Al
Brennero matura una nuova Val di Susa
Il traforo ferroviario di 56 km fra Italia e Austria comincia a trovare dei
«no»
di STEFANO ISCHIA - il manifesto 25-gennaio 2006
«Brennero-Val di
Susa, come uscire dal tunnel»: questo il titolo dato al primo convegno
di Bolzano contro le grandi opere ferroviarie, Tav e Tac. Nei giorni scorsi
si sono incontrati in municipio ambientalisti dell'Alto Adige-Südtirol,
Verdi del Tirolo e del Trentino, sindaci di diversi paesi e di diversi partiti
e rappresentanti della valle piemontese a sancire una sorta di prima alleanza
dei popoli alpini contraria a tutto quanto sa di speculazione e di devastazione
ambientale. Qualche giorno prima, tra lo stupore generale, poco sotto Bolzano,
il consiglio comunale di un paesino della Bassa Atesina, Magrè, 1181
abitanti appena, si era messo di traverso chiedendo un referendum. «Ci
sono ancora molti lati oscuri che devono essere chiariti - ha detto il sindaco
Theresia Degasperi Gozzi - e non va bene che si vada avanti senza interpellare
la popolazione».
In val di Susa il movimento civile di protesta è
già strutturato e forte; all'ombra delle Dolomiti, è un embrione
che promette di crescere. In fretta.
Come in Piemonte, anche in Alto Adige-Südtirol un traforo ferroviario di oltre 50 chilometri (56) dovrebbe bucare la montagna. Anche nelle Alpi centrali, come in quelle occidentali, si dovrebbero spendere tra i 15 e i 20 miliardi di euro, comprese le tre tratte di accesso e gli oneri finanziari. Il solo tunnel di base, secondo stime ottimistiche, dovrebbe costare 4,5 miliardi di euro. In entrambi i casi, una linea per un traffico misto, merci-passeggeri. Unica differenza: in val di Susa il progetto del traforo per i treni passeggeri ad alta velocità (Tav) e per i merci ad alta capacità (Tac) è a uno stadio più avanzato. La rivolta popolare e civile ha bloccato l'avvio dei lavori, ha insinuato perplessità e sta smascherando mercanti e speculatori.
Al Brennero la protesta è agli inizi ma, proprio mentre le Ferrovie pianificano e gli imprenditori del Nordest si riuniscono in holding per spartirsi la torta della gigantesca operazione di costruzione e gestione, qualcosa si sta muovendo. «L'autunno caldo della valle di Susa - dice Riccardo Dello Sbarba, consigliere provinciale dei Verdi organizzatore del convegno di Bolzano - ha risvegliato l'attenzione della gente anche lungo l'asse del Brennero. Ci siamo sentiti subito fratelli e sorelle, persone di montagna che vivono vicino alle città, che viaggiano da pendolari ogni giorno e conoscono bene la miseria delle ferrovie: i treni in ritardo, stoppati con i passeggeri a bordo, le pulci e le zecche, le stazioni lasciate al freddo come Bolzano in questi giorni d'inverno, gli eurostar soppressi come i due Bolzano-Roma del nuovo orario».
Il traforo del Brennero
Il traffico sull'autostrada del Brennero A22 è inquinante e rumoroso. In aumento da anni. Il traforo ferroviario, voluto da Italia, Austria e Germania, fa parte del corridoio europeo Berlino-Palermo e dovrebbe, secondo Roma e Vienna, essere la soluzione ideale per rendere più veloce il collegamento tra Bolzano e Innsbruck e far passare molte più merci. Dovrebbe togliere il transito dei camion dall'autostrada per trasferirlo su rotaia.
La logica sembra cristallina ma non è così. «Spostare le merci dall'asfalto ai binari - dicono i Verdi-Grüne - è un nostro comune obiettivo. Il problema è se il modo migliore sia cominciare col bucare le Alpi e se questi tunnel non rischino di restare cattedrali nel deserto, utili solo alle imprese che scavano, con costi esorbitanti per la comunità e conseguente abbandono del resto della rete ferroviaria».
Se il problema infatti è l'inquinamento e l'intasamento dell'A22, basterebbe mettere i camion sui treni già ora. Dati di Cisl, Wwf e Commissione internazionale per la protezione delle Alpi dicono che oggi i cinque maggiori valichi ferroviari alpini sono utilizzati solo al 30% delle loro potenzialità: il Brennero al 33%, il Frejus al 37%, il Sempione al 14%, il Gottardo al 60%, il Tarvisio al 18%.
E l'assurdo è che dal Brennero passano, oggi, dai 120 ai 140 treni al giorno, per un totale di 10,7 milioni di tonnellate di merci l'anno. Ma ne potrebbero passare 244 al giorno e trasportare 40 milioni di tonnellate l'anno già nel 2010. E non lo dice un ambientalista qualsiasi ma le stesse ferrovie italiane, austriache e tedesche nel «Piano d'azione Brennero 2005», che prevede 244 treni al giorno semplicemente potenziando la linea esistente al costo di meno di un miliardo di euro.
