Coordinamento
dei Comitati contro la Linea Ferroviaria ad alta velocità (capacità) Torino
Lione
Nel corso dell’ultimo Comitato
Istituzionale svoltosi al Polivalente di Bussoleno i tecnici designati dagli
Amministratori dei Comuni interessati alle varie ipotesi di tracciato
(progettuali e di fantasia) della linea TAV Torino Lione hanno evidenziato le
difficoltà via via crescenti del loro lavoro:
-
L’ implicito
boicottaggio del Ministero delle Infrastrutture (che dopo la prima riunione non
ha più inviato i propri rappresentanti).
-
La tattica elusiva dei rappresentanti delle ferrovie.
-
Il faticoso tentativo di confronto nel merito dei problemi
con i rappresentanti del Ministero dei Trasporti.
-
L’evanescenza dei funzionari delegati dal Ministero
dell’Ambiente.
-
E l’avvicinarsi del primo momento di sintesi (quello sulla
possibile condivisione dei numeri dei treni che oggi percorrono la ferrovia
esistente e la potenzialità della medesima in assenza di interventi di potenziamento
radicale) col rischio di non riuscire a pervenire ad una condivisione
almeno dei dati di partenza (senza la quale sarebbe probabilmente inutile - se
non controproducente - proseguire il confronto).
Nella stessa occasione Antonio
Ferrentino (cui è da anni riconosciuta la funzione di coordinatore di tutti i
Comuni coinvolti, non solo quelli della bassa Valle di Susa), ha sottolineato
l’illegittimità della Convocazione della Conferenza dei Servizi sulla base del
progetto di fatto azzerato con la fuoriuscita dalla legge obiettivo che
costringerebbe anche i sindaci sul cui territorio non insistono iter
progettuali a confrontarsi su vaghe ipotesi di tracciato senza la benché minima
possibilità di formulare osservazioni. Ed ha denunciato il discutibile
escamotage del Ministero delle Infrastrutture che ha trasformato in
“preparatorie” le sedute di Conferenza dei Servizi successive al ricorso dei
Sindaci, mantenendone tuttavia la numerazione progressiva come a volersi
precostituire l’alibi dell’adempimento burocratico concluso; (quale che sia
l’esito del confronto in sede di Osservatorio, vanificandone di fatto la
funzione sia attraverso la mancata partecipazione di cui si è detto, sia
attraverso la prevedibile forzatura della conclusione della procedura di V.I.A.
e della successiva approvazione a maggioranza in sede di Presidenza del
Consiglio dei Ministri, come già avvenuto per il M.O.S.E.).
In questi giorni, poi, e
precisamente il 5 febbraio, L’Autorità Garante delle Concorrenza e del Mercato
ha formulato la risposta al quesito proposto alla medesima da Giovanni Vighetti
(primo firmatario) e da altri 90 cittadini circa la compatibilità delle
funzioni di Presidente dell’Osservatorio sulla Torino –Lyon e di Commissario
Straordinario di Governo per la realizzazione della stessa opera: la risposta è
molto interessante e conferma quello che da sempre sosteniamo perché il Garante
non rileva conflitto d'interessi tra il ruolo di Commissario Straordinario del
Governo per la realizzazione dell'asse ferroviario Torino - Lyon e quello di
Presidente dell'Osservatorio perché questa è una funzione esercitata in virtù
della carica di governo ricoperta. Se ne può ricavare, quindi, che il ruolo di
Presidente dell'Osservatorio non è quello di decidere SE FARE l'opera ma di
rimuovere gli ostacoli alla sua realizzazione ed è funzionale al compito di
Commissario Straordinario. Una sorta di formalizzazione dell’impossibilità, per
l’arch. Virano, di svolgere il più delicato dei suoi ruoli al di sopra delle
parti.
Si susseguono poi gli interventi
ministeriali tesi a “rassicurare e tranquillizzare”, sia nelle sedi
istituzionali deputate, che attraverso interviste rilasciate agli organi di
informazione, (ma persino attraverso le mai abbastanza deprecate apparizioni
nelle trasmissioni trash e di intrattenimento!)
Rassicurare e tranquillizzare sia
chi attende risposte affermative sulla volontà di realizzare l’opera “ad ogni
costo” (il Potere economico, la Rhone Alpes, l’Unione Europea, Chiamparino
& Bresso), sia i cittadini (con vaghe promesse di soluzioni miracolose
capaci di garantire l’affare e di restituire al territorio la verginità
perduta. In questo quadro si colloca la riesumazione di uno studio prodotto nel
1996 per conto di Unione Industriale e Camera di commercio di Torino
(spudoratamente sponsorizzato all’epoca dalla politica, ma bocciato senza
appello in sede di Commissione Intergovernativa): l’ipotesi che ferma restando
la realizzazione (più o meno rigirata) del tunnel di base (business nel
business) si sarebbe potuto procedere al contemporaneo interramento e
“quadruplicamento” della ferrovia esistente!
