Economia
illegale. Allarme dell’antimafia: in crescita i tentativi di infiltrazione nei
cantieri per l’alta velocità
Le
famiglie Belfiore e Crea si contendono il potere nel traffico di droga
di Roberto Galullo da Il sole 24 ore del 26/3/08 –
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La Torino onesta si è ritrovata in occasione di un funerale. Lo ha fatto il 27 febbraio per rendere l'ultimo saluto – a una settimana di distanza dalla durissima relazione della Commissione nazionale antimafia contro la 'ndrangheta in Italia e in Piemonte – alla moglie di Bruno Caccia.
Caccia
– magistrato riservato e capace – fu assassinato a Torino il 26 giugno 1983
perché aveva ficcato il naso negli affari sporchi di alcune famiglie della
'ndrangheta che spadroneggiavano a Torino e in Piemonte. Aveva toccato i
traffici di cocaina e scoperto forme di riciclaggio. Venticinque anni dopo,
stretti intorno alla bara della moglie di Caccia ucciso proprio per ordine dei
Belfiore, magistrati, Forze dell'Ordine e amministratori avranno ripensato a
quell'omicidio eccellente al Nord e alla situazione descritta dalla Commissione
parlamentare antimafia che tanto ha fatto arrabbiare Sergio Chiamparino,
sindaco di Torino. Colpa di un passaggio della relazione limpido, ma mal
interpretato da chi ha voluto suonare le campane a morto per una città e una
regione intera. Un passaggio che cita testualmente tra le aree di criticità la
Valle d'Aosta, la Val di Susa e la città di Torino.
Un
conto è la città, un conto l'amministrazione. «Se ci fossero stati tentativi
di infiltrazione nel Comune di Torino – dichiara il procuratore generale
della Repubblica Giancarlo Caselli – vuole che non ne sarei a conoscenza?».
Il capo della Dda di Torino, Maurizio Laudi conferma. «La reazione di
Chiamparino – dice – è giustificata. Per Torino non c'è mai stata alcuna
vicenda o episodio che potesse essere sintomatico di infiltrazione».
Torino
Comune no, ma Torino città si: la 'ndrangheta nonostante i duri colpi degli
anni Novanta detta ancora legge e si arricchisce sempre di più. Cosa Nostra
ridicolizzata, camorra ridotta al ruolo di comparsa, Sacra corona unita
dissolta. E a contendere lo scettro del comando dei traffici di droga, usura,
racket ed estorsioni, gioco clandestino, sono ancora loro: i Belfiore.
Venticinque anni dopo e nonostante gli arresti, le condanne e i patrimoni
confiscati. Ma il loro strapotere è finito. Da lungo tempo è in corso una
guerra senza esclusione di colpi con il clan Crea, originario della Piana di
Gioia.
Torino-Comune
no, dunque, ma sui lavori dell'Alta velocità in Piemonte, è un'altra storia.
Chi vince gli appalti è sempre in regola ma è nel meccanismo dei subappalti a
catena che la 'ndrangheta si insinua con mezzi per il movimento terra e camion
per il trasporto. Molte le imprese – sempre le stesse – messe sotto la lente in
questi anni dalla Forze dell'Ordine ma nessuna, nonostante i chiarissimi legami
con i capofamiglia in Calabria, è stata colta con le mani nel sacco. «I clan
– spiega un investigatore – si sono fatti furbi. Il capofamiglia arriva
dalla Calabria ma non mette piede in cantiere o nella sede dell'impresa. Gli
appuntamenti sono altrove, all'aperto, magari per strada e per noi le
intercettazioni diventano una chimera». In questo momento l'attenzione si è
spostata alle porte di Novara dove a ottobre 2007 sono saltati per aria 9
autocarri e 2 autofurgoni nel deposito di un'azienda di movimento terra. Il
filo rosso è lo stesso: i lavori per l'Alta velocità dove tra i subappalti non
c'è certificato antimafia o informativa che regga.
In
Piemonte la 'ndrangheta c'è e si vede anche quando non si vede. Non si
spiegherebbe altrimenti l'approvazione di una legge che prevede misure per
prevenire la criminalità. La legge è di giugno 2007 e a premere perché fosse
approvata è stata, per oltre due anni, Libera, l'associazione fondata da
Don Luigi Ciotti.
La
Commissione nazionale antimafia non mentiva sulle infiltrazioni nelle
amministrazioni comunali per pilotare gli appalti. «Appare quest'ultimo
– dichiara il magistrato antimafia Vincenzo Macrì della Dna – il nuovo
settore d'interesse, condotto attraverso attività più difficili da investigare,
perché riconducibili all'area apparentemente legale dell'economia, ma che
nasconde in realtà reati come riciclaggio, corruzione, estorsione e concorrenza
illecita».
Già
nel 2003 alcune indagini condotte in gran riservatezza in un grosso Comune
senza soluzione di continuità da Torino svelarono che alcune famiglie avevano
addirittura contatti stretti con l'assessore ai lavori pubblici. Pedinamenti e
intercettazioni ambientali quella volta svelarono la metà penalmente inutile di
quei contatti: vale a dire la condotta immorale e senza scrupoli, ma mancò
l'aggancio per arrestare l'assessore. In un'intercettazione si sente
distintamente un uomo del clan che, rivolgendosi all'assessore, dice «se non
dai un alloggio di casa popolare, un lavoro o un contratto le persone che ti
hanno votato, e sono tante, rimangono scontente. E che facciamo?».
L'assessore
è uscito dalla politica, le infiltrazioni no e si riaffacciano sempre nei
soliti posti. Ancora una volta nel mirino la zona della Val di Susa e di
Bardonecchia, il cui Comune fu sciolto per mafia – era la prima volta al Nord –
nel 1995. Questa volta l'attenzione cade su un Comune vicino alla stazione
sciistica, dove in pochi anni imprese edili minori sono diventate giganti
dell'edilizia anche grazie – sospettano gli investigatori – ai buoni contatti
con amministratori e funzionari locali. «I soggetti in questione, tutti di
origine calabrese – spiega un investigatore – sono stati sottoposti a
procedimenti penali perché sospettati di aver accolto latitanti di 'ndrangheta».
Torino la fredda e l'intero
Piemonte, si sciolgono quando c'è da dare riparo (fino in Valle d'Aosta) a
ricercati o 'ndranghetisti: l'aria di montagna fa bene alla salute oltre che
agli affari. Anche nel Canavese e ad Ivrea dove operano imprese edili,
apparentemente pulite, attive nel settore dei lavori stradali e autostradali.
Secondo alcune indagini i contatti tra alcuni titolari e alcuni funzionari addetti
nei Comuni al rilascio delle autorizzazioni, sono più che frequenti.
La
stessa cosa nella Val d'Ossola, dove intere famiglie di origine calabrese
quando possono, nascondono tra i fascinosi paesaggi affari e trame poco
limpide. Lo hanno fatto anche negli anni che hanno preceduto i Giochi olimpici
del 2006. Non sono mancati i tentativi di infiltrazione nei lavori ma Forze
dell'Ordine e magistratura hanno saputo districarsi meglio nello slalom
parallelo tra legalità e illegalità.