Allora che senso ha costruire la supergalleria pronta, forse, nel 2015 (ma solo a condizione che entrino in esercizio sia il tunnel di base, sia le tratte Fortezza-Ponte Gardena e circonvallazione di Bolzano) per 250 treni al giorno? E non è finita: «Qualche settimana fa - avverte Dello Sbarba - la Tiroler Tageszeitung (Austria) ha reso noto lo studio che la società svizzera «Progtrans» ha elaborato per conto di Bbt, dunque per conto di chi la galleria la vuole costruire. Ebbene, la Progtrans calcola che nel 2025 transiteranno dall'Autobrennero 6516 tir/giorno se il tunnel non verrà costruito e 6483 se il tunnel invece sarà costruito. Differenza: 33 tir al giorno. Venti miliardi per 33 tir?».
Gestione, tempi, opere
«Bbt se» sta per «Società europea Brenner basistunnel». E' formata da Rfi, Rete ferroviaria italiana, per il 50% e da Tirolo e Austria per il 25% ciascuno. E' la società cui fa capo la realizzazione del supertunnel. La progettazione definitiva del traforo ferroviario dovrebbe essere pronta per i primi mesi di quest'anno. Intanto nell'autunno 2005 la Commissione intergovernativa Italia-Austria ha dato il suo consenso al finanziamento dello scavo esplorativo, 430 milioni di euro. E' un cunicolo pilota (diametro di 5 metri e lungo 56 chilometri) per sondare il terreno. I lavori dovrebbero iniziare alla fine del 2006. «Il via libera della Commissione - ha detto l'amministratore di Bbt, Gianluigi De Carlo - è importantissimo. Significa che i governi credono in questo progetto strategico destinato a rivoluzionare i trasporti tra nord e sud Europa. Per il cunicolo i finanziamenti proverranno per il 50% dall'Unione europea e per il resto dai governi».
Costi e business
Il solo traforo ferroviario, secondo De Carlo, costerà 4,5 miliardi di euro «con un'approssimazione del 15%». I finanziamenti dovrebbero arrivare per un 20% dall'Unione europea, a fondo perduto. Garanzie in questo senso sono venute sia dal commissario europeo ai Trasporti, Jacques Barrot, sia dal coordinatore europeo del corridoio Berlino-Palermo, Karel Van Miert. Italia e Austria ci dovrebbero mettere un ulteriore 20% a testa mentre il restante 40% andrà addebitato ai soci di Bbt. In primo luogo alle province di Bolzano, Trento e Verona che stanno creando con Rete ferroviaria italiana (Rfi) una holding per entrare in Bbt. A fine dicembre Alto Adige e Trentino hanno accantonato 6 milioni di euro per l'ingresso nella nuova società con una quota del 6% ciascuno. L'entrata di Verona è attesa nel 2007.
Che si tratti più di un affare che di una soluzione per il traffico si deduce anche da un altro fattore: gli imprenditori vogliono entrare nella grande partita, tanto che nei mesi scorsi si sono ritrovati per dare vita a una società madre dal nome soave Rosengarten, Giardino di rose. Una holding creata da tre finanziarie, Euregio finance (Ef), Finanziaria Trentina (Ft) e Compagnia di investimenti sviluppo (Cis), incardinate rispettivamente a Bolzano, Trento e Verona, e che raccolgono il gotha dell'imprenditoria interregionale (200 società). Sono alla porta e aspettano la spartizione degli appalti e/o di finanziare o la società o il consorzio d'imprese, il contraente generale, cui si affiderà la realizzazione della galleria. Una procedura sgradita agli ambientalisti che la giudicano poco trasparente.
Sviluppo fa rima con regresso
Chi costruirà e gestirà il tunnel, dicono i Verdi-Grünen, vorrà non solo recuperare gli investimenti ma anche guadagnarci. E lo farà tassando il passaggio. Più movimento c'è, più si trae profitto. In altre parole il traforo dovrà attirare clienti. «Comunque sia - aggiunge Dello Sbarba - l'obiettivo proclamato non è di ridurre i trasporti, ma anzi di attrarne sempre di più. Questa visione è comune sia al centrodestra che a una parte importante del centrosinistra. C'è una mentalità da gabellieri, dietro questo ragionamento: l'idea di arricchirsi facendo pagare pedaggio a chi passa sulla nostra strada, un'idea medievale applicata al 21mo secolo».
«Quel che manca - prosegue il consigliere dei Verdi - è una politica coerente dei trasporti a favore della ferrovia. Se negli Usa le merci viaggiano a 60 km/h e in Italia a 18, è perché i treni merci stanno fermi per giorni nelle stazioni. I colli di bottiglia sono intorno alle città, nelle interconnessioni tra linee, nell'inefficienza della gestione. Tutti conoscono lo scandalo, che perdura nonostante gli eterni lavori, del binario unico tra Verona e Bologna».
Dietro la grande opera c'è
un modello economico e sociale chiaro: trasportare sempre più merci sempre
più velocemente a prezzi sempre più stracciati; ignorando natura,
salute, autodeterminazione delle genti e diritti.