GRANDI OPERE IN DIFFICOLTA'
Fallita una società. Interviene il tribunale. La Cosmat: le ferrovie ci devono venti milioni di euro di arretrati
di NICCOLÒ ZANCAN da
La Stampa del 10/4/09 – Cronaca di Torino
(http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200904articoli/10138girata.asp)
TORINO
I treni passano nel deserto. Hanno smontato le impalcature, portato via i
camion, persino i sacchi di cemento. Non ci sono più nemmeno le gru nel
cantiere della nuova stazione di Porta Susa, già celebrata e persino inaugurata
- il 15 dicembre 2008 - ma in realtà mai nata. È tutto fermo. E adesso i tempi
di consegna dell’opera più strategica per la città sembrano destinati ad
allungarsi di molto.
Succede
questo. Da dieci giorni il cantiere è ufficialmente bloccato. Una delle ditte
che aveva vinto l’appalto, la Cosmat Srl di Torino, con sede legale in via
Beaumont, ha consegnato i libri contabili in Tribunale. Fallita. La ditta
capofila del lavoro, la Cogel Infrastrutture di Roma, vanta crediti superiori
ai 20 milioni di euro nei confronti delle Ferrovie. Che, a loro volta, hanno
rescisso il contratto per inadempienza e avrebbero già interpellato la ditta
arrivata seconda nella gara d’appalto. Un modo concreto per tutelarsi e
rimettere in moto i lavori. Ma ora c’è di mezzo il Tribunale. Mentre in corso
Bolzano da due mesi non si muove una pietra, nel silenzio assoluto di tutti gli
attori interessati.
È
l’epilogo peggiore di una storia che si trascina da tempo. Il presidente del
Tribunale Fallimentare, Franco Donato, non vuole dire neanche una parola: «Non
è il momento dei commenti». Sembra piuttosto il momento della desolazione.
Resta un cartello tutto sbrecciato, sulle protezioni azzurre che corrono lungo
i binari: «Cantiere Porta Susa S.c.a.r.l Torino». Seguono i nomi delle imprese
finite nella bufera.
Dieci
giorni fa è stato nominato il curatore che dovrà studiare le carte della Cosmat
Srl. Ma forse, per rendersi conto dei guai economici in cui versava il
cantiere, poteva bastare un colpo d’occhio. Per un lavoro molto imponente, da
consegnare tassativamente entro il 2011, in occasione dei festeggiamenti per i
150 anni dell’Unità d’Italia, la Cosmat schierava in tutto due operai. La
Cogel, invece, quindici. I primi a non ricevere lo stipendio sono stati quelli
dell’impresa torinese, salvati dall’altra ditta, con una specie di travaso. Poi
è successo qualcosa che il Tribunale Fallimentare dovrà chiarire. Davvero le
Ferrovie non hanno erogato in tempo utile i fondi necessari alla vita del
cantiere? Oppure, come sostengono i vertici del compartimento di Torino,
c’erano gravi inadempienze nel modo di lavorare delle imprese impegnate sul
campo?
Pareri
contro, uffici legali, tempi che necessariamente si allungano. In autunno si
parlava di un anno di slittamento per la consegna. Ma adesso, dopo il
fallimento, la rescissione del contratto e l’interessamento del Tribunale, si
tratta di ricominciare quasi da capo.
Cogel
e Cosmat si erano presentate come un’Ati, associazione temporanea di imprese. I
ritardi nei pagamenti, come i problemi concreti nel muovere le gru e far
avanzare i cronoprogrammi, hanno spaventato tutte le ditte che si erano
impegnate in subappalto. Impalcature, cemento, impiantistica. È stato un
fuggifuggi generale. Ora i ritardi per la stazione rischiano di condizionare
altri cantieri connessi. Metropolitana e passante ferroviario. Ci sono operai
in crisi che avevano buoni motivi per sentirsi sicuri del posto di lavoro La
Filca Cisl ha già siglato un accordo per tutti gli edili della nuova Porta
Susa. Da due mesi sono in cassa integrazione.
Aspettano
notizie di un appalto dalla storia tormentata. Nel 2006 il Tar aveva respinto
il ricorso della terza impresa esclusa che lamentava irregolarità. Ora un nuovo
capitolo che si annuncia lungo, ancora tutto da scrivere.