Come se scavare un fondovalle
alluvionale, dribblare gli affluenti della Dora Riparia, prosciugare le falde,
e scavare una galleria più che doppia di quella della metro di Torino (per poi
farvi transitare treni cento volte più pesanti e cinque volte più veloci fosse
uno scherzo).
Come non fossero stati proprio i
limiti di sicurezza imposti al “Passante di Torino” ad aver costretto ad
inventarsi la “gronda” di collegamento con la Torino-Milano! Come se il valore
delle aree liberate in superficie non risultasse irreparabilmente compromesso
dalla durata e dalle conseguenze permanenti di lavori di scasso totale da
eseguire nel cuore dei centri abitati. Come se la scarsità delle risorse
economiche (ormai in massima parte destinate a pagare i debiti spaventosi
aperti con le “imprese” attualmente in lento corso di esecuzione) e la
demagogica volontà di abbattere drasticamente i costi delle realizzazioni
future, potesse consentire di chiamare Renzo Piano a ridisegnare il centro
abitato di Borgone; come se non avessimo visto l’esito devastante di simili
interventi attuati in popolosi quartieri romani dove è stato vanificato il
potere contrattuale di decine di migliaia di cittadini, dove sono stati
realizzate diaframmazioni verticali che arrivano al terzo piano, dove la gente
rovinata e disperata è arrivata a darsi fuoco dopo aver creduto alle promesse
di Necci e dell’allora sindaco Rutelli!
Senza contare l’indeterminatezza
in cui sono ormai precipitate l’opzione Val Sangone (se ne lamentano persino i
disponibilissimi Sindaci locali) che peraltro era apparsa tale solo agli asini
in geografia, e al tentativo – attraverso questa – di rianimare la
realizzazione della costosissima e sconquassante bretella (ferroviaria e
autostradale) di Corso Marche! (Costruendovi a spese del solito Pantalone
l’ennesima speculazione edilizia per i soliti noti).
Senza contare – soprattutto – la
ratifica della decisione scellerata di raddoppiare surrettiziamente il traforo
Autostradale del Frejus ponendosi in clamorosa e aperta contraddizione con i
proclami di voler favorire il trasferimento del trasporto delle merci su
ferrovia!
Mentre circolano, infine,
indiscrezioni sempre più allarmanti sul possibile prosieguo – in sede di
osservatorio - del confronto, pur fortemente voluto dagli Amministratori e
accettato dalla maggioranza dei Cittadini nella speranza di avere finalmente (e
dopo a quasi vent’anni di propaganda a senso unico) un luogo dove arrivare ad una
accettabile mediazione sui numeri raffiguranti le reali necessità di traffico
attraverso l’intero arco alpino, la valle di Susa, la rete stradale e
ferroviaria, le alternative via mare e così via.
Pare ormai sempre più probabile
che si arrivi alla stesura di 2 (!) versioni del quaderno di "sintesi
condivisa"(!) della prima fase dei lavori. Pare che sia sempre più
manifesta una sorta di ”sudditanza psicologica” di RFI rispetto a LTF mentre
gli esponenti del Ministero dei Trasporti si limiterebbero a certificare
svogliatamente le verità di coloro che dovrebbero controllare! Persino i
rappresentanti della Regione sembrano rasseganti all’ineluttabile (compreso il
sempre più aperto boicottaggio da parte delle ferrovie di quello che è stato il
sogno delle tre ultime amministrazioni che si sono avvicendate: la già citata
“bretella di Corso Marche"!). Di questo passo, e per ben che vada, i
lavori (che comunque hanno un orizzonte di poco più di tre mesi) potrebbero
anche essere interrotti su iniziativa del Governo col pretesto (caro a Di Pietro) che i
Sindaci vogliono solo “menare il can per l’aia”; o meglio - per stare
all’estrema attualità – che i cittadini che non vogliono il TAV sono complici
(anzi ispiratori) delle nuove Brigate Rosse! Né a questo punto sarebbe più
difendibile l’obiettivo minimo di contrastare – attraverso l’Osservatorio – il
decisionismo straripante del ministro delle grandi opere.
Alla luce di quanto sin qui
esposto si ritiene quindi necessario e urgente un confronto in sede di Comitato
Istituzionale per ragionare dei limiti sopravvenuti (ed evidentemente indotti )
ad una strategìa che può aver ancora senso perseguire solo se si riesce a
denunciare tutto quanto di torbido sta avvenendo dentro e fuori le mura
dell’Osservatorio. Solo se si riesce a informare il maggior numero dei
cittadini italiani (ed europei) della pervicace volontà di perpetrare la più
grave delle truffe economiche dopo Eurotunnel con l’aggravante che si
tratterebbe esclusivamente di sottrazione di denaro pubblico da trasferire
dalla tasche dei contribuenti a conti extracomunitari di banche d’affari e di
partiti politici.