Lavorano con contratti da 21 euro l'ora, ma ne guadagnano solo 3. Gli altri restano in mano "all'intermediario" italiano. Succede a moltissimi lavoratori stranieri nei cantieri della Tav, tra Milano e Torino. Ma nessuno denuncia per paura di perdere il posto. E adesso, grazie a una recente interpretazione del Testo unico sull'immigrazione, si fanno arrivare direttamente gli operai dalla Moldavia. Lavoro italiano, paga moldava. Tutto legale.
di Maurizio
Dematteis da Volontari per lo
Sviluppo (www.volontariperlosviluppo.it)
– Maggio 2007
«Florin, per quale ditta lavoriamo?». Il ragazzo moldavo impiegato nei cantieri dell'Alta velocità tra Novara e Milano, sui 25 anni, si rivolge in un italiano stentato al "capo cantiere" connazionale. Per rispondere alla domanda del sindacalista Fillea Cgil di Novara in visita al cantiere deve chiedere al collega. Lui la busta paga la riceve regolarmente da Florin ogni mese. Non ha idea per conto di quale impresa stia lavorando. È arrivato da poche settimane da Chisinau, Repubblica di Moldova, con una squadra di 30 colleghi e un permesso di soggiorno "speciale" con durata massima di 24 mesi. Vincolato al periodo di apertura del cantiere in cui lavora. La paga è quella moldava (circa 200 euro al mese) più vitto e alloggio. Il lavoro però è italiano. Tutto, pare, organizzato nell'assoluta legalità.
«Io
la chiamo tratta di lavoratori - spiega Walter Bossoni, delegato Fillea Cgil di
Novara, seduto dietro la scrivania del suo ufficio presso la Camera del lavoro
di Novara, alle spalle un poster di Che Guevara - una sorta di dumping della manodopera. Si tratta di un
fenomeno che abbiamo rilevato di recente in alcuni cantieri: aziende come
Casstroni Italia srl distaccano i loro lavoratori,
regolarmente assunti in Moldavia, nei cantieri presi in appalto nel nostro
paese. Appellandosi all'articolo 27, comma 1, lettera g, del Decreto
legislativo 286 del 25 luglio 1998 (il cosiddetto
Testo unico sull'immigrazione, nda)». E in effetti l'articolo 27
del Decreto recita: "il regolamento di attuazione disciplina particolari
modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di
ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato [...] ai lavoratori
alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano,
che siano stati ammessi temporaneamente per adempiere funzioni o compiti specifici,
per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali
compiti o funzioni siano terminati".
200 euro al mese
«Le forme di lavoro nero e
caporalato nei cantieri delle grandi opere - continua Walter Bossoni - si sono
ormai affinate. Pur rimanendo forme di vero e proprio lavoro in nero, che nella
maggior parte dei casi riguardano lavoratori stranieri clandestini, la maggior
parte di quel 30% di manodopera straniera impiegata viene inquadrata con
contratti al limite della legalità, per diminuire i rischi delle imprese». E la
Camera del lavoro di Novara è un osservatorio privilegiato per rilevare i
cambiamenti in atto nel mondo del lavoro edile che ruota intorno alle grandi
opere. La costruzione della tratta dell'Alta capacità tra Torino e Milano,
infatti, ha ormai concluso il collegamento tra Torino e Novara e si avvia a
concludere, nel giro di due anni, quello tra Novara e Milano. Un'opera
colossale, capace di occupare per anni un centinaio di imprese appaltate dal
General contractor Cavtomi e migliaia di persone. Tanto da far nascere un
villaggio di centinaia di prefabbricati in lamiera, denominato "Case
sparse", sorto in breve tempo nella periferia cittadina per dare alloggio
ai lavoratori giunti in massa da regioni e paesi lontani. «Capita che giungano
da noi settimanalmente - continua Bossoni - lavoratori con ogni sorta di
problema». Stranieri che dichiarano di essere stati licenziati verbalmente
senza preavviso, ma che non vogliono denunciare il loro "caporale-aguzzino"
