COMUNICATO STAMPA
Firenze, 27.3.’07
TAV:
DANNI PER 53 MILIONI DI EURO IN TOSCANA?
UNA
CIFRA VECCHIA DI ALMENO 4 ANNI E MEZZO.
Appaiono difficilmente
inquadrabili, a una prima lettura, i risultati del calcolo dell’entità dei
danni ambientali provocati dalla cantierizzazione TAV in Mugello (tuttora in
atto) che - leggiamo in queste ore sulle cronache – ammonterebbe a 53 milioni
di euro. 53 milioni di euro corrispondono infatti, tondi tondi, per l’appunto
alla cifra stanziata dallo Stato (anche attraverso TAV SpA, che dall’erario
attinge tutte le proprie risorse) nel lontano luglio 2002 nell’ambito
dell’accordo comunemente chiamato Addendum,
con il quale veniva integrato ed in parte modificato l'accordo procedimentale
relativo alla tratta Alta Velocità Bologna-Firenze (scaduto peraltro a giugno
2006, e non ancora rinnovato, dopo la proroga a dicembre 2006). Si pensò,
attraverso quell’Addendum, di iniziare a “rammendare” con soldi pubblici
freschi i danni da impoverimento delle risorse idriche che i cantieri TAV
avevano prodotto fino ad allora sull’Appennino e sotto l’Appennino fra Firenze
e Bologna.
Dal 2002 a oggi i cantieri hanno
continuato tuttavia ad essere operativi. La galleria TAV Firenze-Bologna
costituisce anzi il fattore limitante dell’intero sistema Alta Velocità,
essendo in parte già in demolizione e in ricostruzione, e mancando per 60 km di
un tunnel parallelo di soccorso: l’esercizio, inizialmente previsto per il
2003, sembra annunciato adesso per il 2009-2010 (tempi di consegna raddoppiati
dunque, da quel primo cantiere inaugurato al Carlone a luglio 1996), sicurezza
permettendo.
Non solo. Due anni e mezzo dopo
l’avvio – a febbraio 2004 – del mega-processo presso il Tribunale di Firenze
per i reati imputati alla cantierizzazione TAV fra Firenze e Bologna, a
dicembre del 2006 abbiamo visto il pubblico ministero contestare la reiterazione di una gran quantità di
reati, descritti in 220 pagine di relazione. Sarebbero stati commessi negli
anni successivi al sequestro dei cantieri ordinato dalla magistratura
fiorentina nel giugno 2001, e sarebbero stati ancora in atto – in buona parte –
alla data del deposito della nuova contestazione (avvenuto nel corso
dell’udienza del 2 luglio 2006). Mentre si istruiva e si celebrava il processo,
è la tesi dall’accusa, si sarebbe continuato dunque senza sosta a delinquere.
Un dato per tutti. Il volume ciclopico di acque drenate dalle falde sarebbe
cresciuto in maniera esponenziale, più che triplicando: secondo l’accusa, si
tratta di “non meno di 150 milioni di
metri cubi di acqua nel territorio della Comunità Montana del Mugello”
(agli atti del processo, nel febbraio 2004, risultavano essere 45!). Si contesta,
in particolare, di “avere con
condotte permanenti e continuative nel tempo” provocato un “danno alle fonti idriche superficiali e
sotterranee per depauperamento della portata o prosciugamento o essiccamento”,
nella seguente misura:
- 73 sorgenti
(all’apertura del processo, nel febbraio 2004, erano 51);
- 45 pozzi
(erano 28);
- 5
acquedotti (erano 2);
- 20 fiumi,
torrenti e fossi (erano 17).
Ma l’impatto ha riguardato anche “acque sotterranee di falda di formazione
almeno cinquantennale di provenienza allo stato ignota e comunque diverse da
quella dei punti sopra indicati”, come risulta dagli ‘inquietanti’
risultati degli studi condotti dall’ARPAT e dal CNR di Pisa sulle cosiddette
‘acque fossili’ intercettate dagli scavi.
Lascia quindi perplessi la cifra
di 53 milioni di euro, riferita dalle cronache ieri 26 marzo, in relazione alla
stima del danno ambientale provocato dai cantieri
dell'alta velocità nel Mugello, fra Firenze e Bologna.