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IL CANTIERE AL PALO
di RAPHAËL ZANOTTI da
La Stampa del 11/4/09 – Cronaca di Torino
(http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200904articoli/10141girata.asp#)
TORINO
In tre anni la nuova Stazione di Porta Susa, quella che doveva essere pronta
per il 2011, è rimasta al palo. Le aziende che avevano vinto l’appalto nel
febbraio del 2006 sono riuscite a compiere solo il 10-12% dell’opera e, ora che
tutto è fermo tranne le carte bollate, il rischio è davvero di avere una Torino
senza porta d’ingresso in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario
dell’Unità d’Italia. La politica sparge ottimismo: «Ce la faremo», le Ferrovie
rassicurano: «Solo sei mesi di ritardo, la stazione ci sarà a luglio-agosto
2011», ma i tecnici storcono il naso: «Impossibile, ci vogliono almeno altri
due anni e mezzo». Una storia che rischia di finire male. Per adesso ci sono
società fallite (come la torinese Cosmat, che partecipava all’Ati che ha vinto
l’appalto) e altre sull’orlo del baratro (come la romana Cogel, capocordata che
ha appena creato una sottosocietà per salvare almeno i cantieri attivi che ha
conservato e buttare il resto). In mezzo storie di ordinario cantiere. La
committente Rfi (Rete ferroviaria italiana) ha rescisso il contratto il 16
gennaio scorso «per gravi inadempienze contrattuali del vincitore
dell’appalto». Dice di aver pagato tutto ciò che c’era da pagare e che anzi ci
sono fornitori che ora si rivolgono a lei per lavori e materiali non pagati.
Dall’altra parte c’è il vincitore dell’appalto, che ha interrotto
il contratto addirittura prima di Natale e ha citato a giudizio Rfi per
illegittima rescissione sostenendo che la colpa sarebbe solo del committente.
«Non esisteva un progetto esecutivo - sostengono dalla capocordata Cogel -
abbiamo dovuto affrontare noi un lavoro ulteriore di progettazione. Non avevano
previsto che i lavori, insistendo sulle gallerie di Pietro Micca (una è stata
sfondata, ma un tratto sconosciuto è anche tornato alla luce), abbisognavano di
progetti diversi, onere che ci siamo accollati noi». Non solo. Rfi - secondo
Cogel - fa riferimento a un suo prezziario che risale al 1992, ma le materie
prime a Torino oggi costano il doppio. Il risultato è che adesso Cogel è fuori
di almeno 5 milioni di euro e rischia di portare i libri in tribunale come
Cosmat. Per quanto riguarda i ritardi, invece, l’azienda romana spiega: «I
lotti ci sono stati consegnati con mesi di ritardo perché i nostri lavori
insistevano sul precedente cantiere del passante ferroviario. Abbiamo
addirittura dovuto costruire un muro di separazione tra i due cantieri del
costo di un milione di euro che costerà altrettanto quando qualcuno, non si sa
ancora chi, dovrà abbatterlo».
Ai ferri corti si era già arrivati un anno fa, quando il vincitore
dell’appalto aveva presentato richieste per nove milioni di euro. Cogel&Co.
stavano per andarsene, ma alla fine un’apertura di Rfi li aveva fatti
desistere. Alla fine le riserve riconosciute ammontavano ad appena un milione e
c’è stato il tracollo. Oggi Cogel rivendica da Rfi circa venti milioni di euro
tra i danni subiti, valore dell’opera fin qui costruita (che comunque va
pagata) e l’eventuale 10% dell’appalto nel caso in cui il tribunale riconosca
l’illegittima rescissione da parte di Rfi. Le Ferrovie non ci stanno. Hanno già
richiesto la riscossione delle fidejussioni (2,4 milioni di euro) che, se
concessa, toglierebbe il poco ossigeno rimasto a Cogel. Si andrà davanti a un
giudice (prima udienza a giugno), ma intanto si cerca un sostituto che possa
insediarsi al più presto nel cantiere e ricominciare i lavori. La ditta
Guerrino Pivato che ha sede nel Trevigiano, seconda classificata alla gara
d’appalto, è già stata contattata.
«Dobbiamo decidere cosa rispondere - fanno sapere - ma prima
vogliamo essere sicuri dello stato dell’opera. Non ci si insedia così in un
cantiere, da un giorno all’altro». La riserva dovrebbe essere sciolta entro
fine mese. La tempistica parla di almeno tre mesi prima che le gru tornino a
muoversi nel cantiere. Intanto si lotta contro il tempo. Per i cittadini il
primo disagio sarà subito evidente: la fermata della metropolitana, la cui
inaugurazione era prevista per quest’anno, sicuramente slitterà a data da
destinarsi. La speranza è che non succeda la stessa cosa anche per la nuova
stazione di Porta Susa.