è anche chi preferisce guardare
le cime degli alberi mosse dal vento, piuttosto che la televisione. Preferisce
seguire il volo di un gheppio piuttosto che una telenovela. Queste persone
saranno rese orfane del piacere di contemplare. Gli si taglia quel filo sottile
e invisibile che li tiene legati al Padre. Che li fa sentire figli amati.
Circondati dalla bellezza che è riflesso del Principio. Questo è un danno che
non ha compensazione.
Un danno gravissimo e
irreversibile. Nelle città, l’inquinamento luminoso ci ha privati delle stelle.
Nelle campagne, gli immensi cantieri ci toglieranno le stelle, il volo degli
uccelli, il rumore dei ruscelli, le voci degli animali.
Staremo chiusi in casa (chi potrà
fuggirà) a guardare la televisione. A guardare il Creato nei documentari. Non è
un futuro da fantascienza. Succede domani. In val di Susa succede con la prima
trivella.
E succede nell’assordante silenzio
dei media. Perché un movimento popolare come quello dei valsusini,
non-catalogabile, non-etichettabile politicamente, fa paura. I Resistenti della
valle di Susa conoscono da anni la frustrazione di non riuscire a far arrivare
la loro voce fuori dal territorio.
La Torino-Lione è fortemente
voluta dalla destra e dalla sinistra. È una torta da 20 miliardi di euro. E le
menzogne riportate dai mezzi d’informazione (disinformazione) sono continue. La
«guerra» contro la Torino-Lione è una guerra anche contro la menzogna. Eppure
la forza della verità è grande. Più grande degli affari.
In ogni specie animale, e persino
vegetale, quando c’è in gioco la sopravvivenza, scattano meccanismi di
auto-difesa. Ai valsusini è successo tutto questo, con in più un’altra bella
sorpresa, la voglia di divertirsi un po’ alla faccia di chi gli vuole
male. E sono nate le «Truppe speciali
Anti-TAV». In dotazione... scola-pasta di ogni tipo, senso dell’umorismo e
ironia. Prima apparizione a Bruzolo, il giorno del previsto arrivo delle
trivelle. E poi grande festa notturna, con falò, al presidio di Borgone. È
bello far parte di questo popolo tranquillo. E guerriero.
(*) Paola Rando è nata in Val
di Susa. Dopo 40 anni passati in diverse città, è tornata nel suo paese natale,
Villar Focchiardo, dove vive con tre gatti.