Di Paolo Berizzi e Davide
Carlucci da Repubblica del 29/3/08 – pag. 22
MILANO — Non contenti
della Salerno-Reggio Calabria, adesso puntano sulla Milano-Torino. Giocando
d'anticipo, tentando di insinuarsi nei cartelli d'impresa e nelle gare
d'appalto, appiccicando sulla calamita decine di subappalti, commesse,
forniture, i clan mafiosi stanno provando a inglobare l'autostrada A4 (che sta
raddoppiando) e la Tav (per i treni c'è da aspettare ancora un anno) che
collegano (via Novara) le due capitali del Nord nei grandi affari della Spa
più invisibile e potente del mondo. Con metodo certosino si stanno infilando
negli interstizi dei consorzi di impresa, allargandoli per farli diventare
spazi da occupare, fonti da cui trarre fiumi di denaro. Un tentativo di
penetrazione nell'economia legale, su cui indagano diverse procure d'Italia.
Con la lama del potere
criminal-imprenditoriale le cosche vorrebbero spartirsi
una torta che vale almeno 5 miliardi di euro. La stessa tecnica applicata, a
mo’ di copia e incolla, per il controllo delle due autostrade più costose e
cantierizzate d'Italia: la Salerno-Reggio Calabria e la Milano-Torino. Che
mafia e 'ndrangheta andassero più veloci delle autostrade si sapeva: ora si
inizia a scoprire che filano via più svelte anche dell'Alta velocità. L'ultimo
cantiere (Novara-Milano) della linea ferroviaria che adeguerà l'Italia ai più
alti livelli europei - informano dalla sede di Impregilo - entrerà in
pre-esercizio ad aprile del 2009; e dopo qualche mese funzionerà a pieno
regime. Il raddoppio dell'A4, invece, è previsto per la fine del 2009.
A opere completate,
sospettano gli investigatori, le casse dei clan calabresi e siciliani avranno
già ingoiato capitali mostruosi. Per non pestarsi i piedi, 'ndrangheta e Cosa
nostra si sarebbero messe d'accordo, imprimendo un'accelerata ai loro affari e
dando vita a un'evoluzione nel sistema del controllo criminale sui cantieri. E’
stato questo il loro piccolo capolavoro. I clan siciliani
"gestiscono" i lavori in Piemonte, mentre le 'ndrine hanno in mano le
tratte lombarde. Ma sono diverse le Procure italiane che hanno acceso i
riflettori. Il fascicolo dove finora sono confluite le maggiori informazioni è
stato aperto dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, che lavora in
tandem con le Procure di Torino e Reggio Calabria e con la direzione nazionale
antimafia. L'inchiesta è stata affidata al pm Mario Venditti.
Il primo a non essere
troppo convinto dell'estraneità dei gruppi criminali all'affare delle grandi
costruzioni del Nord è stato il procuratore capo di Milano, Manlio Minale:
nella relazione d'inaugurazione dell'anno giudiziario assicura che «risulta
confermato l'interesse delle mafie tradizionali in particolare della
‘ndrangheta per gli appalti pubblici», e cita espressamente la Tav e
l'ampliamento della A4.L'ultima relazione della commissione antimafia entra
più nel dettaglio e parla di «un coinvolgimento delle cosche di isola Capo
Rizzuto nell'acquisizione illecita degli appalti».
Un'avventura costellata da qualche incidente ma foriera di consistenti guadagni per le imprese "ombra". Partiamo dagli incidenti: l'ultimo risale al 12 marzo. Al responsabile compartimento Anas di Milano viene inviata una busta con dentro due proiettili calibro 45. Più eloquenti sono alcuni segnali che si sono registrati sul tratto piemontese, dove a ottobre sono saltati in aria nove autocarri e due furgoni nel magazzino di un'azienda che si occupava di movimento terra.
Da qualche mese l'aria
che si respira sui cantieri è particolarmente pesante. Lo dicono le testimonianze
(poche e coperte da anonimato) di qualche capo cantiere e di un paio di
rappresentanti sindacali. Giurano che «le sentinelle presidiano i cantieri in
motorino, restano in contatto tra loro col telefonino per lasciare il campo
quando arriva la polizia stradale. Controllano se gli operai (7 mila tra
diretti e indiretti solo quelli impiegati nel cantiere della Tav
Torino-Novara) stanno facendo il loro dovere e sanno che da loro non devono
aspettarsi mai un tradimento». Sono i guardiani della 'ndrangheta e della
mafia in trasferta. Sono - è l'ipotesi degli inquirenti - le espressioni sul
territorio dei sodalizi criminali, le organizzazioni che sarebbero riuscite,
aggirando le radiografie e i vari certificati antimafia imposti dal
committente dei lavori (le Ferrovie dello stato), a entrare nei meccanismi
della grande opera.
Una decina le imprese finite nel
mirino delle procure: i nomi sono ancora nascosti, ma quando verranno svelati
potrebbero minare le certezze dei grandi gruppi costruttori. Al momento si
dicono all'oscuro di qualsiasi problema legato a infiltrazioni mafiose. «Non
ci sono mai arrivati segnali in questo senso - fanno sapere per esempio
da Impregilo - del resto tutte le imprese che lavorano per noi sono state
sottoposte all'esame severo dei protocolli imposti dal committente».