per timore di non essere "ricollocati". Altri con contratti part-time
costretti a lavorare in cantiere dall'alba al tramonto senza paga degli
straordinari. Immigrati con una trattenuta "in busta" dai 200 ai 300
euro mensili destinata ai loro caporali, convinti che sia una "tassa"
dovuta. Altri assunti regolarmente, ma retribuiti mensilmente dal caporale
"in contanti" a 6 euro l'ora, ben al di sotto dei 21 previsti dal
contratto. Come un ragazzo 27enne tunisino che, dietro la garanzia di mantenere
l'anonimato, racconta i suoi due anni di lavoro per la Tav: «Mi sono recato al
cantiere e sono stato messo in contatto con un signore italiano. È stato lui a
parlarmi del compenso che avrei ricevuto e del lavoro che avrei dovuto fare. Ho
accettato la sua proposta, anche perché ero disoccupato da mesi e non avevo
altra scelta. Ho lavorato in nero per un mese e mezzo. Una sorta di periodo di
prova. Poi sono stato assunto dall'impresa. Ma continuo a prendere i soldi dal
signore italiano che fa da intermediario. Prendo tre euro l'ora. E nella mia
situazione ci sono parecchi altri colleghi, tutti stranieri. Tutti vengono
pagati dall'intermediario». Gli operai segnano le ore lavorate su un foglio e
lo consegnano a fine giornata al "caporale". Che a fine mese fa i
conteggi. Le ore lavoro ordinarie e straordinarie vengono pagate sempre 3 euro.
La differenza, 18 euro l'ora circa, va in tasca all'"intermediario" o
"caporale" che dir si voglia.
«I
caporali che hanno in mano il mercato delle braccia nei cantieri delle grandi
opere - spiega Bossoni - sono intoccabili. Potrebbero essere perseguiti solo
dietro denuncia di qualche lavoratore. Ma questi ultimi, per paura di rimanere
disoccupati e dover tornare nel proprio paese, non si espongono. Che io sappia,
a Novara, non ne è mai stato arrestato nessuno. E il lavoro delle forze
dell'ordine e dell'Ispettorato del lavoro risulta spesso inefficace».
Ispettorato frustrato
Più prudente Luigi Corrente,
responsabile dell'Ispettorato del lavoro che si divide tra le sedi di Novara e
Biella: «Non abbiamo la percezione di fenomeni tangibili di caporalato nei
cantieri delle grandi opere in città - spiega - È pur vero che il nostro paese
detiene il triste primato di morti bianche in Europa. Ma posso dire che la
nostra attività di vigilanza ha un certo effetto deterrente». Ogni settimana il
personale dell'Ispettorato, in collaborazione con i Carabinieri e la Guardia di
finanza, programma una serie di controlli nei cantieri. «Interveniamo con le
forze dell'ordine - continua Luigi Corrente - perché quando ci presentiamo nei
cantieri della Tav si verifica spesso un fuggi fuggi di lavoratori
clandestini».
In un comunicato alla stampa divulgato dall'Ispettorato di Novara a febbraio di
quest'anno si legge: "La Direzione provinciale del lavoro di Novara,
nell'ambito dell'attività di vigilanza finalizzata a contrastare il lavoro nero
[...] ha ispezionato nel 2006 circa 800 imprese, riscontrandone oltre 400
irregolari, quindi il 50%. Nel corso di tale vigilanza sono stati scoperti n.
267 lavoratori completamente in nero e n. 251 irregolari [...]. Rapportando i
lavoratori in nero accertati rispetto agli occupati nelle ditte ispezionate può
essere quantificato in circa il 10% il fenomeno del lavoro nero. [...] In
particolare, in una azienda della zona dei laghi sono stati trovati n. 40
lavoratori in nero, per la maggior parte extra-comunitari, su un totale di
circa 100 dipendenti occupati, fenomeno questo non marginale".
Ma
l'Ispettorato, oltre alle sue mansioni ordinarie, deve effettuare anche
funzioni straordinarie, raccogliendo, quando riesce, le denunce di sindacati e
lavoratori. Quando riesce. Perché l'attività quotidiana spesso assorbe tutte le
forze a disposizione. Lasciando ben poco spazio per "gli extra".
D'altra parte lo denunciava già il Procuratore aggiunto di Torino Raffaele
Guariniello nel 2005 quando, in occasione di un convegno sui grandi cantieri
tra Torino e Milano organizzato proprio dalla Fillea Cgil, sosteneva che: «Il
problema è sempre l'esiguità degli organici disponibili, ma anche l'insufficiente
formazione degli ispettori. Spesso sono mandati allo sbaraglio senza possedere
la dovuta professionalità».
Walter Bossoni conferma la difficoltà di lavorare in rete con la struttura
ministeriale: «Ad aprile dell'anno scorso abbiamo raccolto la denuncia di
alcuni lavoratori circa irregolarità contrattuali nei cantieri della Tav.
Abbiamo segnalato la cosa alla questura e inviato una lettera ufficiale
all'Ispettorato. Dall'Ispettorato ci hanno risposto che avrebbero effettuato i
controlli a settembre. Sei mesi dopo. Quando la maggior parte dei cantieri
coinvolti erano già stati chiusi per la fine dei lavori».
Bolkestein all'italiana
Sta di fatto che gli stranieri
impiegati nei cantieri della Tav, comunitari o extracomunitari, sono spesso
inermi di fronte all'arroganza di intermediari o imprenditori senza scrupoli.
Le leggi e gli strumenti per ottenere giustizia ci sarebbero, ma spesso mancano
i mezzi per ottenerla. E ora, con il meccanismo del trasferimento di lavoratori
da paesi terzi nei cantieri in Italia, il cerchio si chiude. Perché, giocando
sull'ambiguità della legge, il datore di lavoro senza scrupoli si mette al
riparo da possibili sanzioni. «Una sorta di Bolkestein nostrana (vedi box, nda) - spiega Walter Bossoni - che
risulta quasi impossibile contrastare». E in effetti la Fillea Cgil di Novara
ha tentato di affrontare il problema, proprio segnalando l'anomala situazione
della Casstroni Italia srl, mettendo in dubbio che la manodopera
"distaccata" adempisse effettivamente a "funzioni o compiti
specifici", come scritto nell'articolo 27 del Testo unico
sull'immigrazione, e non a compiti da operai generici. Ma il Tribunale di
Milano ha sconfessato le accuse dei sindacati. Il giudice competente si è
infatti espresso a favore dell'azienda dichiarando insussistente la violazione.
"Tutto è fatto seguendo la norma - dichiara una portavoce della Casstroni
Italia srl all'indomani della sentenza dalle colonne del periodico locale
"Tribuna novarese" - Tra scegliere di aggrapparci, come molti fanno,
al lavoro nero raccattando qualche poveraccio per strada e la via legale,
abbiamo scelto la seconda strada". E il legale dell'azienda edile moldava
conclude: «Appare evidente anche dalla sentenza la regolarità della procedura
seguita dai miei clienti e la conformità alla normativa italiana in tema di
distacco».
Direttiva Bolkestein
Si tratta di una direttiva della
Commissione europea, relativa ai servizi nel mercato interno, che prende il
nome dal Commissario europeo Frits Bolkestein, presentata nel febbraio 2004 e
approvata da Parlamento e Consiglio il 12 dicembre 2006, divenendo formalmente
la direttiva 2006/123/Ce.
Secondo
il parere della Commissione europea, l'integrazione del mercato interno
nell'ambito dei servizi è ben lontana dallo sfruttare in pieno le potenzialità
di crescita economica. La direttiva Bolkestein ha quindi come obiettivo
facilitare la circolazione di servizi all'interno dell'Unione europea, perché i
servizi rappresentano il 70% dell'occupazione in Europa, e la loro
liberalizzazione, a detta di numerosi economisti, aumenterebbe l'occupazione e
il Pil della stessa. Tale principio è stato subito contestato da larga parte
della società europea e ha destato vive preoccupazioni: i suoi oppositori
sostengono che possa causare dumping sociale, ovvero stimolare una corsa al
ribasso per quanto riguarda le tutele sociali, i diritti dei lavoratori e il
livello delle retribuzioni. L'accesa discussione sulla direttiva ha avuto anche
riflessi in altri campi: è stata individuata come una delle cause della
disaffezione dei cittadini europei verso le istituzioni, ed è considerata una
delle ragioni del fallimento del referendum francese, nonché di quello
olandese, sulla Costituzione europea.
Per leggere la
direttiva in oggetto: http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/06/st03/st03667-re01.it06.pdf